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CAPITOLO XXXVII

Post n°41 pubblicato il 21 Luglio 2008 da Tyki_Mikk
 

La Taiga offriva un paesaggio meraviglioso, a quella vista Sarah provò un'inspiegabile senso di quiete e felicità. Nonostante fosse piena estate, la foresta di conifere era coperta di neve candida e soffice, caduta in abbondanza anche nella notte precedente. Le cime degli alberi, tutte tra loro simili e uniformi, erano completamente imbiancate. Persino il clima era freddo ma mite, non si sentiva più soffiare il gelido vento del nord.
Una volta immersi nella Taiga, per i cinque divenne molto difficile orientarsi. Tutto attorno a loro il paesaggio sembrava avere ovunque e sempre lo stesso aspetto. Nel fitto della foresta non c'era modo di vedere il cielo, a meno che non si fossero arrampicati sugli alberi. Per fortuna dopo un'ora abbondante di cammino si imbatterono in un piccolo sentiero che seguirono senza porsi troppi interrogativi.
"Vash, non abbiamo ancora deciso dove dirigerci..." ruppe il silenzio Ander a un certo punto.
Anche se non sapevano dove li stesse conducendo la loro via, entrambi erano convinti che si stessero dirigendo verso est, poiché era l'unica direzione che portava verso centri abitati.
"Non ne ho idea... comunque per il momento è meglio se rimaniamo a Northland, i feoriani ci staranno ancora cercando." dichiarò il cacciatore.
"Ascoltate... Diana mi ha detto dell'esercito feoriano, credo anch'io che sia diretto a Tunsea." si intromise Ryan: "Devo fare ritorno a casa, i miei concittadini devono essere avvisati! E poi voglio unirmi alla difesa della mia terra! Come posso fare per ritornare a Tunsea Town in tempo?"
Grazie al cibo che aveva consumato negli ultimi giorni il fratello di Diana si era ripreso un po' dallo stato pietoso nel quale si era trovato. Ma le sue energie erano ancora limitate e costringeva il gruppo a rallentare il passo. Vash pensò che il tunseiano non fosse nelle condizioni di combattere, ma la sua determinazione era molto forte, ben leggibile nei suoi occhi. Ryan non era il tipo che si faceva imporre le decisioni, lo aveva capito. Se non lo avessero accontentato, di certo si sarebbe arrangiato da solo, in un modo o nell'altro.
"Considerando che non ci è possibile ritornare sul Karadan, l'unica alternativa è imbarcarsi." spiegò il cacciatore: "C'è un solo luogo a est dove poter trovare una nave per Tunsea. Si tratta di una cittadina di nome Kidevik."
"Allora è deciso! E' lì che andremo!" esclamò Ander.
"Ve ne sono immensamente grato!" sorrise Ryan: "E penso che non potrò mai ricambiare tutto ciò che avete fatto per me: mi avete salvato dalle prigioni di Fort Karadan e avete difeso la mia Tunsea Town. Diana me ne ha parlato." si voltò verso il cacciatore: "Vash, tu sei il leggendario eroe di cui si parla, colui che ha sconfitto il Cavaliere Nero rischiando la propria vita... pur non avendo alcun interesse a farlo."
"Non esageriamo..." mormorò il cacciatore senza riuscire a nascondere un po' d'imbarazzo.
"Non fare il modesto!" intervenne il cavaliere, sferrandogli un'energica pacca sulla spalla.
"Se davvero tu divenissi mio cognato, avrei degli ottimi motivi di orgoglio e di vanto..." aggiunse il tunseiano quasi sognando a occhi aperti.
Vash lo fissò sorpreso, senza capirlo. Diana nascose imbarazzata il volto tra le mani. Ander e Sarah si guardarono increduli.
"Che c'è? Ho frainteso la situazione?" chiese Ryan con aria innocente, spostando gli occhi sulla sorella: "Pensavo che voi due foste già... a buon punto! Mi avevi detto..."
La ragazza di Tunsea liquidò l'argomento con un sonoro colpo di tosse, mentre Vash decise di far finta di niente e di proseguire per la loro strada.

