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A Bruxelles per lo scudetto

Post n°54 pubblicato il 14 Febbraio 2007 da ultraphoto

TORINO. Lo scudetto dell’Inter come Bosman, punto di par­tenza di una rivoluzione del cal­cio scaturita da una sentenza della Corte Europea. L’idea è de­gli Amici della Juventus di Pao­lo
Bertinetti,
l’associazione na­ta quest’estate, che raccoglie in­tellettuali, vip e molti esponen­ti del mondo accademico e che ha intenzione di dare battaglia fino alla fine per vedere resti­tuito il tricolore della discordia, ovvero quello tolto alla Juve e assegnato all’Inter nel corso del­la terribile estate del calcio ita­liano.
All’attacco dello scudetto di

Moratti
va, quindi, una truppa che va dall’economista Nerio
Nesi
al violinista Salvatore Ac­cardo,
dall’avvocato Andrea

Galasso
al giornalista Piero
Ostellino,
tanto per citare al­cuni dei più celebri soci onorari dell’associazione, che ieri si è presentata ufficialmente, con il presentatore Massimo Giletti a condurre la conferenza.
Amore per la Juve e per la Giustizia, discorsi seri e aned­doti di innamoramenti profondi nei confronti della Signora, co­me quello narrato da Nesi: «Avevo appena assistito a un trionfale concerto di Accardo ed ero andato nel suo camerino per complimentarmi. Non ho fatto
in tempo ad aprire bocca, che lui, appena sceso dal palco, m’è venuto incontro domandando­mi: e allora? Cosa mi dici di que­sto
Ibrahimovic?
Il pubblico stava ancora applaudendo, lui pensava già alla Juve».
E la passione di questi insi­gni tifosi non consente loro di assistere passivi a quella che viene definita da Galasso «la più grande ingiustizia della sto­ria ». Ecco quindi il piano per
portare fino al più alto grado di giudizio il nodo cruciale dello scudetto scucito da Guido Ros­si.

Spiega Bertinetti: «In questo momento ci sono due ricorsi al Tar, portati avanti da due altre associazioni, l’Ego
di Napoli e
Giù le Mani dalla Juve,
qualora queste iniziative non dessero i risultati sperati, gli interessati potrebbero avvalersi di un ulte­riore grado di giudizio, quindi la Corte Europea in termini di giu­stizia ordinaria, il tribunale del Cio (ovvero il Tas di Losanna) per quanto riguarda la giustizia sportiva. A quel punto noi sare­mo pronti a dare tutto il nostro appoggio giuridico alle due as­sociazioni, mettendo a disposi­zione uno studio legale, per por­tare avanti questa battaglia».
D’altronde un eventuale pro­nunciamento della Corte Euro­pea o del Tas dovrebbe essere accolto dalla Figc, come a suo
tempo la sentenza Bosman di­ventò un obbligo per tutte le Fe­derazioni europee.
Gli Amici della Juventus, in­somma, non scherzano. Anzi, sì. Perché sullo scudetto
scippato,
loro provano anche a riderci su e hanno istituito un concorso per la migliore barzelletta su Guido Rossi, l’ex commissario della Figc e in quanto tale, tito­lare del tavolino sul quale è sta­to assegnato lo scudetto all’In­ter
in estate. Mille euro (garan­titi da un socio che ha voluto mantenere l’anonimato) di pre­mio, vinto dalla seguente battu­ta, che nella barzelletta viene pronunciata dallo stesso Rossi: «Massimo, che dici, se ne accor­ge la Juventus se gli rubiamo uno scudetto? Ne hanno così tanti...».
I mille euro, però, potrebbero non essere mai intascati dal vincitore: la proposta dei soci onorari è infatti di devolvere in beneficenza la somma: «Il no­stro concorso è partito un paio di mesi fa ed è terminato in un momento particolare, in cui for­se ridere non è opportuno. Per questo vorremmo mettere quei
soldi a disposizione della Que­stura di Catania, affinché venga pagata l’iscrizione all’Univer­sità del più meritevole dei figli degli agenti semplici. Un modo per ricordarci di quello che è ac­caduto la scorsa settimana».
Corte Europea, borse di stu­dio, ma anche calciomercato, perché alla fine sempre di tifosi si tratta. E così l’ultima battuta è di Giletti: «Chissà se ci saran­no abbastanza soldi per una grande campagna acquisti. Se no, non ci resta che sperare in un mio contratto con Mediaset. Se mi danno quanto all’interi­sta

Bonolis
posso contribuire al ri-acquisto di Ibrahimovic». Alessio Secco prenda nota del-l­’offerta.

