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appunti di viaggio- fotografie -

Post n°54 pubblicato il 09 Settembre 2008 da cicuta4
 
Foto di cicuta4

"...in New York I lost it all, to you and your vices, still I'm staying on to figure out my midlife crisis, I hit an iceberg in my life, you know I'm still afloat, you lose your balance, lose your wife, in the queue for the lifeboat
You got to put the women and children first but you've got an unquenchable thirst for New York...
"
(U2 - New York)

17 agosto
- non posso crederci, è di nuovo un'esplosione di colori. sono le otto del mattino e lexington avenue si anima come se fosse un piccolo mercatino rionale. cinesi che vendono occhiali da sole e da vista, arabi con i banchetti del kebab, e bancarelle dove trovi vestiti, borse, cd, pannocchie dolci, hot dog. c'è aria di festa, festa vera, un'intera metropoli ha svestito i panni del lavoro settimanale e dello sport di ieri e si trova a far compere, a consigliarsi, a vociare col tono delle comari, a rinfrescarsi dal caldo che oggi, già di primo mattino, comincia a farsi sentire.

- arriviamo a central park dalla 5th avenue.
anche qui gli stereotipi si sprecano, strade larghe, cavalli e carrozze, gente che corre e va in bicicletta, e poi la classica immagine di ogni film su new york, la ringhiera del 'jacqueline kennedy onassis reservoir', immagine dal maratoneta di dustin hoffman, i grattacieli di middle manhattan east sullo sfondo, le dolci colline di questo meraviglioso parco.

- volevamo cercare di assistere ad una messa con il coro gospel, la nostra guida ci dice che potrebbe essere davvero un'esperienza notevole entrare nella cattedrale di saint john the divine.
l'aspetto esteriore ricorda più una chiesa gotica anglicana, piuttosto che un edificio dove si dovrebbero sentire i canti della tradizione afrocristiana. entriamo con circospezione, la messa è in corso, ci sediamo su degli scranni che sembrano quelli che vengono riservati alle famiglie-bene, ed in effetti le persone che sono già sedute ci guardano un pò male. ma siamo in chiesa, non ci dicono niente, e niente ci dice il sacrista che si avvicina, anch'egli guardandoci storto.
la pastora la sta facendo piuttosto lunga, alla fine di 'sta menata dove ci racconta dei fatti suoi e di come si integrano con la visione cristiana della vita, dovrebbero intonare un pò di musica allegra, giusto giusto per alleviare la noia che ci sta assalendo. la mia marinaia sta pensando le stesse cose, ci scommetto, anche perchè ci lanciamo un'occhiata di sfuggita e all'improvviso, come due chierichetti sciocchi sotto la sottana del prete, ci mettiamo a ridere. è il momento di uscire.

- siamo di nuovo all'angolo tra la 110th west e central park.
prendiamo un taxi?
no, è vicino
ma dài, cos'è vicino?
hai detto che vuoi andare ad harlem spagnola? è di là del parco, all'altro angolo...
ma quant'è lontano?
(non ne ho la più pallida idea, forse 1/2 Km) mah, credo che siamo quasi arrivati...

- non siamo arrivati, e sta iniziando a coprirmi di insulti, il più carino è 'coglione'.
da un fabbricato in mezzo ad un paio di negozi si sente una musica, inconfondibile. voci allegre, voci da nero, voci che inneggiano al signore con gioia.
abbiamo trovato il nostro gospel.

