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Una notte insonne

Post n°8 pubblicato il 20 Aprile 2007 da tylerdurden_977
Foto di tylerdurden_977

Sono le quattro della mattina e non c’è verso di chiudere occhio... Continuo a rigirarmi nel letto cercando di togliermi di dosso l’ultimo sogno che ho fatto e che la vede come protagonista. Lei, sempre lei, a rincorrermi con il suo viso, con la sua presenza in ogni sogno... Lei che ritorna ogni notte, entra nella mia stanza a passo leggero e s’insinua nel mio letto, si avvicina come una gatta al mio fianco movendosi piano, sfiora il mio collo con le labbra, mi accarezza lenta... Si addentra nella mia anima, incontra i miei pensieri, li osserva prendendoli tra le mani e li ripone cauta come fossero bolle di vetro fragilissime... Non sorride mai...mi guarda con i suoi occhi neri e penetranti come se volesse studiare la mia anima. Ma quando la mia ansia diventa più forte abbassa lo sguardo ed appoggia la testa sul mio petto e si lascia abbracciare. Odio mi si scruti, mi si studi, ho impiegato troppo tempo a trincerare ciò che è mio per permettere a chiunque di impadronirsi di me, e lei lo sa... Ma il suo respiro mi rende quieto. Il cuore trova pace a tenerla stretta, ma dura poco, mi sfugge dalle braccia, e cammina quasi volasse nel mio studio, a sfiorare i miei libri, i miei fogli colmi di parole, e poi a osservarmi, zitta, silenziosa, senza dire una parola, quasi aspettasse fossi io ad infrangere il silenzio parlandole di me... Ma stanotte era diversa, è entrata nella mia camera con lo sguardo basso, al pavimento; si è seduta sul letto vicino le mie gambe e mi osservava, pareva più triste. Si è rialzata quasi subito ed è uscita, un ultimo sguardo prima di andarsene, oltre la porta, andarsene via. Ho cercato di fermarla, forse ho solo pensato di farlo perché sono solo rimasto in piedi ad osservarla dissolversi... Sono le quattro passate... mi alzo dal letto...accendo una sigaretta. Il mio telefono sul comodino tace. Lo guardo col desiderio di chiamarla e poi penso che lei starà dormendo tranquilla, tra le sue lenzuola di cotone fresco e i vecchi peluche, con il suo gatto acciambellato sul cuscino vicino, un libro e i suoi appunti abbandonati da un lato per l’ultimo esame. La vedo respirare con le labbra socchiuse e quel viso da bambina che non trucca mai, mi domando dove sia e se sappia che mi viene a trovare ogni notte. La sigaretta mi si consuma tra le mani e mi lascia insoddisfatto. Sotto la mia finestra la città dorme, ancora poche ore di silenzio prima del brulicare caotico della fretta... La rivedo. Stavolta sono sveglio eppure la mia mente la rivede, attraverso quel telefono che non squilla; la rivedo sul suo letto, con i capelli sciolti e gli occhiali abbandonati sul comodino... Vedo una mano che le accarezza il viso mentre lei chiude gli occhi e si abbandona a quella carezza come un felino che fusa... Sto sudando, ho stretto il pacchetto di sigarette tra le mani mandando in briciole le poche rimaste. Ho una morsa alla bocca dello stomaco, sento il dolore forte e lacerante all’idea che lei tocchi, ami... Prendo il telefono, faccio il suo numero e mi do dell’imbecille... Spengo prima di inviare la chiamata, apro un pacchetto nuovo, un’altra sigaretta. Le prime luci dell’alba oltre i vetri; quelli della nettezza urbana che fanno il loro lavoro sognando un caffè, i camion della stampa a fare le consegne del giorno... Tutto regolare, come ogni mattina, mi ritrovo qui a guardare questo mondo dall’alto, chiedendomi il perché di tante cose e a darmi sempre meno risposte... Sentire questa barba che cresce, e la mia solitudine costante. Il telefono è sempre lì, unico contatto ora silente che ho con lei. Faccio parte della sua vita, a volte ho pensato da sempre... Un amante, un amico sincero, anche un fratello qualche volta, ai margini del mio titanico desiderio di indipendenza... Un desiderio represso in un biglietto all'aeroporto, quando la guardai partire l’ultima volta, mi diede una foto con una frase nella sua calligrafia ordinata: “Ovunque sarai, sarò”. Chiusa nel mio cappotto nero la mia durezza, ho pensato forse per una attimo di dirle “Resta.” Ma c’era la mia vita da inseguire, un progetto da ultimare e troppe cose a creare confusione dentro di me. Non l’abbracciai nemmeno... Lei è partita, ma non ha mai infranto la promessa. Nonostante i miei tentativi di cancellare quella presenza troppo ingombrante. La mia freddezza ad allontanarla, talvolta ferirla volutamente... Per difendermi forse, e per difenderla, anche da me... Ma adesso sono qui, a lottare con il mio desiderio di sentire la sua voce, la voglia di dirle “sono un gran casino, non mi capirai mai, vivere con me non è facile, tutto potrebbe fallire, da un momento all’altro ed io mi potrei odiare per averti coinvolta in questa storia. Ma se c’è qualcuno che può tirarmi fuori da questa notte angosciosa che mi pesa sull’anima, questa sei tu.” Mi ritrovo a socchiudere gli occhi... tiro un respiro profondo... Le cinque e mezzo, ritorno al letto o per lo meno ci provo, ho il libro vicino...lo sfoglio distratto... Fisso il muro di fronte a me, rivedo il suo viso. Sento il suo profumo. Ritorna anche l’immagine, il pensiero che non sia più sola, la fitta sorda alla bocca dello stomaco. Mi riscopro geloso senza diritto. Non ci avevo mai pensato prima. Capitava che la chiamassi, a qualsiasi ora senza chiedermi se potessi invadere lo spazio di qualcun altro. Questa notte però l’incubo mi ha svegliato, la sensazione d’averla persa mi gela i pensieri. Ma in fondo, mi dico, è meglio così, lascio che anche questo pensiero prenda il treno e se ne vada lontano da me. Meno complicazioni per tutti, e forse più serenità per lei, a non dover lottare contro la mia ostile malinconia... “Meglio così” mi ripeto... Tanto il cuore cucito da tempo, non sanguina nemmeno più... “Sopravviverò.” Sussurro ancora, chiudo gli occhi e cerco di riposare, tra qualche ora ho lezione. Un tintinnio improvviso, per un istante mi ricorda la sua cavigliera quando l’estate scorsa mi camminava vicino, a Parigi, prima di andare via: è solo il cellulare che si accende: un messaggio. “Tock-tock! Ci sei? Dai svegliati, voglio parlare con te. Barcellona stanotte è troppo grande per lasciarmi sola. Dai svegliati!“ Ripiomba la sua presenza nella mia stanza, questa volta reale e concreta, attraverso le sue parole, mi sembra quasi di leggere un cenno di sorriso; compongo il suo numero e conto gli squilli, prima di sentire la voce. Ancora una volta, nonostante tutto, nonostante me, non ha tradito la promessa. Ancora una volta so che non le dirò nulla. Oltre la finestra, la città si risveglia lenta e uggiosa, la lieve pioggia che riga i vetri accompagna i nostri discorsi, e trascina lontano anche gli ultimi pensieri di questa notte sin troppo lunga...

 
 
 
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Un blog di: tylerdurden_977
Data di creazione: 07/02/2007
 

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