San Francesco di Assisi

fratello Sole e Sorella Luna

Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. (Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi)

 

SINDONE

 

La figura di Goffredo de Charny, signore di Lirey, in Champagne, sembra uscire direttamente da un racconto cavalleresco. È tra le mani di questo eroico cavaliere che la Sacra Sindone fa ufficialmente la sua apparizione in Francia. Dopo una vita di avventure improntate ai più alti ideali della cavalleria medievale (ed intorno alle quali il nostro scriverà un libro di buon successo, sorta di manuale del perfetto Chevalier), nel 1355 viene incaricato dal re di portare il suo stendardo di battaglia.
È un grande riconoscimento, e il cavaliere non lo disonora: l'anno successivo muore eroicamente nella battaglia di Poitiers, nella strenua difesa dell'Orifiamma, la lingua di tessuto rosso fiammante simbolo del potere supremo e dell'onore di Francia. Come sia giunta, la Sacra Sindone, all'eroico vessillifero di Francia, rimane un mistero. Vediamo le ipotesi che sono state fatte in proposito. La Sacra Sindone potrebbe essere stato un bene di famiglia pervenuto a Goffredo tramite matrimonio o amicizia. Stretti legami collegano Goffredo ai discendenti di Otto de la Roche, feudatario francese e primo duca di Atene, ai tempi in cui proprio ad Atene della Sacra Sindone abbiamo avuto l’ultima segnalazione. La Sacra Sindone avrebbe potuto fare parte dei tesori di famiglia; Goffredo di Charny sposò una diretta discendente di Otto, che avrebbe potuto portargli la reliquia in dote,e fu grande amico di Gautier IV de Brienne, conestabile di Francia e fedele compagno d’armi, anche lui caduto a Poitiers. Se anche non fosse stata materialmente in loro possesso, Gautier IV de Brienne o la stessa consorte potrebbero aver rivelato all'indomito cavaliere il nascondiglio della Sacra Sindone in Oriente: questo spiegherebbe il rapido viaggio di Goffredo oltremare, fino a Smirne nel 1345, ufficialmente compiuto al seguito del Delfino. Ecco il possibile anello mancante della catena che, da Atene, porta il sudario direttamente nelle mani di un cavaliere francese del Trecento. La "pista templare" sostiene che la Sacra Sindone fosse stata affidata a Goffredo durante un periodo di prigionia in Inghilterra, nel castello di Goodrich. Qui essa sarebbe stata portata da quei Cavalieri Templari che scamparono ai roghi e alle carceri di Francia. In contrasto con i fitti misteri dei secoli precedenti, la storia "europea" del Sacro Tessuto, dopo la riapparizione in mano ai de Charny, è sufficientemente documentata: nel 1453 la reliquia viene ceduta da Margherita, ultima erede degli Charny, al duca Ludovico di Savoia. Le travagliate vicende del ducato dei Savoia porteranno in seguito la Sacra Sindone, a più riprese, da Chambéry, in Piemonte, in altre città della Francia e dell'Alta Italia, fino alla traslazione definitiva nella città di Torino nel 1578. La Sacra Sindone, di proprietà di Casa Savoia per oltre mezzo secolo, è stata assegnata, in un lascito testamentario del capo della Casata ed ultimo Re d'Italia S.A.R. Umberto II di Savoia, al Sommo Pontefice. Il re in esilio è morto a Ginevra nel 1983, anno dal quale la Sacra Sindone è divenuta, dunque, di proprietà pontificia.

 

IN FEDE

 

ANTICA SEDE

 

Nel  1102, il Re di Gerusalemme Baldovino II, concesse hai cavalieri di Cristo la custodia del Tempio di Salomone e la residenza nel  monastero fortificato di Nostra Signora di Sion situato a finaco al Tempio, con il passare degli anni il numero dei cavalieri aumentò, cosicchè dovettero trasferirsi a pochi metri, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsaa. A questo punto il loro nome fu cambiato in "Ordine dei Cavalieri di Cristo a Cavalieri del Tempio di Gerusalemme". 

 

 

GOFFREDO DI BUGLIONE

BALDOVINO I

 

templari in Terrasanta

 

 

  


 

 

 

Il Krak dei cavalieri , così chiamato, imponente ancor oggi nonostante i millenni, sorge su un colle di 750 metri , conquistato nel 1109 da Tancredi di Antiochia; fu ceduto in seguito all’ordini cavallereschi. È un castello quasi senza fine, robusto; solo lo spessore della prima cerchia di mura è di 24 metri, la seconda cerchia domina la prima ed infine vi è un robusto mastio che controlla tutte e due; in pratica compongono il krak tre castelli costruiti uno sull’altro ed indipendenti tra loro. Il Krak era considerato il castello più grande tra le tante fortezze -forse il più bello del mondo-, nella valle della Becaa. Il suo nome in arabo significa dunque fortezza, “Karak”, cardine della difesa del porto di Tripoli e della valle d Becaa, inserito come un anello in una collana tra le cui maglie splendevano i castelli della Santa Milizia Templare.
 La fortezza KARAK come la chiamavano gli arabi-. KARAK è un palindromo, cioè una parola che si legge uguale sia da Occidente, sinistra a destra, che da Oriente, destra a sinistra. In sumero significa ‘anima (KA) Sole (sia RA che AR)’. KAR è la ‘forza dell’anima’ [Il nome Carlo ß KAR LU ‘soggetto forza’ comprova].

