TORINO. Da qui alla fine del campionato Didier
Deschamps potrà lavorare serenamente e portare a termine la missione aziendale che gli è stata affidata l’estate scorsa dal nuovo
management: riconsegnare la Juventus subito alla serie A. Poi, una volta raggiunto questo obiettivo, i dirigenti del club prenderanno in considerazione il futuro, cioè l’assetto della squadra per la stagione del riscatto e dell’aggancio alla Champions League, che porta in dote gloria e denari. Tanti denari. Il primo a rendersene conto è proprio il diretto interessato che, nonostante si picchi di non leggere i giornali e di prestare poca attenzione alle tv, non vive sotto una campana di vetro. Sa di essere un osservato speciale e di coesistere con il fantasma di Marcello Lippi, il suo maestro. Ieri Deschamps ha ricevuto il sestegno dello spogliatoio, benissimo, ma il consolidamento della sua posizione sbriciola qualsiasi alibi sulle prestazioni che non soddisfano e sulla frenatona dell’ultimo mese: messo nella condizione per esprimersi e per esprimere le potenzialità del gruppo, di gran lunga il più competitivo, il tecnico francese è quasi obbligato a vincere e a convincere. Sempre lo spogliatoio, attraverso David Trezeguet, megafono collettivo per un giorno, ha raccontantato di non essere spaccato, di non avere all’interno teste calde e contestatori, bensì di puntare coeso verso un’unica direzione. Naturalmente assieme all’allenatore. Una presa di posizione - nell’ordine - scontata, doverosa e utile: non ci fosse stata sarebbe scoppiato il finimondo.
Conviene andare oltre e non fermarsi alle parole ancorché importanti e pesantissime. Deschamps è stato encomiabile nel tenere unita la Juventus tra luglio, agosto e settembre, in pieno marasma di Calciopoli, e ha dimostrato una discreta abilità nel lanciarla subito all’inseguimento della vetta della classifica, ma è fuori discussione che una volta raggiunto il vertice si sia un po’ afflosciato. E, con lui, la squadra, vittima del mal di trasferta e - per la verità - del mal di infermeria. Una flessione che ha cominciato a preoccupare i dirigenti e che ha aperto contemporaneamente un tavolo di riflessione per il futuro. Sostenere che Didì sia già stato bocciato è una menzogna, dire che la società stia valutando il modo in cui affronta il girone di ritorno a livello di gestione umana, tecnica e tattica dell’organico invece è la pura verità. E si tratta di un’accortezza che rientra nei diritti di chi deve poi rendere conto al padrone. Non tutti, ad esempio, condividono l’emarginazione “ a prescindere” di Valeri
Bojinov, che avrà pure difficoltà a frenare la lingua però rimane una risorsa dei bianconeri; molti gli imputano uno scarso ascendente sui giocatori, perché se da un lato non è necessario essere dittatoriale come Capello dall’altro è indispensabile spogliarsi della veste di ex giocatore: ci sono situazioni in cui è doveroso usare il pugno duro e non guardare in faccia nessuno, neppure i ricordi; non tutti sono d’accordo sulla lettura che fa delle partite: dall’esordio a Rimini fino al pareggio di Vicenza, troppe scelte a gara in corso hanno sollevato perplessità e c’è il sospetto che qualcuno gli suggerisca consigli sbagliati.
Ecco la ragione per la quale Lippi è qualcosa più di un’ipotesi. L’ex ct della Nazionale fino a prova contraria è il più bravo del mondo, ha totale possesso dell’ambiente, conosce la maggior parte dei giocatori, è un allenatore di cervelli, gode dell’amore incondizionato dei tifosi, stimola sentimenti di riscatto solo a nominarlo, è pronto a rituffarsi nella mischia dopo una stagione di vacanza per disintossicarsi dallo stress del Mondiale. A primavera deciderà dove prendere domicilio, intanto si guarda intorno: Silvio Berlusconi lo considera l’erede di Carlo Ancelotti, se e quando il tecnico di Reggiolo cambierà aria, dall’estero giungono proposte anche suggestive, però la Juventus rimane la Juventus. Il secondo ritorno lo consegnerebbe a una dimensione sacrale e il fatto di poter rivincere in bianconero senza l’ombrello protettivo della Triade rappresenta uno stimolo professionale straordinario persino per chi ha fatto razzìa di successi. Chi ha minima confidenza con Lippi sa che non interferirà nell’attività di un collega, meno che mai di Deschamps, con il quale ha condiviso momenti indimenticabili: per questo non uscirà allo scoperto prima del tempo, né se dovesse firmare per la Juventus, né per un’altra società. Resterà a Viareggio, si lascerà cullare dalle onde del suo mare, consumerà il telecomando. Aspettando una telefonata: prefisso 011...