- credo che sia stata una delle esperienze più emozionanti di tutta la mia vita.
siamo entrati di soppiatto, come sempre, cercando di non disturbare e soprattutto di non farci notare. beh, ci hanno notato loro. ci hanno accolto a braccia aperte ed invitati ad entrare. ci hanno coinvolto nei loro canti e balli. l'omelia del pastore forse raccontava con altri toni quello che raccontava la pastora nella cattedrale - esperienze di vita, perchè qui, da queste parti, dio è veramente in mezzo a noi, nella vita concreta di tutti i giorni, non è qualcosa che sta al di là delle stelle e gioca a giudicare ogni singola creatura umana, come ci viene insegnato fin da piccoli.
sì, forse i concetti sono gli stessi, ma cristo, un'energia, un'onda coinvolgente ed avvolgente, le persone non assistono passive, ma commentano le parole del pastore, partecipano col loro vissuto al vissuto del sacerdote e del cristo stesso, in un'estasi mistica che tutto riempie e tutto travolge. e noi siamo lì, non si può resistere, partecipiamo anche noi, giusto!, alleluja!, amen!
alla fine del sermone una donna, forse pastore anche lei, invita tutte le persone che per la prima volta sono accorse in questa chiesa ad alzarsi e presentarsi. il signore seduto davanti a noi ci invita a farlo a nostra volta.
but we're italians..
oh, it doesn't matter
but we're shy
you've got not to be shy in the house of the lord.. go on, in your language..
...e in quel momento capisci che ci sei davvero nella casa del signore, lassù, se esiste, dev'essere così, una festa continua...
oh... well, we're italians and I'd like to speak italian... mi chiamo... e questa è mia moglie... siamo qui in vacanza e siamo davvero felici di essere qui con voi... dio vi benedica tutti... god bless you all...
ancora calore. nell'applauso che ci sommerge appena finisco di parlare, nei sorrisi che queste persone ci regalano con gioia e generosità, nel caldo abbraccio che riceviamo quando usciamo, non alla chetichella come siamo entrati, ma fieri del nostro essere stati protagonisti nella casa e davanti al signore e ai nostri simili.

- la parte spagnola di harlem è lontano solo poche centinaia di metri dall'altra, appena al di là di central park. ma il degrado, la miseria, il senso di solitudine, la sporcizia e l'alienazione sono roba di un altro mondo.
siamo alla ricerca di una sorta di museo ispanico, ci ritroviamo nell'androne di una scuola elementare pubblica. uno schiaffo di realtà cruda appena mitigato dalla gentile durezza del custode.

- stasera ci abbandoniamo a little italy.
stavolta non ci siamo capiti, io e la marinaia. entrambi non vorremmo andarci, entrambi pensiamo che l'altro ne abbia voglia.
cosicchè cominciamo a pentirci nel momento stesso in cui il taxi ci lascia a mulberry street, vero cuore del quartiere.
forse perchè è sera. forse perchè non sopporto i miei connazionali quando sono in vacanza - immagino che loro non sopportino me. forse perchè questa cena fa davvero pietà, è proprio disgustosa. o forse perchè mi impressiona vedere in un ristorante italiano solo camerieri cinesi; o essere in un ristorante italiano ed essere circondato da camerieri messicani.
forse tutte queste cose, un pò di pregiudizi, l'ora tarda, quest'aria da spaghetti pizza e mandolino, la stanchezza.
fatto sta che passa la voglia anche solo di parlarne.

- dear, I've found a flight to toronto, but it's very expensive...
lorraine, don't worry, we're gonna get out ny by greyhound, tomorrow night... no need for car and hotel, we'll find up there... thanks
oh, don't even mention it...

- siccome la vita è fatta di emozioni, e le olimpiadi sono emozione, mi addormento guardando un paio di speciali su michael phelps. otto medaglie d'oro e sette record del mondo. mica male!

18 agosto
- la sala del consiglio di sicurezza è chiusa per ristrutturazioni, ma la sala dell'assemblea generale è aperta, la visita è gradevole e la guida è molto brava. colombiana, in un posto dove cento, mille razze e lingue si incontrano e dove si dovrebbe narrare una storia fatta di unioni e condivisioni, ma dove invece ti viene detto a chiare lettere, sin dall'inizio, che l'onu è nata solo per scongiurare la terza guerra mondiale e, attualmente, oltre ai fondamentali organismi 'civili' - fao, unicef, oms, ecc. - la sua funzione principale resta quella di evitare i conflitti a livello globale.
impressionante un grafico a piramide, dove si evidenzia che la quota mondiale di investimenti per armamenti è drammaticamente superiore alla somma degli investimenti per qualsiasi scopo civile: istruzione, sanità, nutrizione...
la sala dell'assemblea è bassa ed in penombra. solo una notazione, a parte il fatto che è emozionante: per un momento sei in un posto dove sono passati e hanno parlato e hanno deciso davvero tutti i potenti del mondo dal dopoguerra ad oggi...

