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Creato da IlCercatoreDiParole il 17/12/2008

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Impunità (dal diario del 13.01.2008)

Post n°26 pubblicato il 20 Agosto 2009 da IlCercatoreDiParole
 

 

Ancora ubriaco.

Mi sono svegliato tardi, mi sono infilato sotto la doccia nel tentativo (rivelatosi vano) di smaltire la sbronza di ieri sera. L’indomani di ogni sera in cui alzo troppo il gomito mi sento sempre, irrimediabilmente colpevole. Non saprei fornire una spiegazione razionale: percepisco una sensazione di colpevolezza, punto e basta.

Oggi, tuttavia, la ragione di tale sentimento può essere ricercata in un paradosso, che mi appresto a narrare. Tutte le volte in cui mi capita di guidare ubriaco cerco sempre di percorrere le strade più sicure, quelle più deserte e isolate, dove non mi è mai capitato di imbattermi in un appostamento delle forze dell’ordine. Ricordo che proprio ieri mi vantavo con un amico dicendo: “fino ad oggi, non li ho mai incontrati. Posso stare abbastanza tranquillo, la distanza che mi separa da casa è breve e la strada è buia e poco trafficata”. Fatalità, li ho beccati proprio questa mattina, verso le quattro, dopo una notte brava in discoteca. Aperta parentesi: odio la parola “discoteca”, credo sia una delle più sintetiche nell’intero panorama della lingua italiana. Però mi vedo costretto ad usarla, perché i sinonimi sono pochi e il loro impiego denota uno sforzo dell’intelletto che si affanna inutilmente nella ricerca (locale da ballo, ritrovo notturno, e via dicendo). Quindi, siamo quasi obbligati a scrivere “discoteca”. Chiusa parentesi.

Ebbene, ho intravisto i lampeggianti di una pattuglia ferma sul ciglio della strada principale. Provenivo da una strada secondaria e, seguendo lo sconquassato percorso, mi sarei fermato in prossimità dell’incrocio dove i carabinieri si erano appostati. Avrei potuto fare inversione a U, ma la strada era stretta e dissestata, senza considerare che una siffatta manovra avrebbe attirato la loro attenzione. Un inspiegabile istinto di onestà mi ha spinto verso le forze dell’ordine a cuor leggero, come se il ritiro della patente non costituisse una sanzione da evitare attingendo ad ogni possibile risorsa, ma rappresentasse, invece, la remissione simbolica di tutti i miei peccati. Non dico che sarei stato felice, ma forse avrei tirato un sospiro di sollievo. Una Panda vecchio modello mi precedeva. Ho riacquistato subito un barlume di lucidità; credo che la mia espressione fosse seria e non tradisse del tutto l’imbarazzante quantitativo di l’alcol che circolava nel mio sangue. Un brivido mi ha percorso la schiena dall’alto verso il basso, ho percepito un’odiosa sensazione di freddo. Lo sguardo del carabiniere era serio, quasi compassionevole. Non mi hanno fatto accostare. Non saprei spiegarmelo, ma credo che abbia intuito la mia condizione e, ciononostante, mi abbia concesso l’ultimo, caritatevole gesto di clemenza. Così, ho superato il posto di blocco indenne, e sono rientrato a casa senza curarmi della mia mediocrità.

Forse, se stamattina mi sento colpevole, la ragione è legata (paradossalmente) al mio status di impunito.

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