Quella sera Sarah non riuscì a prendere sonno. Anche se faceva freddo erano tutti coperti abbastanza bene. Ciò che non le dava tregua erano invece gli ululati che si udivano in lontananza. Finito di mangiare un po' di formaggio e carne secca, la ragazza si era coricata, tentando inutilmente di addormentarsi. Così si rimise seduta e si accorse che anche i compagni erano ancora svegli.
"Sono wulfox." le spiegò Ander, intuendo il motivo della sua inquietudine: "Ululano alla luna piena, ma credo che siano piuttosto distanti. Per il momento non c'è motivo di preoccuparsi."
Sarah annuì, ma non riuscì a tranquillizzarsi. I cinque viaggiatori si guardarono l'un l'altro muti. La ragazza di Greenville voleva rompere quel silenzio insopportabile, ma non riusciva a trovare le parole giuste. Alla fine fu Diana a parlare.
"C'è qualcosa che mi tormenta e che vorrei sapere." esordì fissando il cavaliere: "Oramai è da un po' che viaggiamo assieme... Spiegatemi chi siete in realtà tu e Vash. Hai detto che eri un soldato feoriano e che voi due vi conoscevate da tempo... ebbene?"
"Vi conosco da poco, ma è evidente che non siete semplici soldati..." aggiunse Ryan.
"Non sono affari che vi riguardano!" rispose bruscamente il cacciatore, che si alzò e si allontanò.
Gli altri lo osservarono quasi sconcertati, ma lui non si voltò più e sparì tra gli alberi. Per qualche minuto regnò nuovamente il silenzio, poi Ander sospirò e si mise seduto più comodamente. Nonostante le raccomandazioni di Vash decise di vuotare il sacco. Non aveva senso continuare a tacere.
"E' accaduto circa tre anni fa..." iniziò a raccontare: "Non tutti conducono una vita felice e tranquilla a casa propria. E come sappiamo non è riservato a tutti lo stesso destino..."
Le ragazze ascoltarono rapite, trattenendo il fiato.
"Così, per un motivo o per un altro, c'è chi dedica la sua vita a uno scopo particolare, che prevede di combattere dall'inizio alla fine della propria esistenza." continuò il cavaliere con un espressione malinconica: "In questo mondo ci sono persone che sin da giovanissime devono imparare a usare le armi, per sopravvivere o per altre ragioni. Alcune di queste diventano molto abili, o lo sono già per natura." fece una pausa: "Ebbene, c'è un luogo in cui tutti i combattenti migliori e queli più promettenti si riuniscono; un luogo dove possono migliorarsi ancora e perfezionare la loro tecnica; un luogo maledetto che in cambio del potere fornito, sfrutta queste persone per i suoi fini, spesso rendendoli dei veri e propri demoni."
"Stai parlando dell'Accademia Deathforce, giusto?!" domandò Ryan nervosamente.
Ander annuì in modo appena percettibile, senza trovare il coraggio di alzare lo sguardo. Le ragazze si guardarono incerte.
"Vorresti dire che voi due..." intervenne Sarah con un tono incredulo.
"Tre anni fa io e Vash entrammo in quell'accademia..."