 
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Dechamps e lo spogliatoio

Post n°53 pubblicato il 14 Febbraio 2007 da ultraphoto

VINOVO. Didier Deschamps è adirato, usa parole forti anche in tv dopo averlo fat­to davanti alla squadra, tra quattro mura. Per spiegare che è infuriato, sceglie l’ag­gettivo, anzi la parolaccia, che da francese italianizzato, sa quanto possa rendere be­ne l’idea. «Sono inc... ». Eppure ha il pregio di non perdere mai il controllo. Qualcosa di assolutamente straordinario per un alle­natore. Non smarrisce la freddezza, De­schamps, neppure quando deve commen­tare, davanti alle telecamere di Juve Chan­nel,
l’inaspettata cassa di risonanza che ha evidenziato il faccia a faccia nello spoglia­toio di lunedì scorso. Resta relativamente sereno, senza però nascondere un chiaro ri­sentimento: «Non mi piace che escano cer­te frasi, non ha senso riportarle sui gior­nali, trasmettere all’esterno la vita del gruppo. Negli spogliatoi si può dire di tut­to e non dovrebbero davvero uscire certe
frasi...». Freddo ma decisamente piccato. Qualcuno non rispetta la consegna del si­lenzio, qualcosa non funziona come do­vrebbe negli equilibri interni della squa­dra. Un altro allenatore al posto suo, uno a caso tra i predecessori o quelli che potreb­bero essere i successori, avrebbe reagito con molto, molto meno aplomb.

Perché il momento di Deschamps è deci­samente scomodo. E avrebbe offerto suo malgrado l’immagine di un tecnico che ini­zia a soffrire di solitudine se non fosse per un tempestivo intervento dell’ad Jean Claud
Blanc, ieri sera su Sky. Tempestivo, anche se forse lo sarebbe stato ancor di più qualche giorno fa. L’opera di stimolo eser­citata da «alcuni quotidiani» ha infine pro­vocato qualche effetto. «Da parte nostra c’è massima fiducia nei confronti dell’allena­tore che sta svolgendo un ottimo lavoro. Ha gestito bene il gruppo nonostante gli infor­tuni, anche se non ha mai potuto schierare la stessa difesa... Grande fiducia a Didier che ha guidato ottimamente la squadra nella prima parte della stagione, fiducia anche per l’esito finale e per il futuro, che sarà ancora con questo allenatore come del resto prevede il suo contratto. Deschamps fa parte totalmente del progetto che è sta­to presentato al Consiglio di Amministra­zione ». Così Blanc rimette in ordine la si­tuazione.
Sono le parole che Deschamps attende­va. Il disagio resta comunque evidente. Non ha fatto in tempo a confutare ( con l’aiuto di
Trezeguet) le voci che dipingono uno spogliatoio lacerato, che subito si è vi­sto costretto a prendere nota degli spifferi che dallo stesso spogliatoio soffiano verso l’esterno. E dire che l’insofferenza dell’alle­natore era addirittura precedente a questi ultimi sviluppi. Era direttamente collegata alla prestazione allegra dei bianconeri a Vi­cenza.
«Possiamo fare meglio di così. Sono ancora inc... per quello è successo sabato scorso. Ma ora c’è da pensare alla prossima partita, contro il Crotone, e a non commet­tere gli stessi errori di Vicenza». Dove la Juve cadetta ha vissuto una giornata esem­plare in negativo. «Dà fastidio buttare via due punti. Abbiamo tenuto l’atteggiamen­to giusto per un’ora, poi abbiamo mollato. Al primo gol del Vicenza sembrava ci fosse crollato il mondo addosso. Dobbiamo im­parare a non permettere agli avversari di rientrare in partita grazie ai nostri errori». Probabilmente Deschamps aveva previ­sto che proprio in questa fase della stagio­ne sarebbero emersi problemi sul piano psicologico. «Ma non si è trattato di pre­sunzione. Siamo calati psicologicamente, il calo è stato anche fisico. Tutto questo men­tre gli avversari prendevano fiducia. Biso­gna lavorare su questi aspetti, correggere queste imperfezioni sarà importante». La­vorare, lavorare e lavorare, come già aveva detto Blanc.
Viene il dubbio che alla Juve, in questo momento, manchi soprattutto un giocatore di personalità a centrocampo. Uno alla De­schamps, in poche parole. «Ma io sabato in panchina mi sono inc... esattamente come mi sarei inc... in campo. La partita la gio­cano i ragazzi, io cerco di prepararli a tut­te le situazioni che si possono incontrare nel corso dei novanta minuti. Ma non sem­pre è sufficiente». Non può bastare, specie se il rendimento della squadra non è co­stante nel corso di una partita. «Non riu­sciamo a restare aggressivi per tutti i no­vanta minuti. Così rischiamo ogni volta di buttare via il risultato». E che in questo modo la Juve rischi addirittura di non ri­salire in serie A, Deschamps lo aveva già detto all’interno dello spogliatoio. Tra spif­feri e venti di tempesta.

