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Metamorfosi

Post n°10 pubblicato il 17 Maggio 2007 da tylerdurden_977

Non ero che un semplice foglio di carta bianco quando lui mi strappò dal suo notes preferito, quello che sulla copertina ritraeva lo skyliner di New York prima di quel maledetto 11 settembre. Ero un normalissimo, banale, comune foglio per appunti... Fu lui a darmi una svolta, un senso alla mia esistenza.
Quella sera si sedette di fronte a me e mi fissò per diversi minuti, con il cappuccio della stilografica appoggiata alle sue labbra...
Aspettava l’ispirazione o forse che i suoi pensieri prendessero un ordine coerente, tanto da poter finire nero su bianco...
Iniziò a scrivere, cavalcando l’onda di un’emozione, forse di un desiderio intenso…
All’inizio la punta della penna mi solleticava, poi, come spazzato da un vento di maestrale, ho sentito qualcosa cambiare dentro di me…
stavo snaturandomi, non ero più un banale foglio bianco su cui chiunque poteva scarabocchiare qualcosa;
stavo diventando un messaggio, o forse qualcosa di più…
Quelle parole parlavano d’amore e di desiderio…
Racchiuse un sogno e una carezza in un nome sottolineato.
Parlava ad una ragazza, di speranza e di una profonda voglia di felicità: “avrei voglia di starti vicino; avrei voglia di osservarti dormire e sentire il tuo respiro; avrei voglia di tenerti la mano ogni volta che un vento troppo forte ti farà camminare incerta…
eppure sei così distante...
Mi tengo ai margini della tua esistenza per non creare troppo rumore nella tua vita, quando invece vorrei poterti raggiungere e gridare in faccia al mondo quello che ancora provo…
Tu in me ci sei sempre, sei in tutto ciò che faccio. Ti rincorro con il pensiero e a volte mi sembra di parlarti come se fossi qui. Non hai idea delle volte che guardo il telefono e vorrei chiamarti. Compongo il tuo numero ma poi riaggancio. Non ho il diritto di cercarti, non credo di avere nemmeno il diritto di amarti ma non riesco a farne a meno…
E’ come se il pensiero di te riempisse la mia vita rendendola ogni volta degna d’essere vissuta.
E mi nutro dei tuoi pensieri, dei tuoi ideali. Vorrei lenire il tuo dolore e curare le tue ferite. Prendermi cura di te perché sei speciale.
Mi ricordo ancora il tuo abbraccio, quando mi tenevi stretto e sentivo il tuo profumo accarezzarmi la pelle.
Tu non sai quanto mi manchi… la forza che mi davi...
Perdonami l’intrusione, forse ho già detto troppo e non voglio che tu pensi che a me come ad un ragazzo patetico e stupido!
Molto probabilmente tu sei felice così come stai, con la tua vita, il tuo lavoro. Mi basta così, che tu stia bene con te stessa. Anche se osservarti da lontano è come strapparmi un pezzo di anima e gettarla in fondo al cassetto a far polvere. Sei il mio ricordo, il mio rimpianto più prezioso.”
Quelle parole rimasero scolpite dentro di me con forza, sentivo le mie fibre assorbire l’essenza di quei pensieri, come un investitura.
Ero l’ultimo appiglio, solo una missione da compiere, lui mi chiedeva di rapire, strappare e fissare le sue emozioni e di raccontarle alla sua lei…
Ed io non l’avrei deluso.
Il giorno dopo fui spedito…
Lui mi piegò, dandomi un bacio leggero e mi mise dentro una busta. Avrei affrontato il mio viaggio e portato a termine la mia missione…
La aspettai per un giorno intero in silenzio, all’interno della cassetta della posta. Faceva freddo ma io ero lì…trepidante nell’attesa di compiere il mio dovere. Mantener fede alla promessa…
Era già notte quando mi sentii afferrare dalle sue mani. Osservò la busta e iniziò ad aprirla che era ancora sulle scale. Mi sentivo pronto, avrei fatto del mio meglio, anche se non c’era troppa luce, anche se continuava a sballottarmi a destra e a sinistra, tra le chiavi e i giornali del giorno prima.
Avrei consegnato il messaggio e le avrei trasmesso tutta la passione che lui mi aveva confidato...
Ad ogni scalino lanciavo una freccia alla sua attenzione, nella speranza di colpirla. Gli avrei raccontato di quanto le voleva bene, avrei cercato di farle capire che in quel momento lui mi stava invidiando perché io stavo tra le sue mani e mi scaldava, come accadde quella notte, vicino al Nettuno, in cui per la prima volta i loro sguardi si incrociarono, in cui le loro labbra si sfiorarono…
Mi lesse una volta sola…
Mi lasciò sopra la scrivania di uno studio, di una Barcellona addormentata e umida. Il suo comportamento mi lasciò perplesso e in parte insoddisfatto, non era questa la reazione che mi aspettavo.
Credevo di aver più tempo, qualche manciata di minuti in più per cercare di parlarle, farle capire e invece...
Qualche ora più tardi, era quasi l’alba, vidi la luce accendersi e sentii ancora le sue mani candide su di me...
Ci riprovai, questa volta con più forza e forse un po’ più malinconia, rimastami dentro da prima. Le parlai piano, mi avvicinai forse al suo cuore più di quanto nessun stupido foglio di carta prima potesse aver fatto. Sentivo che ero in grado di dipingere nella sua mente, le stesse sensazioni che io stesso avevo visto e sentito; riuscii a fargli sentire il profumo della pelle di lui…un’ essenza di vita bruciata forse troppo in fretta ma che sapeva di mare… che non abbandona mai…
Non ne sono sicuro ma credo fosse un leggero brivido quello che percepii nella sua anima. Credo che lo sentisse, adesso sì, riuscisse a percepire la presenza di lui nella stanza.
Poi un gesto, di stizza, di orgoglio ferito, di paura…
Sentii un’ondata gelida pervadermi tutto il corpo, come una ferita profonda, troppo per lasciarmi qualche speranza. Le forze a poco a poco mi abbandonarono come del resto le mie intenzioni…
“Vai a prendere una spugna svelta…non puoi farmi questo…”
Ma ben presto capii di essere un povero illuso…quando mai un foglio di carta è stato veramente padrone della propria esistenza…
Non sarebbe servito a nulla il mio ultimo appello…lei aveva già deciso…
un intenso odore di smalto impregnò l’aria…
lei aveva già deciso…le parole di lui dovevano scomparire…in un modo o nell’altro…
mentre rovesciava quella boccetta su di me, lasciò andare una lacrima che risuonava come un addio…
Mi ritrovai a vivere un’altra metamorfosi: la mia investitura era stata revocata, lei mi guardò, forse con un po’ di pena negli occhi, mi osservò perire fino a quando anche l’ultima parola abbandonò la propria forma e il ricordo di lui cancellato.
Per un momento mi parve di ricevere una carezza.
L’ultima prima di essere appallottolato e gettato nel cestino sotto la scrivania.

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Commenti al Post:
soltanto_giulia
soltanto_giulia il 22/05/07 alle 01:03 via WEB
Far vivere, di vita propria, un semplice foglio carta, affinchè nasca in lui il desiderio di essere portatore di emozioni e passioni. Non avevo mai pensato a lui sotto questa angolatura e mi ha piacevolmente sorpreso. La fine beh....era inevitabile anche se, forse, potrebbe esserci un ripensamento e una mano andrà a ripescarlo da quel cestino. In fin dei conti la speranza è sempre l'ultima a morire. Ti auguro una serena notte :-)
 
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Un blog di: tylerdurden_977
Data di creazione: 07/02/2007
 

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