Tyki's Fantasy

La Leggenda del Dragone

 

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« CAPITOLO XLIII - Flashback p. VICAPITOLO XLV »

CAPITOLO XLIV

Post n°48 pubblicato il 26 Ottobre 2008 da Tyki_Mikk
 

Fu una notte tormentata.
Vash si addormentò profondamente e i sogni gli si presentarono in forma di ricordi, alcuni dei quali non riuscì a riconoscere. Non seppe nemmeno se fossero eventi autentici del suo passato o semplici elaborazioni della sua mente. Alcuni risalivano a pochi mesi prima, altri erano invece remoti, dimenticati, appartenenti a un lontano passato.
Vide se stesso da bambino. Era molto piccolo, si reggeva ancora goffamente sulle proprie gambe. Accanto a sé aveva qualcuno che lo teneva per mano e lo guidava all’interno di una tetra foresta, nel buio della notte che l’avvolgeva. Era un altro bambino, di qualche anno più grande. Sotto ai suoi occhi arrossati si scorgevano residui di lacrime. Il suo aspetto sudicio e trasandato tradiva le recenti disavventure che doveva aver vissuto e le atroci sofferenze che doveva aver patito. Ma ora il suo sguardo era fiero e determinato.
Sembravano entrambi reduci da un evento traumatico, due bambini indifesi che fuggivano da qualcosa di terribile. Avanzavano nelle tenebre con passo lento e incerto. Vash non capiva cosa stesse accadendo, si sentiva completamente spaesato. L’altro però non dava segno di esitazione.
La notte era chiara, ma la luce lunare che filtrava nella foresta oscura era davvero ridotta al minimo. Nessuno vi avrebbe vagato in quelle condizioni, se non vi fosse stato costretto. L'ambiente attorno a loro era ostile. Gli alberi, contorti e rugosi, parevano voler ghermirli con i loro rami più spogli, che si protraevano verso il piccolo sentiero in terra battuta.
Il bambino più piccolo si guardava attorno con aria sperduta e impaurita. L'altro gli strinse la mano con maggiore fermezza, rendendosi conto che necessitava infondergli sicurezza. Lo fissò per un attimo negli occhi, finché non fu sicuro di averlo tranquillizzato e rincuorato. Erano entrambi troppo piccoli, se ne rendeva conto, ma lui era il più grande e sapeva di dover tirare fuori tutto il suo coraggio o non sarebbero andati lontano. Dovevano aggrapparsi con tutte le forze al desiderio di vivere e forse sarebbero riusciti a vedere l’alba del domani.
Improvvisamente udì un leggero fruscio nel totale silenzio della foresta attorno a loro. Si guardò attorno con il cuore in gola e ben presto trovò nel buio due piccole sfere che brillavano riflettendo la luce lunare. Subito dopo si sentì tirare lievemente la mano e si accorse che Vash stava guardando spaventato in un'altra direzione. Seguendo il suo sguardo, si accorse che anche altri occhi, a decine, erano comparsi e li stavano fissando minacciosi. Capì subito cosa fossero e lottò strenuamente per non abbandonarsi al panico.