 
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Stadio: primi passi

Post n°52 pubblicato il 14 Febbraio 2007 da ultraphoto

TORINO. Adesso la palla passa all’Uefa. Perché, dopo aver in­cassato il sì del Comune di Tori­no e la doppia garanzia da parte del Governo e della Federcalcio nell’arco di ventiquattr’ore, alla Juventus non resta che attende­re il 18 aprile la decisione del massimo organo calcistico euro­peo di assegnare gli Europei 2012 all’Italia per trasformare la vittoria per il nuovo Delle Alpi in un vero e proprio trionfo. Il club non può che essere soddisfatto perché già sono andate in porto due delle tre condizioni che ha posto per partire con il rifaci­mento dello stadio: all’ok della città alla variante del piano re­golatore, ha fatto subito seguito l’impegno da parte dei ministeri competenti, attraverso il proto­collo d’intesa firmato con la Fe­dercalcio, di garantire agevola­zioni finanziarie a tasso zero, o comunque vicinissimo allo zero, sugli interessi maturati dal pre­stito di 120 milioni di euro, tan­to è il costo dell’opera.
Un punto focale perché l’am­ministratore delegato Jean­ Claude Blanc aveva più volte ribadito che l’aiuto del Governo è basilare per il progetto stadio. Non a caso ieri mattina il Con­siglio di amministrazione della Juventus è stato in costante con­tatto con Roma in attesa di noti­zie confortanti dalla riunione a Palazzo Chigi. Al termine del­l’incontro, il sottosegretario allo Sport Giovanni Lolli ha imme­diatamente telefonato al presi­dente Giovanni Cobolli Gigli
per rassicurarlo dell’esito positi­vo del confronto. Nella sede del­la Juventus è arrivata poi una seconda telefonata, altrettanto fondamentale: il commissario Luca
Pancalli ha chiamato
Blanc
per illustrargli il «piano Marshall» della Federcalcio su­gli stadi. Un’iniziativa rivoluzio­naria che fa della Juventus la società pilota nell’ottica di avere sempre più stadi di proprietà dei club. In pratica, i debiti che la so­cietà si accolla per costruire il nuovo impianto non saranno conteggiati nei parametri per l’i­scrizione al campionato: per co­struire lo stadio, non sarà dun­que necessario vendere David
Trezeguet.

Le garanzie romane hanno permesso alla Juventus di rom­pere definitivamente gli indugi: il Consiglio di Amministrazione bianconero ha così dato manda­to all’amministratore delegato di sottoscrivere gli impegni ne­cessari per completare la docu­mentazione a supporto della candidatura italiana. «E’ un pas­so avanti per la costruzione del­la Juventus del futuro - ha sot­tolineato Blanc -, anche se solo il 18 aprile potremo avere la cer­tezza che il nostro progetto pos­sa prendere forma. Oggi non possiamo che esprimere il nostro apprezzamento per lo spirito di collaborazione della Città di To­rino, che ha approvato in tempi straordinariamente rapidi il nuovo progetto di stadio e il pro­tocollo d’intesa, e per l’approccio costruttivo di Figc e del Gover­no, che hanno compreso gli sfor­zi della società, apprezzando il nostro modo di interpretare il calcio». Stamattina il dossier della Juventus arriverà in Fe­dercalcio: un’impresa al fotofini­sh perché è l’ultimo incarta­mento mancante (le altre sette città candidate hanno già conse­gnato i loro impegni) per com­pletare la documentazione da presentare domani all’Uefa.
Terminata la questione sta­dio, e in attesa del 18 aprile, la Juventus si concentra adesso sul piano di sviluppo a medio ter­mine, meglio conosciuto come piano industriale. I consiglieri di amministrazione hanno avuto gli incartamenti nello scorso CdA e sono chiamati ad analiz­zare le strategie e i numeri. An­che nell’incontro di ieri i diri­genti hanno continuato a lavo­rarci, come spiega il direttore fi­nanziario Michele
Bergero: «Essendo un piano di cinque an­ni gli scenari possibili sono lega­ti a molte variabili. La prospet­tiva cambia, per esempio, se si costruisce o meno lo stadio. Oc­corre perciò ponderare bene ogni scelta, a seconda anche delle ri­sorse a disposizione, come i di­ritti televisivi, e della stessa ca­tegoria di appartenenza. E’ chia­ro che l’obiettivo del manage­ment è quello di riportare la Ju­ventus a livelli di grande com­petitività. Gli investimenti sulla squadra restano la priorità». E proprio in nome dei rinforzi per affrontare, nella prossima sta­gione, il ritorno in serie A, il pia­no di sviluppo dovrebbe essere approvato entro la fine di marzo e non aspettare metà aprile per sapere la scelta dell’Uefa. «Lo stadio incide sugli anni più lon­tani del piano quinquennale, adesso c’è urgenza perché si sap­pia quanto prima l’ammontare delle risorse destinate alla cam­pagna acquisti» ammette Ber­gero.
Cifre ufficiali non ce ne so­no ancora, ma indiscrezioni par­lano di 35 milioni a disposizione degli uomini mercato per co­struire una squadra forte. L’ok al piano deve però arrivare dal-l­’Ifil, la società finanziaria della famiglia Agnelli che detiene il 60 per cento del capitale Juven­tus e che ieri ha vissuto uno dei momenti più difficili della sua storia. La Consob ha infatti so­speso per sei mesi il presidente Gianluigi Gabetti e per quattro Franzo Grande Stevens dagli incarichi nei CdA delle società quotate in Borsa e inflitto san­zioni per 16 milioni di euro ai vertici di Ifil e della Giovanni Agnelli & C. in relazione alla vi­cenda dell’equity swap su azioni Fiat, un’operazione finanziaria di due anni fa che consentì alla famiglia Agnelli di mantenere il ruolo di azionista di riferimento del Lingotto, nel momento in cui le banche si trovarono a posse­derne il 28 per cento.

