Un fico per ridere

La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di arrivare a se stesso. Finisca poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. H.Hesse

 

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Tibet? Ma, forse...

Post n°48 pubblicato il 24 Aprile 2008 da verdepalude
 
Foto di verdepalude

Devo premettere a quanto sto per dire che io sono scettico di natura e il fatto di essere toscano fa sì che questa caratteristica sia abbastanza accentuata, quasi eccessiva, in me. Inoltre non credo alle ideologie, diffido di chi mi vuole vendere una verità, sospetto che dietro ogni movimento di folla ci sia chi fa il doppio gioco.

Sono fatto così.

Bene, ora parlo e proverò a sostenere una posizione allquanto impopolare, ovvero in questa storia del Tibet inizio a simpatizzare per i cinesi.

E' ovvio che non simpatizzo per chi opprime, ma inizio a pensare che tutta questa cosa delle olimpiadi non sia altro che una splendida trappola che debba servire a riportare la Cina al suo posto, perché sta iniziando ad alzare troppo la testa, non solo dal punto di vista economico (che quello ci conviene), ma anche politico: vuole anche lei fare la superpotenza.

Riflettiamo: danno le olimpiadi alla Cina, ben sapendo qual è la situazione dei diritti umani là. A pochi mesi dalle olimpiadi il Dalai Lama fa un bel giro in occidente e nessuno dei leader occidentali (papa compreso) ostentatamente lo riceve. L'onnipotente opinione pubblica occidentale, inizia ad indignarsi. Strano, questo anche perché negli ultimi anni il Dalai Lama era venuto in Europa ed era stato ricevuto da tutti. Papa compreso.

A questo punto in Tibet scoppiano delle rivolte. Insomma dopo quasi 60 anni dall'annessione cinese, il popolo tibetano, riscopre di aver voglia di morire per la propria indipendenza.

Piccola digressione: il Tibet fino all'invasione cinese era una teocrazia (un po’ come lo Stato Pontificio), in cui il potere assoluto era in mano a un sacerdote massimo (un pò come lo Stato Pontificio), i cui preti ed un'elite feudale erano i detentori del potere (un pò come lo Stato Pontificio) e in cui i laici non nobili, non contavano praticamente niente (un pò come lo Stato Pontificio), questo fino all'invasione cinese. Arrivano i cinesi e il Dalai Lama (un giovane di 24 anni, tolto alla famiglia all’età di 2 per essere allevato come prete, questo un po’ peggio dello Stato Pontificio) scappa con tutta la sua gerarchia e i cinesi iniziano a distruggere i suoi simboli del potere (monasteri) e a sostituirli con i propri.

Sapete a me, che sono un pò strano, a cosa assomiglia a questa invasione? A un mix tra la breccia di Porta Pia e la Rivoluzione Francese. E sapete cosa mi turba di più di tutto questo? Che tra i più strenui difensori del Tibet e dei bonzi tibetani, ci sono gli stessi che in Occidente salutano la Rivoluzione francese come l’inizio della modernità. Copioeincollo da wikipedia, voce: persecuzioni_dei_cristiani (durante la rivoluzione francese). "La repressione del cristianesimo si attuò con la Costituzione civile del clero, una legge che imponeva ai sacerdoti di giurare fedeltà alla repubblica e rinnegare la Chiesa di Roma, per costituire una Chiesa nazionale alle dipendenze del potere politico. I "preti refrattari", cioè coloro che rifiutarono il giuramento (la grande maggioranza), vennero ghigliottinati. I conventi vennero chiusi e i religiosi dispersi."

Penso che se si sostituisce la parola cristianesimo con buddismo e preti con bonzi, più o meno è quello che i cinesi hanno fatto in Tibet.

Non sto inoltre a commentare tutte le balle che girano sulla Cina in questo periodo su internet, tipo la storia, rilanciata anche da vari blog sui gatti e i cani randagi fatti fuori per le olimpiadi. In Cina i gatti e i cani sono rarissimi, già fatti fuori tutti ai tempi della rivoluzione culturale, perché, secondo loro, non servivano a niente. Ancora oggi, per tenerne uno, devi pagare 400 € di tasse all’anno, che per un cinese non è poco. Non so se è un meglio o peggio delle gabbie, ma è così.

Torniamo ai giorni nostri.

Scoppiano dei moti spontanei in Tibet. Ci sono dei morti "da gettare sul tavolo della storia" (si, sto citando Mussolini, lo so).

