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E Bertinotti se ne accorge dopo un anno?

Post n°40 pubblicato il 01 Agosto 2006 da ucciapertutti
Foto di ucciapertutti

Caso Aldrovandi, la madre: "Abbiamo battuto il silenzio" di Alessio Sgherza

Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, prende posizione sulla vicenda Aldrovandi, il diciottenne morto a Ferrara, lo scorso anno, dopo essere stato fermato dalla polizia: "Quando c'è una condizione di dolore e un'invocazione così forte di verità, essa va ascoltata".

Bertinotti ha ricevuto ieri nel suo ufficio la famiglia Aldrovandi, che oggi ha avuto un colloquio anche con il sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi. "Ora - dice la madre di Federico, Patrizia Moretti - possiamo dire che questa storia non può più cadere nel silenzio, dove rischiava di finire all'inizio".

Signora Moretti, ieri siete stati ricevuti dal presidente della Camera, Fausto Bertinotti, oggi dal sottosegretario alla giustizia, Luigi Manconi...

Sia Bertinotti che Manconi conoscevano già la storia, credo che abbiano risposto alle mie richieste proprio perché volevano saperne di più. Entrambi erano molto interessati, noi gli abbiamo raccontato, abbiamo portato documenti, fotografie. Gli abbiamo fatto vedere quello che era successo. Bertinotti sembrava commosso: era sinceramente coinvolto. Durante l’incontro ha anche parlato direttamente a mio figlio Stefano: “Voglio dirti che c’è tanta gente che lavora per la giustizia”. Poi ho sentito quello che diceva ai giornalisti all’uscita: nessuna interferenza con la magistratura, ma non si può non rispondere alla domanda di verità di una famiglia.

E l’incontro con Manconi?

Questa mattina l’incontro è stato più tecnico, ma credo che quello che ci siamo detti debba rimanere riservato. In ogni caso Manconi mi ha garantito che seguiranno attentamente la vicenda.

Lei è oltre un anno che lotta per non far dimenticare questa storia. Sa già quali saranno i prossimi passi?

Ora possiamo dire che questa vicenda non può più cadere nel silenzio, come qualcuno, all’inizio, voleva che finisse. E questo è già un grande successo, un grande atto di giustizia. Speriamo che ora tutti quanti facciano il loro dovere, che le perizie vengano fatte correttamente. Quello che è successo è talmente assurdo che non si può tacere. La gente deve sapere, così che si possa fare delle domande. Ma io ovviamente lo devo soprattutto a Federico.

Nell’incidente probatorio si sta chiarendo quello che è successo…

La testimonianza raccolta io la giudico assolutamente schiacciante, ma ci da un’idea solo degli ultimi 10-15 minuti. Quello che non sappiamo è il perché: perché l’hanno picchiato, perché non l’hanno solo bloccato? Anche loro hanno ammesso che non era in corso nessun fermo. Poi c’è la perizia del giudice, e non è vero che ci dà torto. Chi lo dice dovrebbe andarsela a leggere: dovrei trovare il modo di pubblicarla.

Le perizie non si contraddicono affatto. La prima enfatizzava molto il ruolo della sostanza presente nel corpo, sottolineando che provocava un gran bisogno di ossigeno. Ma la carenza di aria, le difficoltà a respirare non erano dovute anche alla colluttazione? Alla paura? Federico era ferito alla testa, aveva lo scroto schiacciato, lo hanno tenuto bloccato a terra, per picchiarlo avevano rotto due manganelli. Non meritava questo neanche se avesse avuto un bazooka in un asilo. Quello che non sappiamo è il perché di tanta violenza…

Quando pensa si potrà scrivere la parola “fine” per questa storia?

Io spero presto, ma non lo so. La situazione per noi è davvero pesante. Sicuramente fino alla conclusione dell’incidente probatorio: solo allora il giudice potrà decidere sui rinvii a giudizio. Ma io credo che sarà difficile che non ci si arrivi. Poi non so quando potrebbe durare un processo, se ci sarà, ma spero che tutto finisca il prima possibile.

In molti – anche le autorità - hanno detto che si deve fare chiarezza: per la giustizia stessa, per l’opinione pubblica, ma anche per noi, come famiglia. E’ molto difficile metabolizzare tutto quello che una tragedia del genere comporta, senza poter avere la serenità personale per farlo.

Ha paura che il silenzio l’abbia vinta, che di questa storia non si parli più?

Penso proprio di no, che non succederà. La società civile e le persone che stanno attente a quello che succede nel mondo questa storia la conoscono e si pongono delle domande. Che cada nel silenzio è possibile, ma non lo credo. Sì, io voglio che chi ha sbagliato paghi, sia per le responsabilità dirette sia per aver cercato di mettere tutto a tacere. Ma c’è anche un’altra forma di giustizia, quella di far conoscere questa vicenda, che tutti sappiano e tutti si chiedano com’è possibile.

Quanto è difficile combattere per fare sapere quello che è successo e quello che sta succedendo?

All’inizio era durissima, ma ora c’è come un effetto domino. Certo, c’è sempre qualcuno che non vuole sapere, che dice: “Quello che succede agli altri a me non può capitare”. Ma la maggior parte delle persone è interessata davvero a quello che succede nel sue paese. Un ruolo fondamentale l’ha fatto internet, solo poi sono arrivati i giornali locali. Tutto è partito dal blog, internet ci ha dato la possibilità di comunicare.

Quello che ci interessava era raccontare quello che è successo, perché una cosa del genere non dovrebbe mai capitare. Ne ho sentite altre di storie così, magari meno gravi, ma bisogna farlo sapere, dirlo così che la gente possa porsi delle questioni e soprattutto ci sia giustizia. Mi interessa per me, per Federico, ma il motore che mi spinge a dire e a fare tutto questo è l’altro mio figlio, Stefano, che mentre parlo è seduto qui accanto a me.

 
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