Un blog creato da tuttiscrittori il 07/10/2007

tuttiscrittori

A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)

 
 
 
 
 
 

SOSTIENE... KREMUZIO

Kremuzio

Sull'orlo del precipuzio

 
 
 
 
 
 
 

ALBERGO A ORE (HERBERT PAGANI) PERF. EDITH PIAF

 
 
 
 
 
 
 

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ARTE & DINTORNI

mostra evento di Costantino Giovine presso Il trittico - Roma Piazza dei satiri - inaugurazione sabato 26 febbraio alle 18.30

locandina

 

 

 
 
 
 
 
 
 

YOU'LL FOLLOW ME DOWN - LABORATORIO CONCORSO

Il presidente della giuria, Luigi Bernardi, ci comunica che

   The winner is Paolo Zaffaina

La motivazione:

Statale 61 è un bel racconto giocato su molteplici livelli, tutti resi con stile adeguato.
I continui cambi di prospettiva, fino allo scioglimento finale, ne fanno un testo godibile ed estremamente accattivante.
Un bel saggio di scrittura al servizio di un'ottima idea.

adesso rileggiamolo iniseme >>>clicca qui

Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli (E. Salgari) 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Messaggi di Aprile 2008

 

PAROLE AL PASSO

Post n°71 pubblicato il 12 Aprile 2008 da tuttiscrittori
 


Venerdì 11 aprile,  puntata di "Parole al passo", il programma di musica, poesie e racconti, nato dalla collaborazione tra www.tuttiscrittori.it e

dedicata ai GIOVANI TALENTI!  Puntata sfolgorante: abbiamo letto racconti di 
Germano Milite - Eccelso86, Paolo Ferrante - Evertrip , Chiara Capuano.
E abbiamo ascoltato la raffinata selezione musicale di  BobSaintClair (che ci ha suggerito anche la bella citazione di Bukowsky).

Tra qualche giorno sarà disponibile la registrazione della puntata, ma nel frattempo, per ascoltare e scaricare le puntate precedenti, potete collegarvi QUI

ATTENZIONE! Aspettiamo i vostri racconti e le vostre poesie (potete inviare a: redazione@tuttiscrittori.it). I testi selezionati dalla redazione di tuttiscrittori.it saranno presentati durante le prossime puntate di "Parole al passo", su Radio Imago . Il tema? L'amore, la passione. In tutte le infinite sfumature possibili...

*** *** ***
Ed ecco i racconti:

NUDANIMA (di Germano Milite)

*

Avevo sul corpo il suo profumo, sulle labbra il suo sapore dolce e nella testa i nostri respiri ansimanti di qualche attimo prima. Sentivo il suo respiro caldo sulla mia bocca, come il vento del deserto che solleva la sabbia in un turbinio confuso, costringendo i granelli a sposarsi tra di loro.

D'un tratto mi toccò con l'indice il labbro inferiore e mi sorrise in quel suo modo... presente e assente, dolce e amaro, che mi tormentava da quando la conoscevo: era una torre di ghiaccio con dentro un mare di fiamme che non riuscivano a liberarsi.

Con gesto lento, le spostai i capelli che le coprivano metà del viso, metà della bocca, cercandola ancora...

“Basta” lei disse, e mi allontanò.

"Non ho mai fatto la cosa giusta con te”… risposi rassegnato.

Lei si alzò di scatto e si mise seduta, dandomi le spalle, poi disse, con voce spezzata:

"Forse, semplicemente, non avresti dovuto far nulla”

Mi guardò per un attimo, senza sorridere, poi si voltò muta. Il lenzuolo le scivolò lentamente lungo il corpo. Rimase nuda, nuda come la mia anima provata.

La osservai raggiungere il piccolo bagno della camera, socchiudere la porta:

- Faccio una doccia e poi vado – disse, con quel tono altezzoso e che riprendeva ogni volta che si allontanava dal letto.

Rimasi, come sempre, a indugiare tra le lenzuola, immerso ancora nel suo profumo. Ma ero stanco... come un cercatore d’oro che vede svanire il suo tesoro tra le dita. Era lei il mio metallo prezioso e crudele, ma ero stanco di averla mia solo per pochi istanti.

Gettai lenzuola e coperte e mi vestii in fretta. Avevo bisogno di riscaldare la mia anima agonizzante, consolarla, proteggerla, interrompere quel lento morire.

Stavolta non mi avrebbe trovato, uscendo dalla doccia.