- la parte finanziaria di manhattan racconta una storia a sè.
un mondo in un'isola che è già un mondo in una città che è già un mondo.
sì la fretta, e gente che lavora e corre, e giacche costose e cravatte firmate.
ma è anche il posto dove vedi il manager in gessato con la collega in tailleur tranquillamente seduti su una panchina a mangiare un hot dog, un take away indiano, un hamburger di mcdonald - se non quello, qualsiasi altro - un caffè di starbucks. è il posto dove puoi sentirti piccolo di fronte ai nomi che leggi - banche, gruppi finanziari, targhe dedicate a grandi capitalisti - e poi ritrovarti a guardare la facciata del nyse - la borsa di new york - e chiederti come fa così tanto denaro a passare da un posto così piccolo.
è il posto in cui entri in una banca tipo morgan chase come se fosse la cassa di risparmio, e con assoluta normalità il bancario ti cambia la valuta.

- prima di venire a wall street ci siamo fermati un momento a ground zero. non abbiamo parlato molto, forse perchè la mente cerca continuamente di trovare il senso delle proporzioni di quanto è accaduto, e non ci si arriva, non ci si arriva mai.
ci sono alcuni ragazzi che passano con delle specie di album fotografici, ebbene sì, anche qua si vendono le immaginette come a lourdes o civitavecchia, solo che qui non ti raccontano di apparizioni miracolose, ma di sparizioni ordinate dal male.
l'immagine di copertina di quell'album non aiuta la comprensione, anzi, complica tutto. di fronte a me c'è un grattacielo altissimo, si fa fatica a tener su la testa per guardarlo fino in cima, e non è possibile, non può essere possibile che sulla copertina di quell'album questo stesso grattacielo sia tre volte più basso delle due torri.
quel tre volte tanto che nessuna immagine televisiva può mai rendere adeguatamente, è il motivo stesso per cui è impossibile capire cos'è accaduto qui, un pò di tempo fa, se non c'eri.

- la chiesetta di saint paul è luogo di fantasmi.
qui venivano i soccorritori, bianchi di cemento e polvere e calce e detriti e di pallore di terrore.
qui trovi le foto, a centinaia, a migliaia, dei morti, delle persone scomparse, gli ex voto, i biglietti con la scritta 'missing', le preghiere, i ringraziamenti di chi ha ritrovato un proprio caro vivo, o almeno morto, o almeno un pezzo.
qui trovi i vivi che si aggirano tra le tombe del vecchio cimiterino, che ti narrano il loro 11 settembre, come l'hanno vissuto loro, anime perse su questa terra e su questa terra dannate fino all'ultimo dei giorni, e che dio abbia pietà della loro infinita, inenarrabile sofferenza.
qui trovi la misericordia per i defunti, la nostalgia per i tuoi defunti, la serenità del silenzio.

- chelsea e soho, west broadway e greenwich village, negozi e shopping e colori e gay e tette di plastica, tardone con sguardi ammiccanti e ragazze belle - le prime veramente belle che vedo da quando sono arrivato - gente eccentrica ed eccessi. ed un meraviglioso frappè banana e cacao da starbucks.
l'ultimo pomeriggio a manhattan, dopo il pranzo in una sorta di take away israeliano, è all'insegna dello svago e degli ultimi acquisti.

- mi convince a prendere la metropolitana, la convinco - ma non ci metto molto, a scendere poco prima di times square.
la piazza più famosa del mondo, in realtà è un incrocio, tra broadway e 7th ave, affastellato di colori, cartelloni luminosi, pannello del nasdaq, della cbs, e tanti altri che si fa fatica a ricordarli tutti.
non ha l'armonia di piccadilly a londra; la maestosità di piazza san pietro; l'atmosfera di alexander platz; non ha il respiro di champs elysee.
è un incrocio, solo un incrocio, uno scambio su un trenino lima, la forma di un cromosoma, un ingorgo di automobili e uomini - e cristo quanti ce ne sono oggi, cinque del pomeriggio di un lunedì lavorativo, ora di uscita dal lavoro, fiumi di persone su ogni marciapiede.
non è niente, times square. ma è il centro del mondo. e nel suo essere niente è tremendamente bello.

- bye lorraine, next time in new york we'll sure be here..
bye dear, next time I'll sure be glad to have you here..

- immaginavo i pullman della greyhound come grandi, belli, spaziosi, comodi.
sfatiamo subito un mito.
questo greyhound che domattina ci scaricherà a niagara falls passando per la frontiera a buffalo è piuttosto misero. e stretto. e l'aria condizionata va a tremila. porca troia.
buonanotte.

