Creato da coccodrilla4 il 01/02/2009 |
CHE RUMORE FA LA FELICITÀ...
« l'amore... | 8 marzo » |
IoOggi voglio parlare del mio lavoro. Ho scelto di fare l'infermiera consapevole di quello che significa. Non immaginavo, neppure lontanamente, di ritrovarmi a lavorare in un reparto simile. Da un anno ormai lavoro in un centro di cure palliative e terapia del dolore, un hospice insomma. Cos'è?? Ve lo spiego subito. Si definiscono centri residenziali di cure palliative (hospice) le strutture, facenti parte della rete di assistenza ai malati terminali, per l’assistenza in ricovero temporaneo di malati affetti da malattie progressive ed in fase avanzata, a rapida evoluzione e a prognosi infausta per i quali ogni terapia finalizzata alla guarigione o alla stabilizzazione della patologia non è più possibile o comunque risulta inappropriata. L’hospice deve pertanto essere organizzato in modo da garantire il benessere psicologico e relazionale del malato e dei suoi familiari, il comfort ambientale, la sicurezza nell’utilizzo degli spazi e la tutela della privacy. L’organizzazione dell’hospice, inoltre, deve favorire la presenza e la partecipazione dei familiari dei malati, permettendo loro l’accesso senza limiti di orario; le strutture devono essere facilmente raggiungibili. E’ per questo, per esempio, che negli hospice le camere di degenza sono singole con la possibilità di pernottamento per un familiare e che, anche se realizzati in zone periferiche e tranquille, avranno una dislocazione territoriale servita da mezzi di trasporto pubblico. Il miglioramento della qualità della vita del malato e dei suoi familiari deve essere l’obiettivo costantemente perseguito da tutti gli operatori dell’hospice. Qui vengono ricoverati malati che non possono più permanere, per motivi medici e/o assistenziali e/o psicologici e/o sociali a casa propria, e che necessitano di un "rifugio" dove poter trovare soluzioni ai molti problemi che affliggono le fasi terminali delle malattie inguaribili che, nella stragrande maggioranza dei casi, è rappresentata dal cancro. Se l’inguaribilità è l’elemento che caratterizza la fase della malattia, va sempre tenuto presente che la curabilità (intesa come "prendersi cura") della persona è il fondamento su cui si basano le cure palliative, protratte fino all’ultimo istante di vita. E' chiaro quindi che risulta falsa l’affermazione "non c'è più nulla da fare": c'è, invece, da sedare il dolore e controllare gli altri sintomi più fastidiosi; c'è da fornire assistenza, efficiente ma non asettica ed indifferente; c'è da fornire sostegno attivo ed attento per combattere la disperazione, la frustrazione, la depressione, la perdita dell'autostima, la paura della morte; c'è da fornire sostegno sociale solerte e competente, c'è da fornire sostegno spirituale indulgente e amorevole. Infine, c'è da accompagnare alla morte il paziente, preparare i familiari e fornire, poi, sostegno al loro lutto. Ecco in breve quello che è il mio lavoro. Va al di là del semplice ruolo di infermiere professionale. Bisogna saper essere amico, confidente, psicologo. Insomma bisogna essere un professionista dalle mille sfaccettature. E da quando mi hanno affidato questo compito sono molto più orgogliosa della mia scelta. Amo il mio lavoro.
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