 

templari lungo la via Francigena

 
La presenza dei Templari in Italia riguardava tanto le regioni settentrionali (ad esempio lungo la via Francigena, una delle arterie principali lungo le quali i pellegrini dalla Francia giungevano a Roma), quanto nelle regioni meridionali e, tra queste, un sicuro ruolo di preminenza fu svolto dalla Puglia per la posizione strategica occupata da questa regione da sempre crocevia tra Occidente ed Oriente. La causa dell'espansione dei Templari in Italia è da ricondurre a due motivazioni principali: la viabilità terrestre e la possibilità di adoperare i porti, in modo speciale quelli della costa pugliese (Manfredonia, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Brindisi), per l'imbarco verso la Terra Santa dei pellegrini e dei Crociati ed il loro rientro, nonché per la spedizione di vettovagliamento e derrate alimentari alle guarnigioni templari in Outremer. L'espansione dell'Ordine (tra la seconda metà del XII secolo sino alla fine del XIII secolo) avveniva secondo una logica ben precisa tendente a privilegiare in primo luogo le località costiere per poi procedere verso l'entroterra. Secondo una stima approssimata per difetto, in Italia erano presenti almeno 150 insediamenti appartenenti all'Ordine del Tempio, di questi meno di un terzo si trovavano nella parte meridionale della penisola.
La maggiore concentrazione di domus templari, molto probabilmente, era nella terra di Puglia ove, tra l'altro, avevano diverse sedi. Gli insediamenti dei Templari erano chiamati in Italia "precettorie" o "mansioni" a seconda della loro importanza, mentre in Francia prendevano il nome di "Commanderies". Anche in Puglia l'espansione sul territorio delle case templari seguì la dinamica sopra esposta: dagli avamposti sul mar Adriatico i Templari cominciarono a penetrare all'interno del territorio pugliese e, in particolare, nelle fertili pianure della Capitanata nell'entroterra garganico e della Murgia in Terra di Bari.I Cavalieri Templari sovente alloggiavano in chiese minori, oratori, cappelle dipendenti da episcopi o cattedrali o in monasteri cui spesso erano annessi ospizi per l'accoglienza dei pellegrini. Grazie all'intervento dei pontefici il Tempio riusciva ad ottenere in concessione perpetua o temporanea immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici dietro pagamento di un censo annuo. A volte erano gli stessi Templari a costruire delle chiese, anche se in Italia tale attività sembra essere alquanto ridotta. Ma è soprattutto alle donazioni e ai lasciti dei benefattori che il patrimonio templare vide una rapida crescita sia nelle città che nelle campagne. Le domus templari italiane raramente erano isolate e sovente facevano parte di ecclesiae, con le quali finivano per confondersi. Le domus erano anche costituite nell'ambito delle mansiones, composte nella forma più elementare da un ricovero per i viaggiatori ed una stalla per i cavalli. Le domus-mansiones erano collocate nei centri di transito o confluenza delle principali correnti di traffici e pellegrinaggi che percorrevano l'Italia. La funzione assistenziale era altresì svolta con le domus con annessi degli hospitales.

 

Templari in Puglia

Castel del Monte

All'interno del cortile c'era una vasca ottagonale monolitica che serviva per contenere l'acqua; sotto il cortile vi era una cisterna grandissima. Su cinque delle otto torri c'erano cinque cisterne pensili collocate proprio su quelle torri dove c’erano i servizi igienici. Le cisterne raccoglievano l’acqua e quando erano troppo piene c’era un troppo pieno che scaricava fuori. Il terrazzo del castello è fatto a dorso d’asino: l’acqua che scorreva verso l’esterno riempiva queste cisterne, l’acqua che scorreva verso l’interno riempiva la cisterna situata sotto. Ciò dimostrerebbe che Castel del Monte non è un castello di difesa ma un edificio costruito come un Tempio.Fedeico II, Ordina la costruzione del castello nel gennaio del 1240 e muore nel 1250: c'erano dieci anni di tempo per terminare la costruzione del castello. Alla costruzione del castello hanno lavorato maestranze altamente qualificate come dimostrato dalla costruzione architettonica che è un gioiello di matematica. Le pareti del piano superiore erano tutte rivestite di marmi preziosi che sono stati rubati assieme a sculture e bassorilievi. In quel momento storico particolare in Puglia vi era una presenza molto massiccia dei Cavalieri Templari, i monaci guerrieri i quali erano padroni di tutta la Puglia come dimostrano le numerose testimonianze dal Foggiano al Leccese. La Puglia era una delle dieci province dei Cavalieri Templari disseminate dal centro Europa fino al medio Oriente e in più la Puglia a quel tempo era la cerniera tra oriente e occidente.

 

RE RUGGERO II

Jolly Roger". La tradizione vuole che questo vessillo venisse utilizzato anche a bordo delle navi dei "Poveri Soldati di Cristo e del Tempio di Salomone", come i Templari erano conosciuti originariamente. I Templari combattevano le loro battaglie anche in mare, abbordando ed affondando le navi nemiche: di qui l'analogia coi Pirati e l'adozione della bandiera col teschio e le ossa, la bandiera usata da  re Ruggero II di Sicilia (1095-1154). Ruggero era un famoso Templare e di una flotta di seguaci dell'Ordine si separò in quattro unità indipendenti, quindi era una eredità, e le sue ossa incrociate rappresentavano un chiaro riferimento al logo templare della croce rossa con le estremità ingrossate.sempre legata ai Cavalieri Templari. La notte del 13 Ottobre 1307, prima dell'arresto di massa, in gran segreto, 18 galee templari navigarono lungo la Senna e presero il mare, dirette a La Rochelle, dov'era pronta una flotta templare. I Templari, segretamente avvertiti del tranello teso nei loro confronti dal Re Filippo il bello di Francia, avevano portato in salvo il loro Tesoro e le reliquie più preziose. Le loro vele erano state annerite con del catrame per non essere visti nella notte. Durante il viaggio in mare, i Templari superstiti si riunirono in consiglio per decidere sotto quale segno avrebbero navigato, non potendo più utilizzare la classica croce rossa in quanto ormai bandita. Al termine, fu decisa l'adozione dell'antico simbolo di pericolo, il teschio con le tibie incrociate, con il fondo mutato in nero in riferimento al colore delle vele.

