Un fico per ridereLa vera vocazione di ognuno è una sola, quella di arrivare a se stesso. Finisca poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. H.Hesse |
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« Replay | Tibet? Ma, forse... » |
Tempo fa, qualcuno aveva notato che il film preferito nel mio profilo era “Lost in Traslation”. Mi chiese allora come faceva a piacermi un film come quello. Chi mi conosce sa, che spesso ho dei tempi di reazione lunghi ai quesiti. Magari mi dice qualcosa oggi e io dopo 4 mesi me ne esco con il resto della conversazione. Mia moglie dice che per avere ragione da me deve discutere oggi ed aspettare la risposta per sei mesi. E’ vero. E’ per questa mia peculiarità che oggi improvvisamente mi è venuta a galla la risposta a quell’osservazione. Ci sono vari motivi del perché ho messo quel film nel mio profilo, tra i tanti che mi sono piaciuti. Il primo è perché mi piace il titolo. Mi ci rivedo. Io mi sento perso continuamente nel dover tradurre nella realtà le cose che mi passano –volando- nel cervello. Il secondo motivo è il senso del viaggio che permea il film, inteso non solo come spostamento fisico ma anche come esplorazione di sè. Viaggiare, non solo attraverso le nazioni e continenti, ma anche attraverso il proprio essere. L’ hotel internazionale, in cui tutto è così familiare, ed estraneo allo stesso tempo, fa da cornice allo smarrimento dei protagonisti. Smarrito è il personaggio di Bill Murray, perso in una Tokyo che gli appare bizzarra e sottilmente incomprensibile. La scena in cui lui, per girare la pubblicità, beve del Whisky senza riuscire a capire quello che il regista vuole da lui, mi viene spesso in mente, quando sono in giro. Il terzo ed ultimo motivo è perché il film parla dell’incontro tra due solitudini. Due esseri soli: l’attore di mezz’età dall’espressione perennemente disincantata e stanca, e la giovane e sensibile moglie, molto trascurata, di un fotografo vanamente in cerca di gloria, sono un po’ le icone del bisogno che ognuno ha di riuscire a trovare qualcuno a cui comunicare le proprie emozioni. Il viaggio, la stanchezza, la mancanza di sonno attraversano interamente il film. Mi piacciono i dialoghi sull’insonnia dei due protagonisti, che discutono di sé e della vita distesi su di un letto, guardando “La dolce vita” in tv, con sottotitoli in giapponese. Per questo, e forse per altro, ho scelto questo film. |
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per il corsivo il procedimento è lo stesso solo che devi usare la "i" al posto della "b" :)
per il grassetto devi mettere: parola </ b>
Speriamo bene... incrocio le dita dei piedi!
Se poi avrà anche il coraggio di dire che sono permalosa potrò sempre rispondere che è la mia parte di nazionalità Italiana che mi ha resa tale. (tiè!) :)