_________________________________________
*

LA FINE DELLA LOTTA (di Paolo Ferrante)

*

Parlami ancora del cielo, Sensei - disse l'allievo.
Il maestro, quasi ipnotizzato dal roteare ed espandersi delle nuvole, candide e indifferenti, cominciò la lezione.
- Ciò che noi chiamiamo cielo - mio caro Senpai - è un Velo Supremo, che ci protegge dalla Verità, la quale comunque ci viene rivelata ad ogni tramonto.
- Cioè? - l'allievo non capiva.
- La Notte. - si limitò a dire Sensei.
Il Senpai fece per dire qualcosa, ma...
- Il Giorno e la Notte - lo abortì il maestro - non sono altro che invenzioni umane per far credere che esista dell'armonia nel Cosmo. Per creare questa illusione, la Terra deve girare su se stessa. Vedi, il nostro pianeta si trova in un complesso di altri pianeti che ruotano tutti assieme attorno a un punto apparentemente fermo.
- Il Sole? - azzardò il Senpai.
- Ma anche il Sole si muove attorno a un filo invisibile, che lo lega a un corpo celeste ancora più grosso. E' la legge dell'universo.
Il Senpai non parlava, era come ipnotizzato dal muoversi di quelle labbra e di quegli occhi così carismatici.
- Tuttavia, tutto questo è ben poca cosa, rispetto alla Materia Oscura.
Il Sensei si accovacciò a terra, col capo sempre rivolto verso l'alto.
- Materia Oscura?... - il tono del Senpai era divenuto greve e malinconico.
- Quello che la Scienza è in grado di conoscere è soltanto una piccola parte delle stelle e dei pianeti e delle galassie... Il resto è “Materia Oscura”. La stessa che noi chiamiamo Notte, o Firmamento.
Il Senpai deglutì lentamente.
- E' la Notte la verità Suprema, celata dalla luce del Giorno. Il Giorno è destinato a non durare, e così il nostro sole, gli astri, e le galassie. Non prevarrà mai sulla Notte, perché la Notte è la Verità Eterna, il Giorno è l'illusione.
I due rimasero in silenzio per diversi minuti, a osservare il cielo.
- C'è una sola cosa che è possibile fare per rendere gradevole questa sosta forzata nel mondo, prima che giunga la Notte.
- Ovvero? - chiese il Senpai, volgendo il capo
- L'Amore. L'Illusione Suprema.
Il Senpai non chiese altro. Non gli importava sapere cosa ci fosse stato prima dell'universo, nè cosa sarebbe rimasto dopo.
Era lì, steso vicino al suo Sensei, a parlare di filosofia e di astronomia, e non chiedeva altro.
Il Senpai e il Sensei osservarono il cielo assumere forme inusuali, le nuvole, da campi fioriti parevano essersi tramutate in fiere urlanti. E impazziva anche il cuore del Senpai, a guardare il maestro e il cielo,  luminoso, sempre più luminoso. Da lontano gli parve di vedere un'ombra solcare come una canoa la volta celeste. Faceva un rumore strano, e ad un tratto perse qualcosa, qualcosa le cadde improvvisamente, distrattamente. Forse aveva perso un remo, pensò il discepolo, divertito dalla propria curiosa immaginazione, mentre il cielo cominciava ad urlare bagliori innaturali. C'era in gioco qualcosa di importante, lì nei reami celesti.
Il Senpai iniziò a preoccuparsi e guardò il suo maestro, in cerca di una spiegazione. Il maestro sonnecchiava, all'ombra del tetto del dojo, senza apparentemente preoccuparsi di ciò che accadeva dietro le sue palpebre. Com'era bello mentre dormiva! Sembrava avvolto in un incanto.
Il Senpai si accorse improvvisamente che un'enorme cupola di luce si stava avvicinando a loro.
Invece di spaventarsi, si stese accanto al suo maestro, poggiandogli un braccio attorno alla cintola. Forse il Giorno era in rivolta, e con quell' impeto fulgoreo aveva deciso di ribellarsi alla tirannide della Notte, per il Senpai aveva poca importanza. Si avvicinò al volto del maestro, sapendo bene che c'era poco tempo.
<< Ti amo, Sensei. >> gli sussurrò, e così dicendo lo baciò all'angolo della bocca chiudendo anche lui gli occhi, rasserenato, mentre il Giorno li investiva.