Ci siamo, è fatta. A questo punto l'opinione pubblica occidentale è calda. Molto calda.

Ha scoperto che i cinesi, oltre a torturare i cani e i gatti, uccidono i poveri bonzi. Ha visto con indignazione, come i propri rappresentati politici abbiano cercato di non urtare la suscettibilità dei cattivi cinesi non ricevendo il Dalai Lama. Ora vuole il gesto. Un bel gesto che colpisca la Cina. E quale è il gesto più bello se non boicottare le olimpiadi cinesi? E stranamente questo, potrebbe anche essere lo stesso gesto che dà una bella spallata alla fantasia cinesi di crescere politicamente oltre che economicamente. 

Concludendo, non ho particolare simpatia per la Cina, che è uno stato totalitario. Ho simpatia per i cinesi, per i tibetani ed anche per il Dalai Lama. Ma non ho simpatia per chi cerca di utilizzare la mia indignazione per scopi suoi.

Stop.

 
 
 

Lost in Traslation

Post n°47 pubblicato il 19 Aprile 2008 da verdepalude
 

Tempo fa, qualcuno aveva notato che il film preferito nel mio profilo era “Lost in Traslation”. Mi chiese allora come faceva a piacermi un film come quello. Chi mi conosce sa, che spesso ho dei tempi di reazione lunghi ai quesiti. Magari mi dice qualcosa oggi e io dopo 4 mesi me ne esco con il resto della conversazione. Mia moglie dice che per avere ragione da me deve discutere oggi ed aspettare la risposta per sei mesi. E’ vero. E’ per questa mia peculiarità che oggi improvvisamente mi è venuta a galla la risposta a quell’osservazione.

Ci sono vari motivi del perché ho messo quel film nel mio profilo, tra i tanti che mi sono piaciuti.

Il primo è perché mi piace il titolo. Mi ci rivedo. Io mi sento perso continuamente nel dover tradurre nella realtà le cose che mi passano –volando- nel cervello.

Il secondo motivo è il senso del viaggio che permea il film, inteso non solo come spostamento fisico ma anche come esplorazione di sè. Viaggiare, non solo attraverso le nazioni e continenti, ma anche attraverso il proprio essere. L’ hotel internazionale, in cui tutto è così familiare, ed estraneo allo stesso tempo, fa da cornice allo smarrimento dei protagonisti. Smarrito è il personaggio di Bill Murray, perso in una Tokyo che gli appare bizzarra e sottilmente incomprensibile. La scena in cui lui, per girare la pubblicità, beve del Whisky senza riuscire a capire quello che il regista vuole da lui, mi viene spesso in mente, quando sono in giro.

Il terzo ed ultimo motivo è perché il film parla dell’incontro tra due solitudini. Due esseri soli: l’attore di mezz’età dall’espressione perennemente disincantata e stanca, e la giovane e sensibile moglie, molto trascurata, di un fotografo vanamente in cerca di gloria, sono un po’ le icone del bisogno che ognuno ha di riuscire a trovare qualcuno a cui comunicare le proprie emozioni.

Il viaggio, la stanchezza, la mancanza di sonno attraversano interamente il film. 

Mi piacciono i dialoghi sull’insonnia dei due protagonisti, che discutono di sé e della vita distesi su di un letto, guardando “La dolce vita” in tv, con sottotitoli in giapponese.

Per questo, e forse per altro, ho scelto questo film.

 
 
 

Replay

Post n°46 pubblicato il 14 Aprile 2008 da verdepalude
 
Tag: Video

 
 
 

