Un blog creato da tuttiscrittori il 07/10/2007

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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)

 
 
 
 
 
 

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mostra evento di Costantino Giovine presso Il trittico - Roma Piazza dei satiri - inaugurazione sabato 26 febbraio alle 18.30

locandina

 

 

 
 
 
 
 
 
 

YOU'LL FOLLOW ME DOWN - LABORATORIO CONCORSO

Il presidente della giuria, Luigi Bernardi, ci comunica che

   The winner is Paolo Zaffaina

La motivazione:

Statale 61 è un bel racconto giocato su molteplici livelli, tutti resi con stile adeguato.
I continui cambi di prospettiva, fino allo scioglimento finale, ne fanno un testo godibile ed estremamente accattivante.
Un bel saggio di scrittura al servizio di un'ottima idea.

adesso rileggiamolo iniseme >>>clicca qui

Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli (E. Salgari) 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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PAROLE AL PASSO

Post n°26 pubblicato il 08 Dicembre 2007 da tuttiscrittori
 

Si è appena conclusa la prima puntata di "Parole al passo", la nuova trasmissione in collaborazione tra Radio Imago  e www.tuttiscrittori.it.

La puntata sarà disponibile per l'ascolto e il download tra un paio di giorni sul sito di Radio Imago. Nel frattempo, ecco i testi che abbiamo letto durante la trasmissione.

Due poesie di Luisa Fava:

Al mercato del venerdì

toccami
per quando la mia pelle
sarà come uno straccio secco
dimenticato sotto il lavandino

(ora con dita
di colibrì in festa
mescoli tempo e cannella)

guardami
e sigilla gli occhi
per quando le mie ali
saranno bende sfatte

(da sempre di te mi cattura l’odore)

trattienimi
come caramello in bocca
per quando sarò il ruvido
nocciolo la cui polpa percorri
ora con lacci tremendi

(ahi la noncuranza delle sbarre,
niente: né terra cielo tempo)

un coro muto
ti canta
mentre stringo mercato
e nella cesta sul banco
ho messo le mie caviglie
e tre grani di oblio blu

potrei scappare

comprami

 

Zoccoli di cometa

-Va bene va bene-
Il cavallo sul prato...
- E poi?-
Lo zoccolo sulla bambola
Le margherite mute in ginocchio
E tu di arenaria con la testa tra le gambe
Ti sgretolavi come un’Ogiva azzardata

Nella scia di una cometa
Che ancora nitrisce e mi spoglia
Scaglie di porcellana mutilata
Stelle di acqua marina e di sapone

Vento vorrei andare
Versoaltrodadove

 

Un racconto di Nicoletta Bartolini (elliy Writer):

 

Unica perfetta rosa

“Da quando l’ho incontrato, un solo fiore mi ha mandato...”

Era iniziata così, con un’unica perfetta rosa.

Una storia piccola, di passione  mai creduta possibile, prima di  allora.

Si erano incontrati all’alba di quel giorno così a lungo atteso, cercato, costruito.

Si erano volati incontro, senza pensare a chi potesse accorgersi di loro, dimenticando ogni prudenza, ogni attenzione. Soltanto braccia e corpo e labbra in quell’istante. Non esisteva altro.

E subito erano fuggiti via, verso quel “via” disperatamente rincorso e desiderato, un “altrove” dove nessuno potesse additarli, inseguirli, voltarsi e riconoscerli. Dove la vita potesse essere altro da quei “devo” e quei “non posso” e “scusa tanto”.

Una casa, un lago, una stanza calda e quell’unica perfetta rosa. Apparsa sul cuscino all’improvviso.

“Da tempo l’amore ha scelto come immagine preziosa / un’unica perfetta rosa...”

E poi un sorriso, che diventava immenso. Si guardavano negli occhi, poi gli occhi di entrambi si chiudevano piano. E diventavano labbra. Un bacio grande  e caldo, morbido da far tremare le braccia. Era sangue bollente e lo bevevano, quell’amore, respirandolo a fondo, lo assorbivano, stringendolo forte, ancora e ancora, tanto che altre carezze e altri baci, lontani da quelle braccia, da quelle labbra, sembravano persi ormai, svaporati, un niente.

Piccole ore di struggente passione, pelle che urlava, mormorii di due poveri cuori. Cuori che intrecciavano sogni e parole, in quella stanza in riva a un lago inventato, forse una baita sperduta in un sospiro, o una mansarda a strapiombo sul cielo... o un’unica perfetta rosa.

Non avrebbero mai voluto andare via da quell’altrove. Ma la rosa era caduta a terra ...

Andare.

Ecco l’ora.

Come fai a dire alla pelle “staccati, vattene, lasciami”?

Come fai a dire a un sogno “aspettami”?

Come fai a dire al cuore “torniamo indietro, dai!”. Come fai?

E quando il cielo è azzurro o quando la pioggia cade e ti bagna il cappotto e i capelli, e quando sei in mezzo al traffico  e ascolti una musica che senti solo tu, e quando sei a casa e invece lì non senti niente e niente riesci più a vedere, e quando poi ti spogli e ti infili in mezzo alle lenzuola e poi spegni  la luce... come fai?

E quando la tua vita inutilmente scappa via, i giorni a consumare i giorni,  da quando ti ha detto “scusa tanto” e poi “non posso più”... quando ogni cosa perde senso perché il senso era soltanto lui?

Così a volte, nelle notti stanche, senza più sogni da intrecciare, né parole, lei a un tratto corre alla finestra: fame di aria, di respiri altrove.

Spalanca i vetri e guarda il cielo. Chiude gli occhi e pensa a un fiore. A un bacio, al più profondo. Poi aspetta il giusto soffio di vento e glielo affida.

“... a me tocca sempre e solo una cosa / un’unica perfetta rosa.”

 

 

 

 
 
 
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