 
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Tudor-Juve:divorzio!

Post n°51 pubblicato il 13 Febbraio 2007 da ultraphoto

TORINO. Un divorzio. Un brutto divor­zio. Da qualunque lato lo si guardi, quel­lo tra la Juventus e Igor Tudor è un di­vorzio che non può essere considerato in­dolore. La società bianconera informa che il 7 febbraio 2007 ha presentato ricorso, ai sensi dell’articolo 15 dell’accordo colletti­vo tra calciatori professionisti e società sportive, al Collegio arbitrale della Lega nazionale professionisti, richiedendo la ri­soluzione del contratto con il calciatore, o, in subordine, la riduzione alla metà del suo compenso, fino alla scadenza del con­tratto di prestazione sportiva (30 giugno 2007). Nell’attesa del responso, il club. Già si ritiene svincolato, il giocatore. Che difatti se n’è andato a Monaco di Baviera per farsi curare dal luminare del Bayern, su consiglio di Robert Kovac. Insomma, divergenze sulla rieducazione, dopo l’ope­razione alla caviglia in agosto e il lungo calvario, compreso un soggiorno in Bel­gio. Saltato il trasferimento all’Hajduk, Tudor ha cercato altre vie per provare a tornare a giocare, ben sapendo che il con­tratto era in scadenza. Così, ad un certo punto, ha rotto gli indugi; ha deciso di muoversi e di lasciare Vinovo. Definitiva­mente.
Tra l’altro, alla famiglia in Croazia ha detto di aver optato per un divorzio «con­sensuale » e «amichevole», per non lasciar­si da nemici, dopo una storia comunque lunga, con qualche nota lieta ( strepitoso un gol al Real Madrid in Champions Lea­gue) e diverse delusioni. L’anno a Siena l’aveva rilanciato su buoni livelli, così le partite con la nazionale croata in coppia con Kovac che poi avrebbe ritrovato alla Juve, nell’estate dei processi e della retro­cessione. «Ho deciso: da ora in poi giocherò come difensore centrale. A ventotto anni è meglio la stabilità, basta con il su e giù dal centrocampo al reparto arretrato», aveva detto nel ritiro di Pinzolo. Invece, dopo l’a­michevole con lo Spezia a Rovereto, lo scontro con
Dionigi, è iniziata l’odissea. Sino all’allontanamento dalla Juve.

 
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Quattro mesi per battere Lippi!