 

 

Portogallo tomar

ORDINE SUPREMO del CRISTO

 E’ il più prestigioso fra gli Ordini Equestri Pontifici, riservato solo ai Sovrani ed ai Capi di Stato, di fede cattolica, che si siano resi particolarmente benemeriti verso la Santa Sede. L’ Ordine venne creato da Dionigi I re del Portogallo ( 1279 - 1325) e dedicato a Cristo, riunendo in tale Ordine tutti i cavalieri del Tempio ( templari ) . Alla nuova istituzione rimase la stessa regola dei Templari, quella Cistercense, come parimenti identici restarono il mantello e la croce patente di rosso, con la sola aggiunta di una piccola croce latina di bianco, caricata sulla prima, in cuore. L’Ordine ebbe l’approvazione del Sommo Pontefice Giovanni XXII il 14 marzo 1319, riservando lo stesso Papa anche alla Santa Sede, oltre che ai Sovrani portoghesi, la facoltà di conferire tale ambitissima distinzione cavalleresca. L’Ordine, con la destinazione di tutti i beni dei cavalieri del Tempio presenti in Portogallo e con lo scopo di difendere il Regno d’Algarve contro gl’infedeli scrisse, nella penisola iberica stupende pagine di eroismo e di gloria, nella dura e sanguinosa lotta contro i Mori. La sede originaria dell’istituzione cavalleresca era situata a Castro Marino, nell’Algarvia ed in seguito venne invece spostata a Tomar, nel vecchio convento dei templari, ribattezzato Monastero del Cristo, per meglio respingere gli assalti dei Mori. Il Sommo Pontefice Eugenio IV ( 1431 - 1455 )

 
Creato da: knighttemplar il 18/05/2008
RICERCHE STORICHE

 

 
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S. Francesco e i Templari alla Crociata

