Creato da La.Sconosciuta16 il 21/05/2011

Un solo sole...

Le mie emozioni in bianco e nero.

IN SOTTOFONDO...

 

FACENDOMI BASTARE LE MIE PAROLE.

E forse sarà un delirio iniziare a scrivere quì... C'è gente che non sa parlare. E io sono una di quelle. Io non riesco a parlare, io riesco solo a scrivere, perchè credo, e forse in maniera pressochè effimera, che scrivere mi porti lontano da qui, che mi faccia staccare la spina da tutti e da tutto. Non sono un'adolescente, la mia vita non va in frantumi, non ho voglia di tagliarmi le vene ne tantomeno tentare il suicidio.Vivo la mia vita come mi viene, con i suoi alti e con i suoi bassi. Vivo tenendomi tutto dentro... O meglio, solo pochi sanno quello che ho dentro. Uno di questi "pochi" è un foglio e una penna. Lui si che sa tutto di me. Tutte le gioie e tutti i dolori, tutte le sfumature della mia vita...
Perchè sprecare fiato nel parlare quando scrivendo si può risparmiare tanta aria per vivere di più?
Non solo non mi piace parlare (che poi alla fine non è che non mi piace, non mi riesce!), non mi piace nemmeno alzare la voce, arrabbiarmi e perdonare.
Si, perdonare non mi piace proprio! Sono più che convinta che se una persona ci tiene a te e ti vuole bene fa di tutto per NON farti stare male, e se fa qualcosa che ti fa stare male, è inutile perdonarla, perchè ormai ti ha fatto stare male, e può farlo mille e altre mille volte...
Questa sono io. A volte un pò malinconica. A volte un pò dolce. E questa è la mia penna. E questo è il mio foglio. Questa, credo, sia la mia vita.

 

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A dstanza di due mesi.

Post n°25 pubblicato il 24 Novembre 2011 da La.Sconosciuta16

Sono una sconclusionata, una di quelle persone che si scordano di fare le cose, i numeri di cellulare, e pure i compleanni. Una di quelle persone che si scorda, anzi, si vuole scordare di avere un blog. Ma tornerò in carreggiata.

 

Prometto.

 
 
 

Tre settimane.

Post n°24 pubblicato il 18 Agosto 2011 da La.Sconosciuta16

Stare tre settimane lontano da casa.

Stare tre settimane lontano da tutti.

Cercare di migliorarsi.

Rendersi conto che tutti gli sforzi sono inutili.

 
 
 

La mia storia.

Post n°23 pubblicato il 06 Luglio 2011 da La.Sconosciuta16

L'ho scritta ieri, quindi quando nel testo mi riferisco a "ieri" intendo lunedì sera.

La nostra storia (anzi, la mia storia) inizia a settembre. Lo vedo in università ed è bello come una mattina d’estate, come le serate tra gli amici, come la neve d’inverno. Lui è bello, punto. Ha la carnagione scura, tipica dei ragazzi del sud, gli occhi marroni, che poi scoprirò esser di cioccolato, le braccia possenti, un bel fisico, una bella bocca. Subito ho pensato che sapesse baciare come solo Dio sa fare.

Un’amica in comune ci presenta, ma il mio interesse si fermava agli occhi, alla bocca, alle braccia possenti, stop. Di accarezzare il suo cuore non c’avevo pensato.

Dopo un paio di giorni mi aggiunge su facebook, su questa maledettissima piattaforma virtuale che sembra essere diventata la vita reale di chiunque. E così iniziamo a parlare.

E parliamo, parliamo, parliamo. Di tutto. Dell’università, di me, di lui, della sua passione per la birra, e della mia per la coca cola.

Finchè un giorno mi invita ad uscire. Gli dico di no. Gli dico che ho da fare, ma non è vero.

Avevo da 9 mesi superato una storia che m’aveva portato via il cervello, più che il cuore. Avevo finalmente trovato una mia dimensione mentale, fisica, psichica. Mi ero abituata a me stessa. Mi bastavo. Mi bastava il mare nei miei occhi, e la paglia sulla mia testa. Mi bastavo, punto, lui sarebbe stato solo qualcosa in più, quel qualcosa che mi avrebbe confuso, che mi avrebbe disturbato.

Da quel giorno mi faccio sentire sempre meno. Se ci sentiamo è perché è lui a cercarmi. Se parliamo è perché è lui ad introdurre un argomento.

Era lui a volermi. Era lui a desiderarmi. A me di lui non me ne fregava proprio nulla. Lui era il più, era qualcosa che non c’entrava in me.

Io, che mi sto stretta da sola, come posso ospitare qualcun altro?

