TagSe Dio non fosse Amore... io non sarei qui
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Post n°62 pubblicato il 05 Settembre 2013 da semplicecanto
oggi 5 sett 2013 anniversario di Madre Teresa di Calcutta
Darjeeling (AsiaNews) - Scoprire la propria vocazione al sacerdozio a bordo di un aereo, seduto accanto a Madre Teresa di Calcutta: è la storia di p. Kinley Tshering sj, l'unico sacerdote cattolico bhutanese. Nato da una devota famiglia buddista, da giovane studia per diventare un imprenditore, ma di nascosto si converte e coltiva dentro di sé il suo amore per Cristo. Una fede sofferta, come racconta lui stesso ad AsiaNews: "Sentivo un'inquietudine dentro di me, avevo sempre desiderato - e mi sentivo chiamato - consacrare la mia vita a Cristo come sacerdote. Però i miei studi professionali, le pressioni familiari e il mio stesso stile di vita non mi aiutavano a prendere una decisione definitiva". Sarà un incontro causale con la beata, nel 1986, a spingerlo ad accettare ciò che sente dentro. "Tu hai una vocazione - gli dice Madre Teresa -, sii generoso con Dio e Lui sarà generoso con te". Di seguito, il racconto della conversione di p. Tshering. Traduzione a cura di AsiaNews. Era il 1986 e stavo tornando da Hyderabad, dopo aver partecipato a una conferenza sulle aziende di imbottigliamento. Avevo finito il mio Mba (Master of Business Administration) in marketing all'Indian Institute of Management (Iim) di Bangalore e da tre anni mi occupavo di un franchising Parle [la più grande azienda indiana di bibite, ndr] in Bhutan. Mi ero convertito al cattolicesimo nel 1974 quando frequentavo la 9a classe [14-15 anni, ndr] alla St. Joseph's School di North Point (Darjeeling), uno dei migliori collegi dell'India. Dopo i miei studi a Darjeeling ho seguito i corsi pre-universitari al St. Joseph College di Bangalore, poi mi sono laureato al St. Xavier's College di Mumbai. Sono tornato a Bangalore per prendere il diploma post laurea in Management (Pgdm) all'Indian Institute of Management (Iim). Per due anni ho ricevuto i sacramenti in segreto. Oggi, grazie alla magnanimità di Jigme Singye Wangchuck (quarto re del Bhutan) che ci ha dato una Costituzione democratica, le persone hanno libertà di coscienza e per questo il diritto di praticare qualsiasi religione. Prima dell'avvento della nuova Costituzione, i pochi cattolici che vivevano qui erano troppo spaventati per partecipare a qualunque servizio religioso. Oggi possiamo celebrare la messa e gli altri servizi liturgici.
Dal 1974 sentivo un'inquietudine dentro di me, avevo sempre desiderato - e mi sentivo chiamato - consacrare la mia vita a Cristo come sacerdote. Però i miei studi professionali, le pressioni familiari e il mio stesso stile di vita non mi aiutavano a prendere una decisione definitiva. I tanti sacerdoti che mi hanno fatto da padri spirituali mi hanno sempre incoraggiato ad aspettare, e uno di questi mi ha persino suggerito di sposarmi, visto che ero uno dei pochi cattolici del Bhutan, affinché la Chiesa potesse crescere anche lì. Tuttavia, poiché avevo questo desiderio nascosto di farmi sacerdote, ho iniziato a pregare Dio di darmi un segno. Ricordo che gli dissi: "Non devi darmi un segno come quello [dato] a Teresa del Bambino Gesù, di vedere la neve in estate, ma uno sufficiente affinché io non abbia dubbi". Quella domenica mattina, quando ho sentito le campane della chiesa ad Hyderabad, sono andato a messa perché [la chiesa] era vicino al mio albergo. Ho pregato per ricevere un segno. Quella sera dovevo