Post n°50 pubblicato il 13 Febbraio 2007 da ultraphoto

TORINO. Da qui alla fine del campionato Di­dier
Deschamps
potrà lavorare serenamente e portare a termine la missione aziendale che gli è stata affidata l’estate scorsa dal nuovo
management:
riconsegnare la Juventus subito alla serie A. Poi, una volta raggiunto questo obiettivo, i dirigenti del club prenderanno in considerazione il futuro, cioè l’assetto della squadra per la stagione del riscatto e dell’ag­gancio alla Champions League, che porta in dote gloria e denari. Tanti denari. Il primo a rendersene conto è proprio il diretto interes­sato che, nonostante si picchi di non leggere i giornali e di prestare poca attenzione alle tv, non vive sotto una campana di vetro. Sa di es­sere un osservato speciale e di coesistere con il fantasma di Marcello Lippi, il suo maestro. Ie­ri Deschamps ha ricevuto il sestegno dello spo­gliatoio, benissimo, ma il consolidamento del­la sua posizione sbriciola qualsiasi alibi sulle prestazioni che non soddisfano e sulla frena­tona dell’ultimo mese: messo nella condizione per esprimersi e per esprimere le potenzialità del gruppo, di gran lunga il più competitivo, il tecnico francese è quasi obbligato a vincere e a convincere. Sempre lo spogliatoio, attraverso David Trezeguet, megafono collettivo per un giorno, ha raccontantato di non essere spacca­to, di non avere all’interno teste calde e conte­statori, bensì di puntare coeso verso un’unica direzione. Naturalmente assieme all’allenato­re. Una presa di posizione - nell’ordine - scon­tata, doverosa e utile: non ci fosse stata sareb­be scoppiato il finimondo.
Conviene andare oltre e non fermarsi alle parole ancorché importanti e pesantissime. Deschamps è stato encomiabile nel tenere uni­ta la Juventus tra luglio, agosto e settembre, in pieno marasma di Calciopoli, e ha dimostrato una discreta abilità nel lanciarla subito all’in­seguimento della vetta della classifica, ma è fuori discussione che una volta raggiunto il vertice si sia un po’ afflosciato. E, con lui, la squadra, vittima del mal di trasferta e - per la verità - del mal di infermeria. Una flessione che ha cominciato a preoccupare i dirigenti e che ha aperto contemporaneamente un tavolo di riflessione per il futuro. Sostenere che Didì sia già stato bocciato è una menzogna, dire che la società stia valutando il modo in cui affron­ta il girone di ritorno a livello di gestione uma­na, tecnica e tattica dell’organico invece è la
pura verità. E si tratta di un’accortezza che rientra nei diritti di chi deve poi rendere con­to al padrone. Non tutti, ad esempio, condivi­dono l’emarginazione “ a prescindere” di Valeri
Bojinov,
che avrà pure difficoltà a frenare la lingua però rimane una risorsa dei biancone­ri; molti gli imputano uno scarso ascendente sui giocatori, perché se da un lato non è ne­cessario essere dittatoriale come Capello dal­l’altro è indispensabile spogliarsi della veste di ex giocatore: ci sono situazioni in cui è do­veroso usare il pugno duro e non guardare in faccia nessuno, neppure i ricordi; non tutti so­no d’accordo sulla lettura che fa delle partite: dall’esordio a Rimini fino al pareggio di Vicen­za, troppe scelte a gara in corso hanno solle­vato perplessità e c’è il sospetto che qualcuno gli suggerisca consigli sbagliati.
Ecco la ragione per la quale Lippi è qualco­sa più di un’ipotesi. L’ex ct della Nazionale fi­no a prova contraria è il più bravo del mondo, ha totale possesso dell’ambiente, conosce la maggior parte dei giocatori, è un allenatore di cervelli, gode dell’amore incondizionato dei tifosi, stimola sentimenti di riscatto solo a no­minarlo, è pronto a rituffarsi nella mischia do­po una stagione di vacanza per disintossicarsi dallo stress del Mondiale. A primavera deci­derà dove prendere domicilio, intanto si guar­da intorno: Silvio
Berlusconi lo considera l’e­rede di Carlo Ancelotti, se e quando il tecnico di Reggiolo cambierà aria, dall’estero giungo­no proposte anche suggestive, però la Juventus rimane la Juventus. Il secondo ritorno lo con­segnerebbe a una dimensione sacrale e il fatto di poter rivincere in bianconero senza l’om­brello protettivo della Triade rappresenta uno stimolo professionale straordinario persino per chi ha fatto razzìa di successi. Chi ha minima confidenza con Lippi sa che non interferirà nel­l’attività di un collega, meno che mai di De­schamps, con il quale ha condiviso momenti in­dimenticabili: per questo non uscirà allo sco­perto prima del tempo, né se dovesse firmare per la Juventus, né per un’altra società. Re­sterà a Viareggio, si lascerà cullare dalle onde del suo mare, consumerà il telecomando. Aspettando una telefonata: prefisso 011...

 
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