Mi chiede un’altra volta di uscire, gli ridico di no.

Mi chiede un’altra volta di uscire, gli dico di si. La stessa mattina in cui dovevamo uscire gli mando un messaggio con scritto:”Mi dispiace davvero tanto, ma ho la febbre, dobbiamo rimandare”. Io la febbre non ce l’avevo, ma il giorno dopo la febbre arrivò sul serio. (-.-‘’)

Siamo a Dicembre. Io mi sento in colpa per essere stata una grande stronza, di quelle con la “S” maiuscola. Mi sono messa un po’ io nei suoi panni, e mi sono domandata come mi sarei sentita se un ragazzo mi avesse trattato in quel modo.

Allora mi son fatta “coraggio”, e l’ho invitato ad uscire.

Gli ho proposto un film.

E siamo andati al cinema. Poi siamo andati a cena. Col senno di poi è stata proprio una bella serata, di quelle che ti lasciano il sorriso sulle labbra, il profumo sui capelli, e che non ti fanno addormentare.

Ci siamo rivisti un paio di sere dopo. E ci siamo baciati, e ho scoperto che i suoi occhi erano fatti di cioccolato, e le sue mani sembravano petali di rose, e che il suo profumo mi ubriacava, e che la sua bocca mi stupiva.

Lui mi stupiva.

Lui mi ubriacava.

Lui sapeva di cioccolato.

Lui era il cioccolato.

Lui era una rosa.

Quella sera non fu come la prima sera. Non fu una bella sera. Lui mi scombussolava. Lui iniziava a darmi fastidio.

Pensai che fu stato un errore baciarlo, e tutt’ora ne ho la convinzione.

Le uscite proseguirono, finchè una sera non abbiamo fatto l’amore.

Anzi, lui faceva l’amore, io mi limitavo al sesso.

Lui iniziava ad amarmi, o per lo meno a volermi bene. A me, invece, succedeva il contrario. Iniziavo ad odiarlo, come si odia una cosa che non vuoi ma che ti viene imposta.

Lo odiavo perché lui non era capitato nel momento giusto, perché se fosse capitato quando ancora non mi bastavo molto probabilmente l’avrei amato in una maniera a dir poco sensazionale. E invece no. Era capitato nel momento più sbagliato che potesse esserci.

E uscivamo, e continuavamo a fare l’amore.

Finchè la sera del mio compleanno non mi fa una sorpresa.

Mi porta dietro allo stadio, e mi dedica questa canzone.

http://www.youtube.com/watch?v=eW2qlKa6oHw

“Ti ho cercata… Tutta la mia vita 
dove sei stata”.

Che mi hai cercato a fare? Se non fossi mai entrata nella tua vita forse sarebbe stato mille volte meglio.

Tre minuti stupendi, poi la canzone finisce, e tutto torna come prima. Io con la mia testa da un’altra parte, lui la mia distrazione, noi due sui sedili posteriori a consumare il sesso ben fatto.
Mi riaccompagna a casa, per tutto il viaggio me ne sto zitta, mentre lui mi parla di troppe cose, di cui non ne ricordo nemmeno una! Mi chiede perché quel silenzio, lo guardo e non gli dico nulla, quando invece avrei dovuto dirgli che quello che stava facendo era troppo, che io per lui non ero solo sesso, ma forse qualcosa di più. E per me invece lui non era nulla.

Era la mia distrazione, niente più.

Un paio di sere dopo usciamo. Quella sera fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Mi porta a cena. Avevo altro per la testa, ero scazzata (si dice scazzata? Tanto ormai l’ho detto!). E lui ha contribuito a farmi scazzare ancora di più.

Io sono una di quelle persone che non ama parlare di sé, che se dice qualcosa è perché è il suo cervello a dirglielo.

Inizia a bombardarmi di domande sulla mia famiglia, sul lavoro dei miei genitori, su mia sorella. Ed io ho visto tutto questo come un modo per farsi gli affari miei.

Eravamo a cena. Gli rispondo male. Non faccio neanche arrivare quello che avevamo prenotato che gli chiedo di riportarmi a casa.

E così lui fa. Credo che se gli avessi chiesto di portarmi a vedere com’è fatto il fondo dell’oceano lui mi ci avrebbe portato.

Mi riporta a casa, scendo dalla macchina, neanche lo saluto e sbatto la porta.

Scende dalla macchina e mi richiede cos’ho, gli rispondo male, iniziamo a litigare. Mi dice che sono una persona impossibile, che non mi lascio andare, che non faccio scoprire agli altri qualcosa in più di me, che è da settembre che ci conosciamo, poco più di un mese che usciamo, che io non apprezzo nulla.