Non aveva intenzione di morire lì, non così. Non dopo quello che avevano già passato. Avrebbe portato in salvo almeno Vash, lo aveva giurato a se stesso. Iniziò a correre in avanti, trascinandosi dietro il piccolo, che stentava a tenergli il passo. Le creature iniziarono a inseguirli emettendo i loro caratteristici richiami minacciosi. Non ebbe il coraggio di voltarsi. Sapeva che erano molto più veloci di loro e che da un momento all'altro sarebbero stati raggiunti, azzannati e divorati vivi. Ma non si sarebbe arreso senza nemmeno tentare di mettersi in salvo, neanche realizzando di non avere alcuna speranza. Udì la propria voce invocare aiuto con tutto il fiato e la disperazione, mentre le lacrime iniziarono a scendergli nuovamente sul viso, sino a impedirgli di vedere davanti a sé. Fini per sbattere contro qualcosa.
Credette che si trattasse di un albero, ma invece si ritrovò di fronte l'imponente e solida figura di un robusto essere umano. Erano finiti in mezzo a una radura illuminata dalla luna. Sentì le voci dei mostri ormai vicinissime e iniziò a tremare fuori controllo.
L'uomo afferrò i bambini per un braccio e li tirò dietro di sé. Davanti a lui erano già comparse le sagome dei loro inseguitori, affamate e rabbiose; forme contorte, colme di zanne, artigli e malvagità; creature della notte, figlie delle tenebre. Senza troppe esitazioni si lanciarono all'attacco dell'adulto, che estrasse rapidamente un'enorme arma da dietro la schiena. Una di esse finì subito tagliata a metà dal suo spadone a due mani, il che stimolò una maggiore prudenza nelle altre. Quell'uomo era diverso dagli altri, non era indifeso contro di loro. Era sicuramente uno straniero. Ma le belve non desistettero per così poco e si fecero avanti tutte assieme. Con grandissima abilità, il guerriero iniziò ad abbattere i mostri uno a uno e i bambini lo osservarono come ipnotizzati.
Poi però si accorsero che una delle creature aveva aggirato la guardia dell'uomo e si avvicinava minacciosa e trionfante a loro due. L'altro era troppo preso dallo scontro per accorgersene, era già miracoloso che non fosse ancora stato sopraffatto. Vash fece un passo indietro, ma inciampò e cadde a terra. Il mostro si preparò a sbranarlo, quando l'altro bambino si frappose per cercare di proteggerlo. La situazione era chiaramente disperata ed egli alzò lo sguardo al cielo per cercare di non vedere, di evadere dal momento in cui sarebbe stato fatto a pezzi...
La luna piena splendeva davanti ai suoi occhi con tutto il suo fascino e il tempo parve arrestarsi. Era uno spettacolo magnifico, uno dei più emozionanti. Sentì un forte brivido percorrerlo ovunque nel suo corpo, come se qualcosa fosse stato risvegliato dentro di esso. Quasi dimenticò la situazione critica in cui si trovava. Per un istante, si sentì travolgere da un'enormità di visioni incomprensibili, cose che non avevano nulla a che fare con lui o con le esperienze della sua troppo breve vita...
Quando l'ennesimo mostro fu abbattuto, un bagliore, che comparve per un breve attimo alle sue spalle, mise in fuga tutti gli altri. Sorpreso, il guerriero si voltò verso i due bambini dagli occhi argentati. Trovò quello più piccolo ancora seduto a terra, tremante dallo spavento e dall'incredulità, con gli occhi fissi sull'altro. Questo gli volgeva la schiena, ritto e immobile come una statua. L’uomo sgranò gli occhi quando vide che a un passo da lui si trovavano i resti carbonizzati di una delle creature...