volare a Calcutta, non vedevo l'ora di incontrare una mia amica, ma l'aereo aveva un ritardo. Ero un po' annoiato, ma il mio umore cambiò all'istante quando vidi Madre Teresa entrare e sedersi accanto a me. Il mio cuore batteva all'impazzata e respiravo a stento! L'aereo decollò e Madre Teresa non mi disse una sola parola, né mi rivolse un cenno. Era immersa nella preghiera e dopo quella che sembrò un'eternità, si voltò verso di me e mi chiese da dove venivo. Le dissi che venivo da Darjeeling, lei ne fu felice e mi raccontò dei suoi giorni a Loreto e a Darjeeling. Si incuriosì quando le dissi che in realtà venivo dal Bhutan e che ero cattolico. Le spiegai che ero un convertito, e in breve tempo sfogai con lei l'angoscia del mio cuore: il mio desiderio di diventare un sacerdote, ma tutte le tentazioni che avevo. Mi prese la mano e mi disse: "Non ho detto questa cosa a molte persone, ma la dico a te: tu hai una vocazione, sii generoso con Dio e Lui sarà generoso con te". I miei occhi si riempirono di lacrime e piansi per tutto il viaggio fino a Calcutta, pieno di gioia. Avevo chiesto a Dio un miracolo per affermare la mia vocazione e il Signore mi aveva mandato un angelo, proprio come [accadde] alla Vergine Maria. Non avevo altro da dire che "eccomi, sono il servo del Signore, avvenga di me quello che hai detto". La mia amata madre mi accompagnò al seminario dei gesuiti al Monte Carmelo di Kurseong. Il suo grande amore per me le permise di dimenticare il paradosso e l'ironia del momento. Una madre buddista che permette a suo figlio di diventare un monaco cattolico! Era impensabile all'epoca. Lei inghiottì tutte le sue lacrime, e con coraggio mi lasciò lì. Ero così felice di entrare in noviziato che non compresi il suo dolore e la sua angoscia. Quando se ne andò ero così sollevato che seriamente intenzionato a essere un seminarista. [Ma] la mia pace fu di breve durata. Quella sera mia madre tornò e mi implorò di tornare a casa e dimenticare questa pazzia. La pregai di darmi due settimane per il primo periodo di prova, [dicendole che] se non mi fosse piaciuto quello che stavo facendo lei sarebbe potuta tornare e riportarmi a casa. L'amore di mia madre per me le diede la forza per accettare e tornare indietro. Due settimane più tardi venne di nuovo in seminario, e trovandomi così felice tornò indietro e mi scrisse: "Sii un buon monaco e non tornare mai indietro sulla tua decisione". Nove anni dopo lei era alla mia ordinazione ed era raggiante di gioia, mentre le mie sorelle piangevano. Ricordo cosa disse alle persone presenti all'ordinazione: "Nove anni fa ho finito di versare tutte le mie lacrime, e ora gioisco con mio figlio, lui ora servirà l'umanità". Mio padre, un devoto buddista, non venne alla mia ordinazione, ma rispettò la mia scelta. Dopo l'ordinazione sono andato a Calcutta per incontrare Madre Teresa. La prima cosa che mi disse fu: "Per gli ultimi 10 anni ho pregato per te". All'epoca, il consiglio di mia madre fu: "Sii un buon monaco e non dimenticarti delle persone, soprattutto i poveri". Mia madre non è una teologa, ma mi rendo conto che quello che mi ha insegnato quando ero un bambino sono i valori cristiani che conservo da adulto. Una madre buddista ha aiutato un sacerdote gesuita a essere orgoglioso della sua vocazione, in umile servizio con i poveri, senza mai dimenticare che la vita passa e non è eterna, e ciò che è reale è la ricerca incessante per la buddità: essere liberi, nella nostra visione ignaziana, da tutti i legacci disordinati della vita.