Post n°24 pubblicato il 23 Agosto 2008 da knighttemplar

Le vicende del frate di Assisi in Terrasanta, i suoi incontri con i Templari e il tentativo di convertire il Sultano Il caldo era così asfissiante, su quella vecchia carretta sgangherata, che Francesco non sapeva se denudarsi, per respirare un po’, o coprirsi il capo con il ruvido cappuccio e la sua tonaca, per ripararsi dal sole bruciante. Illuminato, il frate che lo accompagnava, era riuscito a sdraiarsi sotto una panca tra merci di ogni genere, scudi, lance, viveri e le gambe di alcuni crociati, stipati all’inverosimile, su quei dieci carri in viaggio da giorni tra S. Giovanni di Acri, roccaforte cristiana sulla costa della Palestina e Damietta, dove l’esercito crociato cingeva d’assedio il sultano d’Egitto El-Kamil, da ormai due anni. La carovana era guidata e difesa da dieci cavalieri Templari, abituati alla fatica e a quel calore tremendo, cui si accompagnavano una ventina di cammelli, carichi di viveri e masserizie.Sembrava impossibile che i cavalieri potessero resistere al calore, con le loro cotte di ferro e i bianchi mantelli, con la grande croce palmata di colore rosso. Quei giovani monaci guerrieri, che un tempo Francesco aveva tanto ammirato – per il loro giuramento al Cristo e perché anch’essi avevano fatto voto di povertà, di castità e di obbedienza – precedevano e seguivano i dieci carri, facendo loro da scorta.In gran parte erano francesi, provenienti da nobili famiglie, che invece di recarsi in Terrasanta per conquistare terre e ricchezze – come avevano fatto molti crociati, dopo il giuramento di riportare il Santo Sepolcro alla Cristianità – si erano scelti il compito di difendere i pellegrini, sulle pericolose strade di ‘Outremèr’, l’area che oggi noi chiamiamo ‘Medio Oriente’.Per oltre due secoli quelle terre videro gli scontri fra crociati e musulmani, che causarono centinaia di migliaia di morti, la conquista e la perdita di Gerusalemme e della Galilea, con i luoghi sacri.Durante le soste nel deserto Francesco, che conosceva un po’ di francese, perché in Francia era nata sua madre, aveva fraternizzato con uno dei cavalieri, Gerard de Rocamadour ed un suo compagno, Charles de Touteville.Aveva raccontato loro di come anch’egli, infiammato dai bandi lanciati dal Papa, si fosse armato da cavaliere molti anni prima, nel 1204, per recarsi ad Ancona ed al seguito di un principe di Francia, imbarcarsi per raggiungere i crociati partiti alla conquista di Gerusalemme.Ma giunto a Spoleto, Francesco era stato fermato da una terribile febbre e Gesù, apparsogli in sogno, gli aveva ordinato di lasciare la crociata, perché altri compiti lo attendevano ad Assisi.Gerard era un giovanottone biondo, fortissimo, sempre pronto allo scherzo. Charles era più riservato.Non erano loro a capo del drappello templare, ma Gerard amava portare il "baussant", la bandiera di combattimento dell’Ordine, bianca e nera, il vessillo più temuto dai saraceni, che erano letteralmente terrorizzati alla vista dei cavalieri rossocrociati del Tempio, di cui conoscevano la straordinaria abilità guerresca, che aveva spesso provocato stragi fra le loro file.Lo stesso Gerard si vantava di aver ucciso con la sua spada più di cento musulmani in una sola battaglia, provocando orrore in Francesco, che provava una naturale simpatia per quel monaco così diverso da lui. Benché fosse un infaticabile assassino, era sempre sereno, pronto all’aiuto, non provava alcun rimorso per ciò che faceva e salutava tutti con un motto dei Templari "Come leoni al macello, Dio Santo, fedele d’amore".Una notte, davanti al fuoco, nel deserto, mentre Gerard compiva il suo turno di guardia e tutti dormivano, Francesco si era avvicinato al Templare, assorto in preghiera. "Fratello", gli aveva detto, "come non puoi sentire sulla tua coscienza il peso per tutte queste morti. È vero che combatti per una causa giusta, che sei al servizio del Cristo e del Papa, ma hai tolto la vita a centinaia di uomini, a tanti giovani come te".Gerard guardò quel piccolo frate emaciato, stravolto dalla fatica, smagrito, che lo voleva benedire e che era disperato per la salvezza della sua anima.Sentì l’energia divina che emanavano i suoi occhi ed in uno slancio di commozione lo abbracciò teneramente."François", gli disse in francese, con un sussurro, "ti rivelerò un segreto del nostro Ordine, solo per te. Prima di andare in battaglia, noi Templari ci inginocchiamo e preghiamo".A Francesco splendevano gli occhi, alla luce della luna, mentre il gigantesco Templare si inchinò davanti a lui, ginocchio destro a terra, mani appoggiate sull’elsa della spada, piantata a terra, come fosse una croce davanti a lui, su cui posava la fronte.Lo scudo era stato posto sul capo, come uno schermo protettivo. Gerard dopo poco sembrava in estasi. Con voce profonda cominciò a pregare:"Santo Michele, Arcangelo di Dio, tu che con la tua spada hai sconfitto ogni nemico, ora fortifica, proteggi e benedici la mia spada, rendila sacra, mettila al servizio del Signore Gesù Cristo, perché ogni nemico che dovesse incontrare, tolga la vita al suo corpo e dia la salvezza, la vita eterna alla sua anima. Amen". Poi guardando Francesco disse: "Quando toccherà a me, io spero che anche quel cavaliere abbia benedetto la sua spada. Fino ad oggi Dio ha voluto che io vivessi, nonostante le tante battaglie, per combattere i nemici della Cristianità. Qualcuno la chiama "chance", fortuna. Io la chiamo la volontà di Dio. E vivo con questa fede. Fino a che Lui vorrà".Francesco cominciava a capire la forza d’animo, la tranquillità di Gerard. Giunse le mani e sorrise. "Anche noi siamo cavalieri", gli disse. "Tutti i miei frati per me sono ‘cavalieri della tavola rotonda’, così amo chiamarli. Ed anche noi abbiamo la spada". Gerard lo guardava incredulo."Il cordone che pende dalla nostra cinta, quello è la nostra spada. Una spada d’amore, che vogliamo far conoscere in ogni luogo, anche qui, dove voi combattete e da anni vi uccidete con i musulmani"."Anche noi vogliamo la pace, ma prima ci devono lasciare tornare a Gerusalemme", disse Gerard, guardando Francesco negli occhi. "Per questo combattiamo"."Deve esserci un modo per evitare le morti di tanti giovani. Un’alternativa a questo modo così cruento di conquistare i luoghi dove si celebrano la nascita e la morte di Gesù. Ne parlerò con i capi cristiani e andrò anche dal Sultano, per convincerlo".Francesco era quasi sorpreso di questo suo ardire e Gerard scoppiò in una fragorosa risata. "Tu da El-Kamil?", disse, "ti taglierebbero la testa ancora prima di entrare a Damietta. Non farneticare François, vai a dormire ora".Francesco giunse le mani e sorrise a Gerard, che riprese con attenzione il suo servizio di guardia.A quell’incontro notturno Francesco stava ripensando, mentre l’insopportabile calura e gli scossoni del carro lo tormentavano. frate Illuminato sembrava dormire nel suo angolino quando tutto il gruppo fu scosso da un’improvvisa animazione.Brevi ordini avevano fatto rallentare e poi riunire i carri, uno vicino all’altro e i dieci Templari si erano posti sul fianco, quasi in posizione di combattimento, il gonfalone del "Baussant" teso in avanti. Illuminato, spaventatissimo, era già abbracciato a Francesco, mentre una ventina di saraceni erano apparsi a poche centinaia di metri di distanza, seminascosti dalle dune del deserto. Fu un attimo, poi il capo drappello pronunciò cinque nomi, compresi quelli di Gerard e di Charles."Non nobis, Domine, sed nomini tuo da gloriam" fu il loro grido, mentre partivano al galoppo verso i saraceni che, sorpresi, fuggirono di corsa con i loro cavalli dietro la duna.Dopo qualche minuto