Sarah aprì gli occhi quando non era ancora sorta l'alba. Aveva dormito male, per diverse ore non aveva dormito affatto. Era stata costantemente in pensiero per Vash, che non era più rientrato nel gruppo. Lui se n'era andato la scorsa sera irritato, ma anche se Ander le aveva ripetuto di non fargli caso, la ragazza di Greenville lo aveva atteso a lungo, preoccupata.
Il cacciatore era il suo primo pensiero anche al risveglio e subito si guardò attorno, come se cercasse qualcosa di vitale importanza. Vash stava seduto accanto al fuoco, a pochi metri da lei. La osservava con curiosità proprio per il modo in cui si era alzata di soprassalto. Sul suo volto c'era la solita espressione impassibile, forse più rabbuiata del solito. Gli altri compagni di viaggio stavano ancora dormendo.
Mentre lo scrutava con occhi tristi, Sarah ripensò agli avvenimenti della sera precedente. Ander aveva raccontato il passato suo e dell'amico, quello trascorso assieme come Guerrieri Deathforce. La ragazza aveva sempre immaginato che Vash non fosse un ragazzo o un guerriero qualunque, ma ciononostante quella rivelazione aveva scosso tutti. Adesso poteva capire perché il cacciatore non amasse parlare di sé e del suo passato.
Ma lei non era in grado di biasimarlo per quello che aveva fatto allora. Era convinta di conoscere il vero Vash, di sapere che tipo di persona fosse realmente. Continuava a fidarsi di lui. E soprattutto continuava a volergli bene.
Rimaneva solamente da farglielo capire.
Ma il cacciatore ora sembrava voler prendere nuovamente le distanze. Probabilmente immaginava già cosa fosse accaduto mentre era stato assente. Sarah cercò di trovare le parole giuste per confessargli di sapere, ma di non volerlo condannare o giudicare. Risultò essere un compito difficile, aveva paura di ferirlo in qualche modo.
Proprio quando credette di aver raccolto il coraggio necessario, Diana si alzò e corse immediatamente incontro a Vash, per poi abbracciarlo energicamente e senza troppi scrupoli.
"Sei tornato, finalmente!" esplose lei di gioia.
Il cacciatore rimase troppo sconcertato dalla sua reazione per far finta di niente. L'esclamazione di Diana destò anche Ryan e Ander, che sbadigliarono pigramente.
"Non m'importa niente se sei un ex Guerriero Deathforce..." spiegò la ragazza mora: "Perciò non allontanarti più da me!"
Gli occhi di lui la fissavano con malcelata sorpresa e smarrimento. Era rimasto a bocca aperta.
Nonostante quell'esplicita manifestazione di affetto, Sarah apprezzò il gesto dell'amica. In fondo aveva il coraggio e la sfrontatezza che lei non riusciva a esprimere.
"Cosa significa?!" domandò il cacciatore, cadendo dalle nuvole.
"Mia sorella ha ragione..." aggiunse Ryan con un sorriso rassicurante: "Quello che conta non è ciò che eri, ma ciò che sei!"
Dopo essersi preso qualche istante di riflessione, Vash recuperò la sua proverbiale indifferenza.
"Non so cosa vi abbia detto Ander, ma adesso non ha importanza..." dichiarò con fermezza: "Dobbiamo sbrigarci a raggiungere Kidevik... e credo che sarebbe meglio se lì ci salutassimo tutti."
Gli altri quattro persero immediatamente il buon umore, per lasciare spazio a una preoccupata espressione interrogativa.
"D'ora in avanti per voi seguirmi potrebbe significare solamente nuove disgrazie e sempre maggiori pericoli." proseguì: "Io ho fatto per voi, tutto ciò che potevo... adesso non c'è più nulla che ci leghi assieme."
Il suo viso era estremamente serio e duro. Parlava con grande convinzione e persuasione. Le ragazze lo ossevavano frastornate.
"Stai scherzando, vero?!" rispose Diana per prima: "Non farmelo ripetere ancora... io non mi staccherò più da te!"
"Non ti libererai di me così facilmente!" scoppiò in una risata il cavaliere di Eyrie: "Ho i tuoi stessi nemici... sarebbe più saggio affrontarli assieme!"
"Hai fatto una promessa, ricordi?" disse invece Sarah con calma: "Hai giurato che mi avresti riaccompagnata a Greenville... e che sino ad allora mi avresti protetta."
Esaminandoli uno per volta, Vash lesse la determinazione e l'ostinatezza nei loro occhi. Ma non ne sembrava affatto compiaciuto. Le parole successive le pronuncio con qualche difficoltà.
"La questione è molto seria..." insistette lui: "Io stesso... rappresento un pericolo..."
Nelle menti dei tre compagni riapparvero d'un tratto le immagini del cacciatore durante lo scontro con il capitano feoriano a Yuwa. Per un momento si sentirono raggelare.