_________________________________________
*

needprotection (di Chiara Capuano)

*

...

la vidi alzarsi,consumare un paio di passi, e poi sciogliersi fra i sedili della prima fila.
si muoveva tra un paio di jeans chiari ed una ventina di veli colorati. le uscivano dalle spalle, dai polsi, dalle dita / la luce li faceva tremare mentre lei volava, infondo, e puoi giurarci che erano i suoi occhi a colorarli
chiari alla radice e scuri ad ogni estremo, chiari fino a sparire e scuri fino a bruciarsi, fino a divenire inchiostro nero. e liquido.
perchè io non ero stato mai molto diverso da come sono ora. ero uno di quelli che non ci moriva mai. lasciavo che tutto arrivasse fin lì, fino all'ultimo punto utile per potermi soffocare.
e poi scappavo.

e non ero mai andato oltre, e non avevo mai aspettato davvero, non mi ero mai perso davvero, non ero mai morto davvero. (leggi tutto in Vetrina d'Autore)

*

*

 
 
 

dal nostro CASSONETTO

Post n°70 pubblicato il 05 Aprile 2008 da tuttiscrittori
 

Alessandro ha partecipato al nostro gioco letterario "L'incontro" (con un raccontino niente male, diciamolo!) e ora ci propone un altro testo, chiedendone la pubblicazione nel Cassonetto, che ovviamente non è un posto dove buttare l'immondizia, tutt'altro!! E' una vetrina particolare, da scoprire... Bollino rosso.

***
***

SOVIET SUPERMAN

(un racconto di Alessandro Napolitano)

*** * ***

 Mosca ore 4 del mattino.

Anatoli si alzò da terra ancora confuso appoggiandosi al bordo del lavandino sopra di lui.

Con un gesto rapido e istintivo estrasse la banconota da cento rubli dalla tasca del pantalone; l' arrotolò su se stessa. Si fermò un istante lasciando che i suoi occhi s'incontrassero riflessi nello specchio. Cercò un particolare capace di evocare un ricordo, ma non trovò che il vuoto. Interdetto, abbassò lo sguardo; con la mano tremante in preda a una convulsione, estrasse dal taschino della camicia una piccola scatola color verde, una di quelle solitamente piene di caramelle alla menta; l'aprì.

Posò l'astuccio sul ripiano del lavandino mentre, con la mano libera, chiuse la narice destra.

Anatoli impiantò un lato della costosa cannuccia dentro la narice sinistra, l'altro lato nel piccolo recipiente. Tirò su con tutta la forza. Una parte della sottile polverina bianca penetrò nel naso e discese nel cavo orale. Stessa operazione a narici invertite. Avverti un dolore lancinante partire dal naso e arrivare nel cervello. Alzò nuovamente lo sguardo. I suoi occhi cerchiati spiccavano nel volto magro e pallido. Il dolore lasciò il posto a un fastidioso torpore. Questa volta, nello specchio oltre ai suoi occhi, apparvero anche i primi ricordi di quella notte.

Ricordò di essere entrato nella discoteca più cool di Mosca, il Soviet Superman.

Anatoli avverti i battiti del cuore scuotere tutto il corpo. Una violenta fitta alla tempia gli procurò un cedimento delle gambe. Si girò di scatto. Mantenendo un precario equilibrio, guardò verso l'uscita del bagno. Sinuosa, una figura femminile teneva poggiata la schiena verso la porta d'entrata.

La musica arrivava forte, incalzava fastidiosa come le grida selvagge che si rincorrevano nella pista da ballo. La donna guardò Anatoli e disse:

- Ho bisogno di te. - Mentre sfiorava i lunghi capelli biondi e aggiunse:

- Non mi lasciare. -

Il body e i fuseaux neri esaltavano i suoi fianchi, le gambe lunghe e affusolate facevano da colonne a un fisico da modella.

La ragazza trastullava con le dita una ciocca di capelli finché non decise di scoprirsi la fronte. Alzò la testa e fissò Anatoli. Il suo volto era ricoperto di sangue che colava denso e putrido...

                                                                                                 (leggi tutto il racconto)


 
 
 

Charles Bukowski

Post n°69 pubblicato il 03 Aprile 2008 da tuttiscrittori
 
Tag: Poesie

(oggi è una giornata così...)

Deserto come un frutteto secco e saccheggiato
sparpagliato sul terreno
prima usato e poi abbandonato.
Messo al tappeto come un ex-pugile che vende
quotidiani all'angolo della strada.
Sopraffatto dalle lacrime come
un'attempata ragazza del coro
che ha preso oggi il suo ultimo assegno.
Un fazzoletto è nell'ordine il tuo signore e il tuo
culto.