un altro cavaliere lasciò la carovana e salì sulla duna, facendosi incontro ai suoi di ritorno. Lo scontro era stato breve, ma uno di loro era riverso sul cavallo, il collo trapassato da una freccia, nell’unico punto che l’elmo non poteva difendere.Francesco capì subito che si trattava di Charles, il compagno di Gerard, riverso lungo il fianco del cavallo.Quando lo tirarono giù e lo adagiarono su un carro, Francesco si avvicinò per benedirlo. Charles aveva gli occhi ormai vitrei, ma riconobbe Francesco in quell’ombra di cappuccio scuro che si chinava su di lui."Pas de chance, non ha avuto fortuna", mormorò lì vicino Gerard. Poi abbozzò un sorriso e disse "È Dio, che ha bisogno di lui. Il l’appelle chez soi. Lo chiama vicino a lui. Quel honneur! È un grande onore".Charles spirò nella notte. Francesco, con Illuminato, non aveva smesso per un attimo di pregare per la sua anima, mentre Gerard si univa spesso a loro nell’implorazione al Signore.Dove Francesco ha un miraggio, anzi due la carovana aveva ripreso il viaggio verso l’Egitto, dove i crociati assediavano Damietta, continuamente in bilico fra la volontà di continuare la guerra, che costava ad ogni assalto centinaia di morti, da una parte e dall’altra, e il desiderio di tregua e di un accordo che El-Kamil – pur di salvare la ricchissima città, vicina all’odierna Alessandria – sembrava disposto a concedere ai crociati, lasciando loro Gerusalemme e i luoghi Santi.Correva l’anno 1219 e Francesco era partito per la Terrasanta seguendo il suo desiderio di recarsi nei luoghi che videro la nascita ed il sacrificio di Cristo, nell’antica Palestina.Circa sei anni erano trascorsi dalla notte in cui Giovanni Velita l’aveva salvato dalla tormenta. Ormai Francesco, e non solo in Umbria, era considerato un Santo, lo chiamavano il pazzo di Assisi, il giullare di Dio, per questa sua volontà di vivere nella povertà assoluta, senza possedere nulla, sempre lieto, al servizio del Signore.Molti in quegli anni gli si erano rivoltati contro, rendendogli la vita sempre più difficile. I ricchi lo schernivano, i poveri lo umiliavano perché aveva lasciato le sue ricchezze ed ora "voleva mendicare un tozzo di pane" rubandolo a loro. Molti alti prelati, che vivevano nel lusso e nell’arroganza, temevano che il suo esempio, posto a confronto del loro modo di vivere, potesse creare contrasti sgraditi e per questo lo combattevano.Fortunatamente il suo movimento si era esteso a macchia d’olio; lo stesso Papa lo aveva benedetto, sorprendendo la sua Curia. Dopo aver sentito parlare Francesco del suo voler imitare Cristo, Innocenzo III era sceso dal trono e aveva abbracciato il frate, no-nostante fosse sporco e vestito di stracci. Era stato il primo riconoscimento alla vita che Francesco aveva scelto di affrontare e che migliaia di giovani volevano seguire.Abbandonare i beni terreni, vivere in assoluta povertà, castità e in piena obbedienza alla Chiesa. Questo era necessario accettare per essere accolti da Francesco che poi li inviava, due a due, per le strade del mondo a predicare il Vangelo, vivendo di elemosina e del lavoro che veniva loro offerto. Senza casa, in un eterno pellegrinaggio, al servizio di Gesù Cristo.Anche le donne erano entrate a far parte del suo movimento dei "fratres minores", che noi conosciamo come i Frati Minori. Francesco aveva accolto prima Chiara, una nobile di Assisi, conosciuta in gioventù, che decise di intraprendere la sua strada e poi tante altre giovani, le "povere dame", che poi verranno chiamate le "Clarisse", raccolte in clausura a S. Damiano, un convento vicino ad Assisi.Dopo anni di lotte per far capire ai fratelli i loro compiti, vivendo una vita di sacrificio e in eterno movimento, Francesco si sentiva sopraffatto dalle innumerevoli discussioni con i suoi compagni, sul modo di organizzare l’Ordine, che era cresciuto a dismisura e non poteva più essere condotto con le regole del primo gruppo di dodici frati alla Porziuncola, la culla dell’Ordine. Francesco, pur essendo capace con il suo carisma di farsi seguire in capo al mondo, decise improvvisamente di lasciare la guida del movimento ai suoi confratelli, per "liberarsi" dai problemi organizzativi, per cui non provava più alcun interesse e dedicarsi invece, con rinnovato vigore, alla predicazione del Vangelo per la salvezza delle anime e ai pellegrinaggi.Egli considerava l’evangelizzazione della gente, anche in terre lontane, come una sua missione primaria e dopo aver inviato i suoi fratelli in Spagna, in Marocco, dove cinque erano stati martirizzati, lui stesso volle partire per la Terrasanta, per il pellegrinaggio che a quel tempo era considerato l’atto più importante per ogni cristiano.Il sogno di recarsi a Betlemme, il luogo dove nostro Signore era venuto a portare la luce in questo mondo, non lo abbandonava un momento anche questa era la ragione che lo aveva spinto oltremare, in uno dei periodi peggiori per le Crociate, con i luoghi santi saldamente in mano ai musulmani e i cavalieri crociati impantanati da due anni nell’assedio di Damietta, in Egitto, assai lontano da Betlemme e da Gerusalemme.Tanto grande era l’amore di Francesco per Gesù, il suo Signore, che lo immaginava spesso al suo fianco, lo sentiva parlare ed era capace di trascorrere notti intere in questo mistico colloquio.La carovana stava percorrendo quel giorno un deserto pianeggiante, che si estendeva a vista d’occhio. E Francesco, poco abituato agli effetti del calore sulla sabbia rovente, ebbe l’impressione di vedere un grande lago alla sinistra della strada. Si meravigliò che nessuno ci facesse caso, finchè Gerard gli urlò "François, stai calmo. C’est un mirage. È un miraggio".Ma a Francesco il lago sembrava vero. Tanto che improvvisamente ebbe la visione del Cristo che si avvicinava, camminando sull’acqua. Gesù gli sorrise e gli fece un cenno. "Francesco, lascia tutto e seguimi", disse a voce alta, per coprire i cigolii dei carri.Francesco era così emozionato che saltò giù dal carro e si diresse verso la visione, con le braccia aperte "Vengo, vengo Signore… aspettami".Ma il miraggio era sparito e Francesco si sentì sollevare per la vita e riportare sul carro. Gerard lo aveva afferrato e gli sorrideva in modo interrogativo. "C’est un mirage", ripeté, mentre Francesco si sentiva in estasi.Non ci furono altri incontri con i saraceni, ma il viaggio verso Damietta continuò ancora per alcuni giorni. Furono a più riprese preceduti da folti gruppi di cavalieri in assetto di guerra, crociati, Ospitalieri, Templari, molti di loro assai giovani e poco allenati al combattimento. Erano le nuove milizie arruolate in Europa e da poco giunte a S. Giovanni d’Acri.Francesco vide aleggiare una nera ombra di morte su di loro e mentre la carovana procedeva lentamente con il suo carico, ebbe nuovamente un miraggio. Questa volta Gesù sembrava camminare sulle rive del Giordano, il sacro fiume dove il Battista lo aveva battezzato."A breve", disse il Signore, "l’esercito crociato sferrerà un violento attacco alla città. I rinforzi che tu hai visto passare servono a rinfoltire le fila dei crociati, decimati dagli scontri e dalle malattie. Sarà un massacro, con migliaia di morti, ma la battaglia non volgerà a loro favore". Il miraggio scomparve e subito Francesco chiese a Gerard di poter rivelare la sua premonizione al loro comandante."C’est trop tard, è troppo tardi", disse il capo dei Templari, squadrandolo con sospetto. Il Re d’Ungheria e Leopoldo d’Austria, sobillati da Pelagio, il legato Pontificio, ormai avevano deciso. L’assalto non si poteva fermare. "Non puoi far nulla per impedirlo".Francesco si rinchiuse nella sua tonaca, affondò il viso