Il Grande Freddo

Post n°45 pubblicato il 11 Aprile 2008 da verdepalude
 

Stimolato da Pat e dal mio post precedente, mi è venuta voglia di ricordare un dei miei cult movies degli anni ottanta: Il Grande Freddo (TheBig Chill). Uscì nel 1983, Nando Martellini aveva urlato per tre volte che eravamo campioni del mondo da circa un anno,e più o meno dallo stesso periodo, io ero iscritto alla facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Corso di Laurea in Chimica. La trama del film era per me accattivante: degli ex compagni di università si ritrovano, dopo 15 anni, per i funerali di uno di loro, morto suicida, senza alcun motivazione apparente. Dopo aver condiviso le speranze e i sogni dei giovani degli anni sessanta, si incontrano all'inizio del riflusso degli anni ottanta, avendo smarrito per strada i loro ideali e le loro speranze. In otto (più l’ex compagna del suicida) passano un week end in casa a parlare sé, di cosa avevano pensato di diventare e di cosa invece avevano fatto delle loro vite. E’ un film sulla differenza tra i decennio del grande sogno (i ’60) e il decennio del riflusso e del successo individuale (gli '80), sulla difficoltà di crescere ed affrontare la vita reale e di mantenere vivi gli ideali della giovinezza e soprattuttto sull'amicizia. Tutto il film è immerso nella musica calda e suggestiva di alcuni miti musicali degli anni sessanta: dai Procol Harum, Rolling Stones, The Beach Boys, The Band,  Aretha Franklin ed altri . Il cast era composto da attori allora giovani e semisconosciuti, ma che avrebbero fatto una buona carriera: da Kevin Kline a Wiliam Hurt, passando da Glen Close, Jeff Godblum e Tom Berenger. Particolarmente curiosa invece la partecipazione di Kevin Kostner, che avrebbe dovuto interpretare il morto suicida (Alex) in una serie di flash back, tagliati poi i fase di montaggio, e di cui, in tutto il film, si vedono solo i polsi tagliati all’obitorio.


A me e ai miei amici, quasi tutti universitari degli anni ottanta, quel film ci faceva rimpiangere di essere nati troppo tardi, di non aver potuto vivere quegli anni dissacratori e di grandi speranze, e di essere invece costretti in una realtà che ci stava rapidamente formattando l’encefalo nel suo ideale di edonismo reganiano, rappresentato da programmi TV come Drive in e da pubblicità come la Milano da bere dell’Amaro Ramazzotti, con tanto di sottofondo di Birdland dei Water Report.

Ricordo che questo film, la cui videocassetta iniziò ben presto a dare segni di cedimento, fu alla base di varie discussioni notturne sull'amicizia e su quello che sarebbe stato il nostro futuro. Epica fu quella su una delle scene finali del film, in cui Meg, avvocato di successo, ma senza un compagno, chiede all’amica Sara di prestarle il marito Harold, per permetterle di avere il figlio che desiderava avere. Sara accetta, anche per perdonarsi e farsi perdonare una relazione avuta con Alex (il suicida). Dopo circa 3 ore di acceso dibattito, le ragazze arrivarono quasi alle mani urlandosi “io glielo darei“ (sottinteso il marito, of course) oppure “io no e te sei una m…”.

Quando scoppiò la rissa, io stavo ormai dormendo da un po’ su un divano.

 

 
 
 

To whom it may concern

Post n°44 pubblicato il 09 Aprile 2008 da verdepalude
 

Riprendo il tema di un post di qualche tempo fa della mia amica
Quoti, ovvero le mie ultime volontà (ed anche le mie penultime).

Allora commentai “per differenza”. Essendo però io più

prolisso della suddetta signora, vorrei adesso approfondire qualche

punto.

1) Se sono cosciente lo vorrei sapere. Non fate che me ne vada
pensando di addormentarmi.
2) Niente accanimento terapeutico, ma nemmeno disinteresse.
Voglio dire: almeno fate il gesto, lo apprezzerei.
3) Se c’è un organo che può servire, fate pure.
4) Quello che rimane bruciatelo.
5) Pochi fiori. Basta una strelizia da bruciare con me. Il perché
lo so io.
6) Apprezzerei qualche parola, ma detta bene. Dopodichè leggete
il salmo 129. Da ex scout, io sono uno che apprezza le cerimonie
ben fatte.
7) Un po’ di musica, non guasterebbe. Lascerò un CD con i brani
preferiti.
8) Il punto in cui vorrei che fossero sparse le mie ceneri è molto importante. La posizione è 2 miglia a sud del faro di Vada.
9) Sono importanti anche l’ora e la stagione in cui spargere le ceneri.
Vorrei che fosse un tramonto d’estate e ci fosse una leggera brezza
di mare. Vorrei fosse nell’esatto momento in cui si vede il raggio verde. Vorrei che si vedessero le isole. E la costa da Piombino a Livorno. Se l’infausto evento capitasse in stagione non adatta, aspettate!

Vorrei anche che la barca da cui verranno sparse le ceneri, fosse un brigantino armato a due alberi e si chiamasse ”Ermenegilda II” .

 Nel caso non la troviate, allora siete liberi di fare il funerale che vi pare

a voi.

 Ho parlato.

 
 
 
 
 

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