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
Post n°61 pubblicato il 26 Dicembre 2011 da semplicecanto
Tag: Giorgio Bocca Giorgio Valentino Bocca (Cuneo, 18 agosto 1920 – Milano, 25 dicembre 2011) è stato uno scrittore, partigiano, giornalista e storico italiano. Giorgio Bocca inizia a scrivere da adolescente, dalla seconda metà degli anni trenta, su periodici a diffusione locale. Successivamente, dal 1938 al 1943, scrive per la testata cuneese La Provincia Grande, Sentinella d'Italia. Alla fine della lotta partigiana, riprende l'attività giornalistica, scrivendo per il giornale di Giustizia e Libertà. Dopo la guerra lavorò per la Gazzetta del Popolo, quindi per L'Europeo e Il Giorno. Negli anni Sessanta si è affermato come inviato speciale con inchieste sulla realtà italiana. Dalla pratica del giornalismo è nata la sua attività di scrittore, con i suoi libri a sfondo sociale e di costume. Il suo interesse si è spostato sulla crisi sociale, che - nella sua interpretazione dei fatti - generava il terrorismo, di cui ha scritto la storia e intervistato i protagonisti. Si è frequentemente interessato di aspetti relativi al divario geografico dell'economia e del sociale d'Italia, scrivendo di fatti inerenti alla questione meridionale e all'avvento del fenomeno leghista all'inizio degli anni Novanta. Bocca ha scritto anche diverse importanti opere storiche, tra cui alcune sulla sua esperienza partigiana. dal web dicono di lui: Giorgio Bocca è stato il più grande giornalista italiano del suo tempo. Ne ero già convinto quando lo conobbi la prima volta nel 1976, avevo consegnato il mio primo articolo.. Col passare degli anni e dei decenni ho continuato a pensarla così: il più grande giornalista dell’Italia del dopoguerra. Odiato da tanti, tantissimi, che ora magari millanteranno forme di affetto “ruvide” e scriveranno finti elogi, facendo passare per faziosità simile alla loro l’impegno civile di Giorgio, la sua passione per le modeste “verità di fatto”. E invece no. Bocca è stato partigiano, prima in montagna e poi sulla macchina da scrivere, come è stato nella Resistenza Albert Camus, editorialista a “Combat”: dalla parte della giustizia e della libertà, come endiadi inseparabile, e dunque anche delle “verità di fatto”, che sono trama e ordito del giornalismo degno di questo nome. (ANSA) - AOSTA, 26 DIC - Si celebreranno in forma strettamente privata i funerali di Giorgio Bocca, previsti per domani, alle 11, nella basilica di San Vittore al Corpo a Milano. Il corpo del giornalista, a quanto si apprende dai familiari, sara' cremato e le ceneri saranno tumulate a La Salle, in Valle d'Aosta, dove il giornalista aveva una casa per le vacanze. Non e' previsto quindi l'intervento delle autorita' durante la cerimonia funebre, alla quale quale pero' potranno partecipare tutti i cittadini.
Post n°60 pubblicato il 23 Dicembre 2011 da semplicecanto
Tag: Anna Politkovskaja Morte di una donna coraggiosa
“A volte la gente paga con la propria vita per dire ad alta voce ciò che pensa”. MOSCA — La giornalista russa Anna Politkovskaja, nota per le sue posizioni critiche nei confronti del Cremlino particolarmente per il conflitto in Cecenia, è stata uccisa ieri a Mosca, riferisce l’agenzia Interfax. Il corpo della giornalista è stato trovato in serata nell’ascensore di casa. A un primo esame la morte sembra dovuta a colpi d’arma da fuoco. La polizia ha trovato nell’abitacolo una pistola con quattro colpi esplosi. Dimitri Muratov, direttore del quotidiano «Novaia Gazeta» per il quale la giornalista uccisa lavorava come editorialista, ha dichiarato che l’omicidio «sembra essere una punizione per i suoi articoli». Politkovskaia, 48 anni, aveva fra l’altro lavorato a una rigorosa inchiesta sulla corruzione in seno al ministero della difesa e del contingente russo in Cecenia. Nella sua lunga attività di paladina dei diritti umani nella piccola repubblica caucasica, si era fatta molti nemici, sia fra le forze russe che fra i guerriglieri. Politkovskaia aveva nel 2000 vinto il premio «Penna d’oro», l’equivalente russo dell’americano Pulitzer.