nel cappuccio, come soleva fare quando cercava di isolarsi dal mondo e cominciò a piangere, mentre le grida della battaglia, il rumore delle armi e i nitriti dei cavalli gli tormentavano le orecchie e sentiva fisicamente il sangue di migliaia di morti che gli colava sul capo e sugli occhi. Quando Francesco si reca dal Sultano per salvargli l’anima Frate Illuminato era preoccupato e tremante, mentre con Francesco, dopo aver lasciato alle spalle l’accampamento crociato, si e era messo in cammino verso le mura di Damietta, per incontrare il Sultano El-Kamil.Era trascorso circa un mese dalla cruenta sconfitta che i crociati avevano subito, come Francesco aveva intuito nella sua visione.Né l’appoggio di Gerard, né la straordinaria insistenza di Francesco con ogni comandante crociato, erano valsi a scongiurare la battaglia, Ed ora, durante la tregua, Francesco aveva deciso che non riuscendo a convincere i crociati a fare la pace, avrebbe provato a parlare al Sultano in persona.Nel campo crociato tutti avevano cercato di dissuaderlo dal suo proposito. "Appena ti vedranno, ti taglieranno la testa!". Così lo avevano scongiurato di non partire. Ma Francesco era stato irremovibile, anche se sentiva dentro di sé che quella nuova avventura, per lui e il suo compagno, sarebbe con ogni probabilità finita con il martirio.I due frati, provati dalle fatiche dei viaggi e dal caldo insopportabile, dalla dissenteria e da ogni tipo di malattia, si trascinavano intrepidi per quel lungo tratto di "terra di nessuno", ancora disseminata da tutto ciò che ricordava la battaglia: pezzi di corazza, lance spezzate, carogne di cavalli. Unica compagna la loro fede."Sei sicuro di volermi seguire fratello Illuminato?", chiese Francesco, vedendo il tremore del compagno, sudato all’inverosimile."Sempre", rispose Illuminato con un filo di voce "e spero di seguirti anche in Paradiso".Francesco lo carezzò e disse: "Forse non è ancora la nostra ora, ma se così fosse ti assicuro che sarà Gesù stesso ad accoglierci!".Non aveva finito di pronunciare la frase che quattro cavalieri saraceni al galoppo, i temibili giannizzeri, erano apparsi al loro fianco, li avevano circondati e dopo averli gettati a terra e picchiati, cominciarono ad interrogarli."Soldan, soldan", urlava Francesco. "Sono cristiano. Voglio parlare con il Sultano". E alzava le braccia al cielo, per far capire che venivano in nome di Dio. Uno dei saraceni aveva già estratto la scimitarra, ma il capo giannizzero lo fermò. Era incuriosito dallo strano modo di vestire dei due frati, così diverso da cavalieri o sacerdoti cristiani.Nell’Islam, i saggi, i "sufi" ("suf" vuol dire cappuccio) portavano abitualmente un rosso abito con un cappuccio. E quei due infedeli erano abbigliati di stracci, ma anch’essi avevano un cappuccio.Ciò fu sufficiente per far smettere ai saraceni di insultarli e picchiarli. Vennero legati e mentre Francesco ringraziava Dio, continuava ad urlare "Soldan, Sultano". Dopo qualche tempo furono condotti al cospetto di El-Kamil, il Sultano d’Egitto, che ammirato di tanto coraggio, li trattò bene e li ospitò presso di sé alcuni giorni, ascoltando ciò che avevano da dire.Francesco all’inizio predicò il Vangelo, raccontò con parole dolcissime la nascita del Salvatore a Betlemme, fino al supplizio della sua morte in croce. In ogni modo tentò di persuadere il Sultano, i saggi e gli "ulema" musulmani, come la fede in Cristo fosse vera e la loro sbagliata.I due frati rischiarono anche di vedersi tagliare la testa, quando sfidarono la corte, proponendo l’ordalia del fuoco, una prova medioevale che consisteva nel lasciare a Dio le risposte. Bisognava entrare nel fuoco e chi non veniva bruciato era quello che diceva la verità.El-Kamil era lieto di quell’incontro. Ascoltava con attenzione Francesco, quel giullare della fede, che tentava di ammaliarlo in ogni modo, con canzoni, danzando, con la mimica dei gesti, ma che sentiva innamorato del Cristo più di qualunque uomo di fede avesse mai conosciuto. Uno sgorbio d’uomo, ammantato solo di stracci puzzolenti, che dimostrava una forza, una volontà inimmaginabili. Neanche il più potente tra tutti i crociati, era degno di stargli a fianco.Il Sultano si era perfino commosso quando Francesco, insultato ed offeso dai suoi dignitari, che gli magnificavano le meraviglie del Paradiso del Profeta – dove scorrono fiumi di ambrosia e miele e dove bellissime giovani tornavano ad esser vergini ogni volta, dopo aver fatto l’amore – si sentì rispondere: "Ma tutto questo cosa conta se non c’è l’amore, il perfetto amore di Gesù, che ci ha insegnato ad amare anche i nostri nemici"."Perché mai tu dovresti amare anche me, che posso farti tagliare la testa in ogni momento?", aveva chiesto El-Kamil."Certo che ti amo, come amo tutti voi. Sono qui perché voglio salvare la tua anima, voglio che la fede in Cristo entri nel tuo cuore".El-Kamil era affascinato dalla dolcezza di carattere e dall’indomabile volontà di Francesco. Parlarono anche dell’Islam, che considera Gesù un profeta, certo non grande come Maometto e che prova venerazione anche per Maria. E parlarono delle crociate, che insanguinavano quelle terre da più di un secolo."Tu credi davvero", aveva provocato il Sultano, "che i crociati siano qui solo per Gerusalemme o per Betlemme, che tu ami tantissimo? O sono qui per impadronirsi delle nostre terre, delle nostre ricchezze?".Francesco aveva compreso che quell’uomo descritto, come una belva sanguinaria, come crudele assassino, aveva un cuore e che le loro anime si erano incontrate. Tanto che El-Kamil, temendo che la predicazione di Francesco potesse indurlo a qualche debolezza, che non sarebbe stata accettata dal suo "entourage", preferì farlo tornare al campo crociato. Prima però gli offrì dei mandati per recarsi nei luoghi santi, ma soprattutto una grande quantità di doni, per i poveri che Francesco amava tanto.Francesco non poteva accettare quelle ricchezze. Sia per la situazione in cui era, sia perché aveva fatto voto di povertà. Ma capì che il suo incontro non era stato vano quando El-Kamil gli chiese: "Frate, prega per la mia anima, perché Dio si degni di mostrarmi quale fede gli è più gradita".E così Francesco ed Illuminato fecero ritorno all’accampamento cristiano.Lì i crociati non riuscivano a credere che quei due monaci, partiti qualche giorno prima, potessero essere usciti vivi da quell’avventura e che il Sultano li avesse ascoltati e trattati con grande rispetto.Purtroppo né i consigli di Francesco, né l’offerta del Sultano di consegnare Gerusalemme, Nazareth e le reliquie della vera croce ai crociati, dissuasero Pelagio, il legato pontificio, dal continuare l’assedio.Chiuso nel suo ostinato rifiuto ad un compromesso con i musulmani, Pelagio finì per costringere i comandanti crociati ad una nuova spaventosa offensiva, che si concluse il 5 novembre del 1219 con la presa della città, che fu saccheggiata, e gli abitanti massacrati.Un altro episodio inglorioso per i crociati, che due anni dopo subirono la riconquista della città da parte musulmana ed assistettero al fallimento dell’intera crociata.Francesco, disgustato da tutto quel sangue, dalla morte di tanti giovani mandati al macello  anche Gerard, il suo amico Templare era morto comprese come venisse frustrato il suo desiderio di pace e se ne tornò a S. Giovanni d’Acri. Nel deserto e al campo crociato, aveva contratto una infezione agli occhi che non riusciva a guarire e che a volte gli impediva quasi di vedere. Nella primavera dell’anno successivo, Francesco, ormai impossibilitato anche a visitare il Santo Sepolcro e la Betlemme dei suoi sogni, si era imbarcato per ritornare in Italia.