I merli sono aspri oggi
come
unghie dei piedi incarnite
in una prigione
di notte...
vino vino vino
i merli scorrazzano
e svolazzano
arpeggiando
melodie spagnole e ossa.

E ogni posto è
nessun posto...
il sogno ha lo squallore
di frittelle e di gomme a terra:
perché ci ostiniamo
con i nostri pensieri e
le tasche piene di
polvere
come un monello appena fuori dalla
scuola...
dimmelo,
tu che sei stato un eroe in qualche
rivoluzione
tu che insegni ai bambini
tu che bevi con calma
tu che hai case spaziose
e cammini per giardini
tu che hai ucciso un uomo e hai una
bella moglie
dimmi
perché mi sento bruciare come vecchio ciarpame
rinseccolito.

Potremmo sicuramente avere un'interessante
corrispondenza.
Terrebbe occupato il postino.
e le farfalle e formiche e ponti e
cimiteri
i costruttori di missili e cani e meccanici di officina
andranno avanti ancora
un po'
finché non saremo fuori corso
e/o
senza idee.

Non vergognarti di niente,
immagino che Dio intendesse tutto ciò
come serrature alle porte.

(I merli sono aspri oggi)

 
 
 

Racconto

Post n°68 pubblicato il 02 Aprile 2008 da tuttiscrittori
 

SCHIZZO

***

Arrivò come da nebulose lontananze. Già questo giocava a suo favore. Aveva un aspetto come nessun altro ha. Lei pensò: “Ha l’aspetto di uno su cui ancora incombono pericoli”. Era povero, indossava vestiti laceri, ma si comportava con fierezza. Il suo contegno esprimeva grande calma e grande letizia interiore. Lei pensò: “Che gusto meraviglioso debbono avere i suoi baci”. Inoltre dava l’impressione di un uomo che non poteva non aver già suscitato molto favore e destato già molto interesse, e che ovunque avesse provocato entrambe le reazioni, fosse poi andato avanti per la propria strada, senza gettare un solo fuggevole sguardo da una parte o dall’altra.
Lei pensò: “C’è qualcosa di ardimentoso e magnanimo in lui. Chissà se lo amerò. In ogni caso è degno di essere amato”.
Costui inoltre pareva ben sapere, e d’altro canto non sapere affatto, quanto fosse attraente.
Vi era nel suo comportamento un che di smarrito, un che di ambiguo. Lei si diceva: “Questo giovane sa di sicuro essere discreto. Immagino sia dolce confidare in lui. Ancor più dolce e bello dev’essere buttargli le braccia al collo e stringerlo a sé”. Nonostante la sicurezza e la fermezza con cui sapeva presentarsi, recava su di sé l’ombra di un essere reietto e indifeso.
Lei pensò: “Ha bisogno di protezione. Come sarei felice di poterlo proteggere”. Era giovane e tuttavia, a quanto sembrava, già provato: era di ferro, l’immagine stessa dell’irremovibilità e della pertinacia, e tuttavia aveva l’aspetto di chi desideri una profusione di tenerezze e intimità.
Allora lei gli sfiorò il braccio, come per caso e inconsapevolmente. Arrossì e pensò: “Si accorge di quel che voglio”. Anche lui arrossì. Allora lei pensò: “Che uomo straordinario! Mi tiene in considerazione. E’ un cavaliere”. Da quel momento in poi, agli occhi di lei il contegno di lui fu sempre più bello; e sempre più forza, fierezza e delicatezza emanavano dall’intero suo essere. Lei pensò: “Io amo. E’ vero, non mi è lecito amare, perché sono sposata. Ma io amo”. Glielo fece capire con gli occhi e lui ebbe sufficiente attenzione, gentilezza e intelligenza per capire ciò che lei intendeva, sentiva e desiderava. E a questo punto cominciò il romanzo. Se, anziché un autore, io fossi un’autrice, muovendo di qui scriverei difilato due volumi.

                                                                                                  ***

                                                                                                  ***

(Robert Walser – “Storie che danno da pensare” – Adelphi)

***

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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BOCCONCINI DI SCRITTURA - 3

 

Terzo bocconcino caldo caldo. Da sbocconcellare in pochi minuti. Questa volta parliamo un po' del punto di vista del narratore. Prima persona? Terza persona onnisciente o quasi? (entra)

 

 
 
 
 
 
 
 

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