Il cacciatore si fermò solo quando raggiunse una piccola altura rocciosa priva di alberi, da cui si poteva ammirare il cielo stellato. Aveva vagato per un bel pezzo senza quasi rendersene conto. Non sapeva quanto fosse distante dagli altri e nemmeno se avesse potuto ritornare sui suoi passi, ma al momento non gliene importava nulla. Era furente.
<<Perché?! Perché vogliono conoscere il mio passato?!>> si chiese: <<Perché si interessano tanto a me?!>>
Ma non era irato per questo. La sua rabbia era piuttosto rivolta verso se stesso, verso il proprio passato, del quale non andava per niente fiero.
<<Ho fatto tanta fatica per dimenticare, per lasciarmi tutto alle spalle e ricominciare da zero!>> pensò tra sé: <<Non voglio che quei ricordi riaffiorino! Lasciatemi in pace!>>
Ma ormai era troppo tardi. Rivedeva ciò che era stato e ciò che aveva fatto. Uno a uno ricomparvero davanti a lui i volti che fino ad allora aveva sepolto in qualche sperduto angolo della sua mente. Persone che un tempo aveva creduto amiche e persone che un tempo aveva creduto nemiche si succedevano con poca chiarezza, confondendolo. A lungo non era più stato in grado di distinguerle. Non era sempre stato chiaro chi fosse nel giusto e chi nel sbagliato. E nemmeno chi tra questi avesse meritato di essere chiamato amico.
<<Jax!!>>
La sua figura imperava ora su tutte le altre. Aveva rivisto Jax a Fort Karadan, dove aveva fatto uno sforzo immane per evitare di affrontarlo. Lo aveva fatto per i suoi compagni, per non anteporre i suoi affari personali al loro obiettivo e alla salvezza di tutti. Un debole sorriso gli apparve sul viso quando si accorse che nonostante tutto aveva di nuovo dei compagni. Anzi, aveva degli amici, ai quali teneva al punto da essere pronto a tutto per difenderli.
Eppure continuava a tenersi a una certa distanza da loro. Forse non riusciva ancora a fidarsi totalmente del prossimo, forse le esperienze passate lo ammonivano e gli consigliavano prudenza. O forse era lui stesso a preoccuparlo. Ormai era evidente che una parte di lui, oscura e violenta, era pronta ad affiorare inaspettatamente. Non osava pensare a come avrebbero reagito i compagni una volta che si fosse rivelata del tutto. E peggio ancora, a come avrebbe reagito quella parte di lui nei loro riguardi.
Sospirò, alzò gli occhi al cielo e scorse la luna piena.
Abbandonò all'istante ogni pensiero e preoccupazione. Rimase immobile a fissare il pallido astro perfettamente rotondo, sentendosi inebriato e affascinato. Ben presto nelle orecchie, o forse nel cuore sentì risuonare ancora una volta il "canto nostalgico". Non si accorse nemmeno che le lacrime stavano iniziando a scendergli dagli occhi. Erano reazioni spontanee, fuori dal suo controllo e dalla sua volontà. Un insieme di sentimenti forti e contrastanti prendevano vita senza un motivo apparente. Sarebbe stato difficile spiegare se si trattava di tristezza, rabbia, gioia, nostalgia...
Sentiva qualcosa di indescrivibile dentro di sé. Aveva l'impressione che i muscoli gli stessero diventando solidi e robusti come il mithril. Il sangue gli scorreva nelle vene a una pressione inimmaginabile. Il suo corpo sembrava che stesse per bruciare.
Ma quella notte visse un'esperienza persino più intensa del solito. Davanti agli occhi iniziarono a scorrergli in rapida successione immagini di luoghi, persone e tempi lontani, cose che non aveva mai visto né immaginato, che si alternavano senza una logica... cose che sicuramente non appartenevano alla sua memoria.
Sulla sua pelle iniziarono a comparire strani disegni, motivi simili a quelli di tipo tribale. Affioravano dal nulla, tutti dal caratteristico colore azzurro del guado, su ogni parte del suo corpo. Ancora una volta i suoi occhi mutarono. Vash però non se ne stava rendendo conto, era completamente perso in un mondo irreale. Tra tutte le immagini che gli passavano davanti veloci e senza senso, solo poche gli si impressero salde nella mente.
Vide un uomo, giovane e vigoroso. Non lo riconobbe, ma per qualche oscuro motivo al cacciatore risultò istintivamente famigliare. Percepiva che in qualche modo quel tipo gli somigliava. Vestiva abiti molto strani, persino bizzarri, mai visti prima. Dalla strana corazza e dalle armi particolari che aveva con sé intuiva che si trattava di un guerriero. Sul volto aveva una specie di disegno o tatuaggio.
Poi, improvvisamente l'uomo scomparve e ne apparve un'altro, molto diverso. I suoi abiti erano ancora di origine ignota, probabilmente la stessa, ma questa volta sembravano le lunghe vesti scure di un sacerdote o di uno sciamano. L'uomo aveva uno sguardo intenso e ostile, occhi di un rosso acceso che contrastavano con la sua pelle estremamente pallida. I suoi lunghi capelli lisci e nerissimi ricadevano alle sue spalle. L'uomo reggeva in una mano un grosso libro nero e nell'altra una strana gemma dello stesso colore.
Vash si ritrovò quindi a osservare due vastissimi eserciti che si fronteggiavano su una sconfinata pianura. Alla testa di ognuno c'erano proprio quei due personaggi, condottieri di due fazioni in aperto contrasto. Nelle prime file di entrambi gli schieramenti i soldati battevano le lunghe aste sui grandi scudi ovali. Erano talmente simili tra loro, sia nell'aspetto che negli abiti e armamenti, da far pensare a una sorta di guerra civile. Si distinguevano però dalle insegne, una fiamma nera da una parte e il sole che sorgeva dall'altra. Gridavano parole in una lingua incomprensibile, anche i due capi quando diedero il segnale di attacco. In breve ebbe luogo una battaglia di dimensioni eccezionali, un evento che doveva certamente essere alle origini di una svolta epocale. Lo scontro fu ferocissimo, grandi guerrieri si battevano con estrema violenza contro quelli che potevano benissimo essere loro fratelli.
Alla fine il campo di battaglia rimase coperto da diverse decine di migliaia di corpi. Non era chiaro a chi fosse andata la vittoria, ma ovunque si sollevavano le grida sofferenti dei feriti e dei moribondi. Tra di essi c'era pure lo sciamano, il capo della fiamma nera. Prima di esalare il suo ultimo respiro questi gridò qualcosa, pieno di rabbia e di rancore. La sua voce risuonò forte ovunque, intrisa di un immenso desiderio di vendetta. A pochi passi da lui anche il guerriero, comandante del sole nascente, era disteso a terra ferito a morte. Una donna bellissima accorse al suo fianco con le lacrime agli occhi. Nei suoi ultimi istanti di vita egli le accarezzò dolcemente il viso. Sorrideva debolmente, ma con fierezza. Nonostante lasciasse il mondo ancora molto giovane, sembrava avere la consapevolezza di aver eseguito con successo il suo compito e di non aver rimpianti.
All'improvviso spostò lo sguardo verso Vash, come se si fosse trovato davvero lì, al suo fianco. Fissandolo negli occhi, l'eroe morente gli sussurrò delle parole che il ragazzo si stupì di poter comprendere.
Ora è tutto nelle tue mani, Kishar!

 
 
 
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Un blog di: Tyki_Mikk
Data di creazione: 15/04/2008
 

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