 
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BRAY

 

 

Sceau (SIGILLO) de la baronnie de Bray

La baronnie de Bray s'étend le long d'axes stratégiques comme la Seine, la voie romaine de Sens à Meaux qui permet de passer le pont en marquant le c'ur de la châtellenie de la vallée de l'Oreuse, la limite du comté de Champagne et l'Yonne. Ses barons Henri le Libéral, comte de Champagne, puis Jacques, duc de Savoie, gèrent les territoires autour de dix places principales : Passy, Montigny, Bazoches, Les Ormes, Dontilly, la Villeneuve-du-Comte, Égligny, Vin-neuf, Courlon et Bray-sur-Seine.

 

 

CENNI STORICI SUL MIO CASATO BRAY

 Il casato BRAY-BRAI, cognome sembra essere derivante dal francese (e prima da quello, Celtico). Il nome proviene da diversi periodi storici nei paesi d'Europa. Contea Wicklow, l'Irlanda, vicino a Brayhead. Nelle annotazioni antiche il nome era Bree, preso dal vecchio bri o brigh irlandese, una collina. Questa parola è simile nelle vecchie lingue gaeliche e celtiche; In Inghilterra il nome è trovato applicato alle parrocchie in contee Devon e Berks. Molti città e distretti in Francia impiegano il Bray o certa forma del nome, come: Bray-sur-Somme, Bray-sur-Seine, Bre-Cotes-du-Nord, Bray-La-Campagne, Bray-Calvados e paga de Bray. Ci sono parecchi posti chiamati BRAY in Europa, la città Bray in Inghilterra è in Berkshire sul fiume di Tamigi vicino a Windsor, Bray in Irlanda è sul sud del litorale appena di Dublino in contea Wicklow e ci è un distretto chiamato paga de Bray vicino a Rouen e ad un villaggio Bray vicino a Parigi in Francia in Lilla."La gente normanna„ dal Re", condizioni il nome deriva da un posto denominato Bray vicino ad Evreux, Normandia; Milo de Brai 1064 era signore di Montlhéry a partire dal 1095 sua moglie era Lithuise figlia di Stephes conte di Blois e di Adela della Normandia, figlia di William il conquistatore ed il suo figlio dello stesso nome Milo II de Brai 1118 signore di Montlhéry e di Braye, visconte di Troyes 1096,  il figlio maggiore Trousseau de Brai, signore di Monthléry  sua figlia Elizabeth di Montlhéry nel 1103 sposò Philip, Conte di Mantes, figlio di Philip I della Francia e di Bertrada de Momtfort, parteciparono alla 1^ crociata nel 1096. Nel  1066, sir Guillaume de Brai, successivamente in inglese William de Bray e sir Thomas de Bray, parteciparono alla conquista dell'Inghilterra a fianco del Duca di Normandia William. Sul rotolo nell'abbazia i nomi di coloro che hanno partecipato alla battaglia di  hastings. Al Servizio dei Re d'Inghlilterra dal (1066 - 1485): In un villaggio vicino Berkshire Bray vi è una chiesa del XII secolo costruita da Bray, in cornovaglia. sir Richard Bray cavaliere della giarrettiera e Consigliere al servio di Henry VI e della sua moglie Joan Troughton. Nel Concistoro del 22 maggio 1262 fù nominato Cardinale Guillaume de Bray da Papa Urbano IV . Il casato si stabilì in Puglia in Gravina e nel salento. Nominis reliquiae supersunt planissime, Bibracte Galliae etiam nunc in Bray contrahitur, et non procul hinc Caesar Tamisim cum suis transmisit ...",