Era in possesso di foto e documenti che testimoniavano di rapimenti e torture in Cecenia. Dal Rapporto sulla Cecenia di Amnesty International:
In Cecenia sia le forze federali che cecene hanno continuato a macchiarsi di gravi violazioni dei diritti umani, compresi crimini di guerra. Le forze di sicurezza cecene sotto il comando di Ramzan Kadyrov, il primo vice Primo ministro della Cecenia, e divisioni di forze federali in cui erano arruolati ceceni sono state sempre più coinvolte in episodi di arresti arbitrari, torture, e "sparizioni" in Cecenia. È stato riferito che funzionari di alto rango, come il presidente della Cecenia, Alu Alkhanov, hanno ammesso il coinvolgimento delle forze federali e cecene nelle "sparizioni" in Cecenia. Vi sono state anche detenzioni in centri di detenzione non ufficialmente riconosciuti. I familiari di persone "scomparse" hanno manifestato in Cecenia per chiedere informazioni sulla sorte dei loro cari. Secondo quanto riferito, le donne hanno continuato a essere oggetto di violenza di ogni genere, compresi stupri e di minacce di stupro per motivi etnici da parte di membri delle forze di sicurezza federali e cecene. Stando alle fonti, gruppi di opposizione armata hanno a loro volta commesso crimini di guerra, anche con attacchi diretti nei confronti di civili. Nelle altre repubbliche del Caucaso del Nord non sono cessati violenze e disordini, sempre più spesso accompagnati da denunce di violazioni dei diritti umani come detenzioni arbitrarie, torture, "sparizioni" e rapimenti. dal web : http://antonio1959s.wordpress.com/2006/10/08/una-donna-coraggiosa/
Post n°59 pubblicato il 23 Ottobre 2011 da semplicecanto
Tag: Don Guanella Luigi Don Luigi Guanella (Fraciscio di Campodolcino, 19 dicembre 1842 – Como, 24 ottobre 1915) è stato un presbitero italiano, fondatore delle congregazioni dei Servi della Carità e delle Figlie di Santa Maria della Divina Provvidenza: nel 1964 è proclamato beato da papa Paolo VI. Oggi 23 ottobre 2011.. Santo! Luigi Guanella fu un cristiano esplicito, sacerdote cattolico, ordinato nel 1866 da un presule in esilio, mons. Frascolla, primo vescovo di Foggia, incarcerato prima e agli arresti domiciliari poi a Como, a causa dei contrasti risorgimentali tra Chiesa e Stato. L'incontro con don Bosco e un temporaneo ingresso tra i Salesiani tra il 1875 e il 1878 lo prepareranno a quella missione che fiorirà da un germoglio minimo, un gruppetto di giovani donne che, a partire dal 1886, inizieranno ad assistere orfani e bambini e poi si rivolgeranno a derelitti e bisognosi di ogni genere, sconfinando anche in Svizzera, bonificando persino aree paludose per costituire villaggi o colonie autonome, approdando anche a Roma ove decisiva sarà l'amicizia di papa Pio X. Frattanto si univano a don Guanella anche dieci sacerdoti e così, accanto alle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, sorgerà anche la comunità dei Servi della Carità, che popolarmente saranno denominati come i Guanelliani Egli non esiterà a raggiungere nel 1912 gli Stati Uniti per dedicarsi anche agli emigrati italiani, ma i suoi viaggi l'avevano già condotto in Terrasanta, a Londra, a Treviri. Alle soglie della morte, nel gennaio 1915, accorrerà in Marsica, devastata dal terremoto, per impegnare i suoi sacerdoti e le sue suore in un'opera di assistenza. Il suo corpo era da tempo debilitato dal diabete mellito, alla fine l'aveva colpito anche una paralisi che l'aveva ferito nella parola. Il 24 ottobre 1915, a 73 anni, si spegneva nella casa di Como dalla quale era partita la sua avventura spirituale e caritativa. Il santo Luigi Guanella si definiva «un atomo perduto nello spazio», ma questo microscopico seme era destinato a generare l'evangelico albero maestoso della carità sul quale si posano gli uccelli del cielo Gianfranco Ravasi - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/MWe1P (Gli autori della biografia, Michela Carrozzino, che è un'esperta nell'ambito della disabilità, e Cristina Siccardi, che è ormai una veterana nel genere agiografico, seguono in forma narrativa ma anche con rigore documentario il percorso di questo semplice e appassionato sacerdote) *
La festa liturgica è il 24 ottobre * Personalmente posso testimoniare che nella mia zona ci sono luoghi, ospedali, scuole, aiuti per disabili della sua congregazione.. e se non ci fossero.. non so come avrebbero affrontato la vita quei malati e loro famiglie. Grazie Santo Don Guanella Il corpo del Beato Luigi Guanella nel Santuario Sacro Cuore di Como tutti gli articoli e foto presi dal web
Post n°58 pubblicato il 05 Ottobre 2011 da semplicecanto
Tag: Ildegarda di Bingen
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