Allora sì, inizio a dargli ragione. Gli dico che è vero. Sono una tipa superficiale, io, che non mi importa se mi porta a cena, che non mi importa se non mi ama, che non mi importa se non mi bacia, che non mi importa nulla di lui. E poi gli dico che io odio le sorprese, e la pseudo sorpresa per il mio compleanno se la poteva pure risparmiare, e che quella canzone mi fa schifo, e che non ho neanche provato a cercare la traduzione, perché me ne sbatto di quelle parole.

Se ne va.

Va via da me, e fa bene. Porta via il suo cioccolato, il suo liquore. Porta via il suo mazzo di fiori. Semplicemente, si porta via da me.

E’ il 25 gennaio. Passo la mattinata stesa sul divano vuota, un vuoto che non si riempie. Le lacrime solcano il mio viso, lui fisso in testa. Perché devo essere così pessima con tutti quelli che mi capitano sotto mano?

Lui non si fa più vivo. Io, troppo orgogliosa, non lo cerco.

Così passano i mesi ed inizia a mancarmi.

Mi faccio i cavoli suoi su facebook, e vedo che intrattiene rapporti “amichevoli” con una.

E scopro di essere gelosa.

E scopro che mi manca.

E scopro che voglio i suoi occhi, le sue mani, la sua bocca.

Scopro che stavolta, se dovessimo finire a letto, non sarebbe solo sesso.

Inizio ad amarlo, inizio ad amare la sua continua assenza. Mi innamoro del suo ricordo, di quello che è stato, e che ora non è più mio, e forse non lo è stato mai.

E così passa febbraio, passa marzo. Io e lui non ci sentiamo più. Io rosico, rosico perché capisco che se mi fossi comportata in maniera diversa forse le cose sarebbero andate meglio.

Lo odio, perché mi manca. Lo amo, perché mi manca.

Sì, giungo alla conclusione che sono innamorata di lui.

Poi penso: “Ma come su può amare l’assenza di una persona?”

Allora mi auto convinco che il mio non è amore, che è solo smania di averlo perché prima non l’ho voluto.

Inizio a non pensarlo più, a fregarmene del suo cioccolato, del suo liquore, delle sue rose.

Non sento più la sua mancanza, inizio a sentire la mia, di mancanza.

Non mi riabituo alla mia solitudine. Non mi basto più.

E’ aprile, ci siamo risentiti, doveva ridarmi dei libri che gli avevo precedentemente prestato.

Mi dà appuntamento un paio di volte. Tutte quelle volte mi da buca. Mi dico che mi sta bene, che me la sono cercata.

Ho tanta rabbia dentro, perché non mi sopporto.

Arriva giugno. Il 3 giugno.

Ci rivediamo, a casa sua.

Mette questa canzone.

http://www.youtube.com/watch?v=EXacbkdo05g

E facciamo l’amore. Almeno, io lo faccio, lui non so quello che sta facendo.

Passiamo la notte insieme, come nella foto, con lui che mi abbraccia il cuore, con la mia voglia di dirgli che l’amo. Sto per dirglielo quando mi accorgo che avrei rovinato una di quelle notti belle da morire.

Allora me ne sto zitta.

Rimettiamo la sveglia alle 4, perché sarei dovuta ritornare a casa. Mi sveglia prima che la sveglia suoni. Mi sussurra nell’orecchio che gli sono mancata, che vuole sentire accanto a lui la neve dei miei capelli.

E sto per dirgli che l’amo, ma poi incrocio gli occhi di cioccolato, e mi auto convinco che quegli occhi fossero troppo meravigliosi per essere rovinati da un “Ti amo”.

Ma io lo amo. E tanto. Come si amano i ciliegi in primavera.

Gli metto la mano sul mio petto per fargli sentire il mio cuore come batte forte. E mi stringo a lui. Le braccia possenti che avevo incontrato in università ora stavano incontrando il mio cuore, ed era meraviglioso. Quelle braccia possenti credevo mi stessero incorniciando la vita.

Mi rivesto, lo saluto e me ne vado.

Quel poco di notte che rimaneva lo passai pensando a lui.

La mattina dopo gli mando un sms:”Ti devo dire una cosa, appena puoi vediamoci”.

Dovevo dirgli che l’amavo.

Lui mi schiva.

Rimanda.

Rimanda.

Rimanda.

E’ freddo, non si fa sentire.

Finchè non arriva ieri sera.

Avrei voluto portarlo nel mio posto preferito.

Sì, perché sono più che sicura che per dire queste cose uno debba servirsi di un posto speciale.