 

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Papa Benedictus XVI

Joseph Ratzinger


Il Santo Padre con il Vescovo di Ugento (LE) Mons. VITO DE GRISANTIS in occasione della visita a Santa Maria di Leuca (LE) "de finibus terrae"14 Giugno 2008


 

SIGILLUM MILITUM

 

A Troyes Francia nel 1127, i Cavalieri Templari adottarono il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse accendere gli animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto per la donna, la Regola infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine

 

INVESTITURE

 

Nel medioevo il cavaliere veniva istruito nell’uso delle armi; egli era sottoposto a studi che ingentilivano gli animi e di ordine morale. Altre caratteristiche della cavalleria erano: cortesia, difesa della giustizia, appoggio alla debolezza, omaggio alla bellezza, idealizzazione dell’amore come mezzo di elevazione morale. L’incontro con il soprannaturale, secondo le credenze d’epoca, avrebbe completato l’iniziazione del cavaliere.

Iniziazione cavalleresca
La vestizione - com’era chiamata l’iniziazione cavalleresca - era considerata già alla fine del XI -XII secolo con la fondazione degli Ordini un "ottavo sacramento". Il candidato vi si preparava con una notte di veglia in armi nella cappella di famiglia, inginocchiato davanti all’altare. Veniva poi purificato con un bagno rituale, confessato e comunicato. Seguiva una messa solenne, al termine della quale avveniva la vestizione vera e propria, che consisteva nella consegna da parte del sacerdote della spada consacrata, degli speroni, dello scudo, della lancia e delle varie parti dell’armatura, che appunto il giovane indossava.
La cerimonia si concludeva infine con l’accollata o palmata, cioè con un colpo inferto col palmo della mano dal padrino sulla nuca del neofita, o anche di piatto con la spada sulla spalla. Era consuetudine che il colpo fosse di una certa forza, tanto da far vacillare il ricevente.
 
Bisognava alimentare tra i cavalieri rapporti di solidarietà, lealtà, fratellanza, oltre che naturalmente di fedeltà incondizionata. Non importava che la compagnia fosse numerosa; importava che fossero saldi i legami al suo interno e che ne facessero parte, soprattutto, quei pochi vassalli davvero in grado - per valore, potere, prestigio personale - di controllare tutti gli altri.

 

 

RE CRISTIANI

 

 

CATTEDRALI GOTICHE

 

I Cavalieri Templari, si ritiene avessero rinvenuto documenti relativi alle "LEGGI DIVINE DEI NUMERI,DEI PESI E DELLE MISURE" sotto le rovine del Tempio di Salomone a Gerusalemme e li avrebbero forniti ai costruttori di cattedrali.

Le cattedrali gotiche sono dei veri e propri libri di pietra, per tramandare straordinarie conoscenze che solo poche persone iniziate a simboli ed a codici particolari, avrebbero potuto comprendere. Infatti la grandiosità, l'imponenza e tutta una serie di misteri non risolti hanno fatto diffondere attorno alle cattedrali gotiche numerose leggende legate a figure ed oggetti leggendari della storia del Cristianesimo, dai Cavalieri Templari al Santo Graal.

Furono costruite improvvisamente in Europa, intorno al 1128 (cattedrale di Sens), proprio dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Terrasanta, con una maestria costruttiva tecnica e architettonica completamente diversa dalle precedenti chiese romaniche. Una dopo l'altra, sorsero le cattedrali di Evreux, di Rouen, di Reims, di Amiens, di Bayeux, di Parigi, fino ad arrivare al trionfo della cattedrale di Chartres. I piani di costruzione e tutti progetti originali di esecuzione di queste cattedrali non sono mai stati trovati. Le opere murarie erano fatte con una maestria eccezionale. Per i tecnici, come gli architetti, ad esempio, possiamo vedere come i contrafforti esterni esercitano una spinta sulle pareti laterali della navata, e così facendo il peso, anziché gravare verso il basso, viene come spinto verso l'alto, e tutta la struttura appare proiettata verso il cielo. Le Cattedrali inoltre sono tutte poste allo stesso modo: con l’abside rivolto verso est (cioè verso la luce), sono tutte dedicate a Notre Dame, cioè alla Vergine Maria e se unite insieme formano esattamente la costellazione della Vergine.

Inoltre vennero costruite su luoghi già considerati sacri al culto della "Grande Madre", ritenuto il culto unitario più diffuso prima del Cristianesimo; molti di questi luoghi inoltre sono dei veri e propri nodi di correnti terrestri, ovvero punti in cui l'energia terrestre è molto forte (grandi allineamenti di megaliti). Hanno pianta a croce latina: la croce "é il geroglifico alchemico del crogiuolo" (Fulcanelli), ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in un qualcosa di più elevato.

Sono adornate da un gran numero di statue o bassorilievi raffiguranti figure altamente simboliche e simboli magici ed esoterici, che poco hanno a che vedere con la loro funzione di chiese cristiane ed hanno un particolare orientamento in modo che il fedele, entrando nell'edificio sacro, cammini verso l'Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.

Ciascuna cattedrale è dotata di una cripta in cui secondo alcune tradizioni sarebbero nascosti degli oggetti sacri molto importanti (ad esempio si dice che in una delle cripte della Cattedrale di Chartres sia custodita l'Arca dell'Alleanza, e che quando questa cripta sarà scoperta la cattedrale crollerà al suolo). Ma le cripte sono legate ad un altro elemento molto misterioso: le "Vergini Nere", statue o bassorilievi, che raffigurano appunto la vergine Maria, con la particolarità della carnagione scura.

 

Francia Parigi

 

 

Notre Dame

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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