tuttiscrittori

In molti spazi pubblicitari, dal tergicristallo posteriore, al quotidiano gratuito, all’emittente radio di quartiere, fino ai grandi network di carta inchiostrata spacciata per notizie, compaiono inviti che si fa fatica a non considerare. Specialmente se, come noi facciamo, si scribacchia…

L’adescamento è perentorio. “Hai scritto un libro? Inviacelo!” con le varianti “vuoi stampare il tuo libro?” “Mandaci il tuo manoscritto e te lo stampiamo!”. Questi print on demand fanno leva sull’amor proprio e sulla considerazione che abbiamo di noi stessi. Se abbiamo scritto qualcosa, è bene che la possa leggere più gente possibile. Potremmo fare un bel PDF e mandarlo in giro, tramite email, a tutti quelli che conosciamo. E risparmieremmo una bella cifra. Ma volete mettere la differenza che c’è tra un etto di carta rilegata e qualche byte in fila? Lo sappiamo bene che si tratta di feticismo, di un oggetto che possiamo aprire, sfogliare, magari rileggere, seppur troveremmo qualche frase che avremmo fatto meglio a non scrivere. Alla fine non è proprio la volontà di farsi leggere, ma il possesso del libro da poter mostrare, con il proprio nome ben stampato sulla copertina. Un simbolo da toccare, accarezzare, per farci sentire importanti. Chi non l’ha fatto tra noi che leggiamo questo blog?

C’è però un passo importante prima della stampa, che molto spesso non consideriamo: l’editing. In redazione ci arrivano scritti che a volte peccano un po’ nell’ortografia o nella punteggiatura, lasciando in secondo piano, se vogliamo, il rispetto per le regole della scrittura. Il nostro GF è inflessibile sui canoni narrativi, ma come spesso i risultati ci hanno mostrato, dopo una bella scazzottata per far rispettare le proprie posizioni letterarie, il prodotto finale se ne avvantaggia.