Kidevik era una tranquilla cittadina sorta sul mare. Era piccola e silenziosa, solo i pochi mercanti e marinai stranieri parevano ravvivarla. Le ragazze notarono subito che i cittadini originali si distinguevano per i tratti caratteristici, tra loro molto simili. Avevano tutti i capelli chiarissimi, biondi o persino bianchi, pure quelli che non sembravano affatto vecchi. E la loro pelle era quasi sempre candida come la neve. Erano persone particolarmente chiuse e composte, eppure a loro modo cordiali e ospitali.
Quando vi entrarono, Ander iniziò sin da subito a comportarsi nervosamente. Quel dì la sua lingua sembrava particolarmente tagliente e Sarah non riusciva a convincersi che fosse solamente incappato in una brutta giornata. Il cavaliere si guardava attorno con sguardo sveglio e prudente. Era come un pesce fuor d'acqua e osservava tutti i passanti biecamente, quasi con diffidenza e ostilità.
"Cosa ti prende?" gli chiese la ragazza gentilmente.
Lui scosse la testa con gesto di lasciar perdere, quindi richiamò l'attanzione di Vash.
"Andate pure avanti senza di me... Mi troverete in una taverna nella zona del porto." esclamò e si voltò verso Ryan: "Scusami... Ti auguro un buon viaggio di ritorno a casa. Pregherò per te e la tua gente, perché possiate liberarvi definitivamente dei feoriani. Addio."
Dopo avergli stretto la mano, Ander si allontanò con passo spedito. I compagni lo guardarono svanire lungo una via.
"Dev'essersi alzato con il piede sbagliato..." commentò Diana bonariamente.
"Non ha nulla a che vedere con questo..." spiegò però Vash.
"Che intendi dire?" domandò lei.
Il cacciatore sbuffò come per pentirsi di aver parlato troppo. Ma ormai lo aveva fatto.
"Ander detesta questa terra, odia il Regno di Northland..." continuò: "E' naturale che si comporti in questo modo, lo farà fintanto che ci rimarrà, perciò lasciatelo perdere."
"Ma per quale motivo... ?" provò a chiedere Sarah.
"Se non sbaglio, aveva detto di essere originario di Eyrie..." intervenne Ryan e il cacciatore annuì: "Allora posso capire..."
"Cosa?!" lo incalzò la sorella incuriosita: "Dillo anche a noi!"
"Beh, è rinomato che tra la gente di Northland e quella di Eyrie non corra buon sangue..."
"E perché mai?!" lo interrogò ancora lei.
"Maledizione, Diana! Da bambina avresti dovuto passare più tempo ad ascoltare i racconti dei marinai, invece di scorazzare sempre con la tua banda di monellacci!" la rimproverò Ryan: "E' iniziato tutto con la Guerra dell'Ordem. E' così che la chiamano qui... Una quindicina di anni fa' il Regno di Northland dichiarò guerra a Eyrie. Durò solo un anno e senza alcun successo, ma fu comunque particolamente intensa e sanguinosa... Ecco qual è il motivo."
Le ragazze ascoltarono riflettendo attentamente.
"Guerra dell'Ordem? Non ne ho mai sentito parlare..." disse tra sé Sarah.
"Si riferisce all'Ordine dei Cavalieri di Eyrie, di cui fa parte anche Ander." chiarì Vash: "Furono i veri protagonisti di quel conflitto..."
"Ma perché ancora tanta ostilità? Ormai dovrebbe essere acqua passata, no?" cercò appoggio Diana: "E poi Ander allora era sicuramente molto piccolo..."
Per una volta il cacciatore non si preoccupò troppo di tenere la lingua a freno.
"Il padre di Ander cadde durante lo scontro decisivo, nella Battaglia delle Paludi, quasi quindici anni fa..."
Quella rivelazione piombò sulle ragazze come un fulmine a ciel sereno. A entrambe ritornarono in mente le parole del cavaliere di Eyrie.
Sapete... non molto lontano da qui si trova mio padre... A dire il vero, vorrei tanto andare a trovarlo! Credo che ormai siano passati quindici anni...
Rivedendo l'espressione triste che Ander ebbe allora, quasi senza accorgersene, Sarah si commosse e si lasciò sfuggire una lacrima.

 
 
 
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Un blog di: Tyki_Mikk
Data di creazione: 15/04/2008
 

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