Di recente, nel corso di un master, ho avuto modo di seguire le lezioni di un trasportista. Questi, quando in aula ha individuato dei laureati in sociologia, ha iniziato a tessere l’elogio della disciplina. Strano per un ingegnere. Sosteneva che i sociologi oggi sono chiamati a dare un enorme contributo alla costruzione delle infrastrutture. Un cantiere non deve più essere considerato come una questione di tipo puramente ingegneristico, perché questi abbia successo bisogna prima di tutto considerare la problematica del consenso sociale. Ed è proprio su ciò che i sociologi dovrebbero offrire soluzioni, dialogando con la popolazione e trovando misure adeguate a compensare i disagi derivanti dal cantiere e dall’eventuale infrastruttura cui darà vita.
Naturalmente coinvolgere la popolazione è un metodo di lavoro che richiede tempo, ma spesso più che il tempo manca la volontà. Altre volte, più semplicemente, non si considera il consenso come un problema, si pensa “Cavoli, ma quest’opera è assolutamente razionale, tutta la società ci guadagna, perché qualcuno dovrebbe essere contrario?” e si va avanti a testa basta, convinti delle proprie ragioni e insensibili a quelle altrui, dimenticando che la “razionalità” di un’opera non conta niente se non viene percepita come tale anche dalla popolazione.
E così ci si ritrova ai giorni nostri, in cui per realizzare un’opera razionale e che “porta benessere a tutti” viene usato lo strumento più irrazionale: la violenza.
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 07:34
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il 25/03/2009 alle 06:42
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il 25/03/2009 alle 06:34
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