E invece in quel posto non ce l’ho portato, siamo rimasti nella sua macchina.

Lui mi guardava, io gli chiedevo di guardare fuori.

Tremavo, avevo il cuore che mi batteva a mille.

E poi glielo dico:”Sai, mi sono innamorata di te. Però aspetta, non dire nulla, fammi finire. All’inizio ti schivavo, cercavo di evitarti in tutti i modi, ti riempivo di bugie pur di non vederti. Poi alla fine mi sono sentita quasi in colpa per averti dato più di una volta buca, e quindi ho deciso di rimediare. E credimi, che se tornassi indietro lo rifarei. Ma tu per me non eri nulla di più che un qualcosa che se c’è bene, se non c’è bene ugualmente. Tu eri diventato il mio passatempo, eri il mio sesso ben fatto, eri quel qualcuno con cui io potevo scaricare le mie voglie. Io non volevo viverti, non avevo la testa per farlo. Poi quando non ci siam più sentiti ho iniziato a sentire la tua mancanza in una maniera incredibile, ti pensavo giorno e notte, eri diventato un’ossessione. Ho creduto d’essere innamorata di te, poi son giunta alla conclusione che la mia era solo smania di averti, di possederti, di farti mio. Poi, quando abbiamo dormito insieme l’altra sera mi sono resa conto che quel sentimento c’era, eccome se c’era, e non puoi capire neanche quanto è forte, è immenso. Io non voglio nulla da te, volevo solo dirtelo, perché sono abituata ad esternare i miei pensieri. Ed eccomi, con un po’ di vergogna e la voce che trema ti sto dicendo che sei diventato parte di me, che dal mio cuore non ti schiodi, che se potessi farei di tutto per averti solo ed unicamente mio”.

Mi guarda. Mi dice che è difficile, che i ruoli si son capovolti, che all’inizio rappresentavo il prototipo ideale di ragazza, e anche ora lo sono. Ma le cose son cambiate, io mi sono comportata troppo male e se prima da parte sua c’era un sentimento ora non c’era più nulla. Mi dice che l’ultima volta che ha fatto l’amore aveva creduto per un attimo di poter riprovare le sensazioni che provava le prime volte che mi aveva, ma purtroppo non è stato così.

Io gli dico che va bene, che non fa nulla, che capita nella vita di essere rifiutati.

Ieri sera ci siam baciati, per l’ultima volta. Le sue labbra sapevano d’eterno, come al solito. L’ho abbracciato, gli ho detto “Ti amo”. E mi è venuta la pelle d’oca, e mi ha abbracciato ancora più forte.

E ieri sera mi sono buttata a letto con i vestiti addosso, senza lavare i denti e senza struccarmi. Ho pensato che se mi fossi lavata i denti mi sarei tolta il suo sapore dalla bocca, che se mi fossi spogliata avrei tolto il suo profumo da dosso, che se mi fossi struccata non avrei più sentito il lato amaro delle lacrime (poche, e non so perché) che mi ha fatto versare. Ho preferito quindi incidermi lui addosso, così che io possa cullarmi tra il suo ricordo.

E’ stato giusto così. E’ giusto che io stia soffrendo, piuttosto che aver messo il mio cuore in un ripostiglio.

Ed ora mi manca come se mi mancasse l’aria.

La nostra storia (anzi, la mia storia) finisce a luglio. Lo vedo per l’ultima volta in un parcheggio, ed è bello come una mattina d’estate, come le serate tra gli amici, come la neve d’inverno. Lui è bello, punto. Ha la carnagione scura, tipica dei ragazzi del sud, gli occhi marroni, che poi ho scoperto essere di cioccolato, le braccia possenti, un bel fisico, una bella bocca. Ed ora ho la certezza che lui sa baciare come solo Dio sa fare.

 
 
 

Happyness.

Post n°22 pubblicato il 03 Luglio 2011 da La.Sconosciuta16

Rabbia, stupore, la parte, l'attore, dottore che sintomi ha la felicità? Evoluzione il cielo in prigione questa non è un'esercitazione.

 
 
 

Plagio.

Post n°21 pubblicato il 03 Luglio 2011 da La.Sconosciuta16

Questa notte dei vandali (io li chiamerei deficiente più che vandali) sono entrati nel cimitero e hanno sfregato la maggior parte delle tombe, e quella di mio nonno.

Beh, vorrei dire a questi vandali che gli auguro una vita breve ma intensa, piena di stenti e sofferenze, e che possano arrivare in punto di morte agonizzanti, e che Dio, o chi per lui, non possa avere pietà di loro.

Sono leggermente tanto incazzata.

Buona domanica a tutti.

 
 
 
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