19 agosto
- il fresco del mattino ci da il primo schiaffo in faccia.
il secondo ce lo da questa città, niagara falls. vista così, alle prime luci dell'alba, è davvero orribile.
almeno quanto questo tizio del motel dove ci ha scaricato il taxi.
cioè, non è che doveva esserci proprio questo motel. la guida ci dice che dev'essere un posto carino e accogliente. ma la guida non è nuovissima, il motel neanche.
scendiamo lo stesso, andiamo a vedere.
il tizio non ha tanta voglia di lavorare. non ha tanta voglia di registrarci, di accompagnarci a vedere la stanza, di parlare. a dir la verità, pare che abbia solo voglia di incassare subito i soldi, e ci manda su.
una rampa di scale ripida con 'sta cazzo di valigia in mano. la percorriamo in salita, tre passi, apriamo la porta. otto secondi, forse dieci, la porta si chiude, la rampa viene percorsa in discesa con la stessa valigia in mano, il tizio ci vede, non abbiamo bisogono di parlare, ci restituisce i soldi trattenendosi qualche dollaro, non ci saluta, non rispondiamo al suo silenzio.

- mezz'ora dopo siamo in un'altra camera, appena più pulita e decente, ma il livello resta più o meno quello. nonostante la stanchezza non abbiamo voglia di stare in camera, il proprietario ci indica dove possiamo andare a far colazione, in fondo in italia sarebbero più o meno le due del pomeriggio, possiamo restare svegli.

- le cascate sono l'unica cosa che gratificano gli occhi in questa città. il parco che costeggia il fiume declina dolcemente, e mentre scendi vedi prima, in lontananza, il versante americano, meno imponente; poi, a destra, all'improvviso ti si schiude allo sguardo il ferro di cavallo più famoso del mondo, il versante canadese delle cascate.
è uno spettacolo grandioso, l'occhio non smette di fissare quell'acqua che viene giù, possente, forte, viva.
dal battello che si avvicina fino alla base della cascata l'esperienza è ancora più suggestiva, a distanza di qualche metro la furia dell'acqua è tale che scuote violentemente la barca; saremmo completamente zuppi se non fosse per queste cerate che ci vengono date all'imbarco, e anche così la doccia è assicurata.
ci perdiamo ancora un pò sulle sponde del fiume - in realtà due laghi. avremmo bisogno davvero di riposo, ma in fondo è bello stare in mezzo a tutta questa gente, sentire un pò di musica folk, godere di questo timido sole appena appena tiepido.
già, solo ora cominciamo a renderci conto del fatto che è decisamente fresco.

- è metà pomeriggio quando decidiamo di andare al noleggio auto - budget, l'unico della città, ci dicono - per organizzarci per domani. l'intenzione è di prendere un'auto qui e lasciarla, tra una settimana, a montreal.

- I'm sorry, we don't give this kind of service.
what does it mean?
it means that it's not possible to rent a car here in niagara falls and return it in montreal.
but... why?
because niagara falls is ontario, montreal is quebec, two different states, and you can't rent in one and leave in another
even if I go to toronto rental? even avis or hertz?
for what I know I have to say that neither avis nor hertz give the service; if they do, they would get an expensive extra charge

- lasciamo il noleggio incazzati come le iene, e anche piuttosto preoccupati sul da farsi. poche alternative. dormire qui, e domani raggiungere toronto o montreal, ma così perdiamo un giorno; andare via, ma dove, toronto e rischiare di non avere lo stesso una macchina, o montreal, viaggiando tutta la notte?

- ci vengono in soccorso, nell'ordine:
a) l'ufficio della greyhound e quello delle ferrovie canadesi, nel senso che confrontando prezzi e orari ci è subito chiaro che non abbiamo scelta, dobbiamo ripartire subito e riprendere il pulmann;
b) la biblioteca pubblica di niagara falls, che offre il servizio internet a chiunque - scopriremo alla fine che è pure gratis - grazie al quale possiamo verificare che effettivamente avis non da il servizio che vorremmo a toronto, mentre hertz ci farebbe prendere la macchina per lasciarla a montreal, ma chiede circa 500 dollari in più.
bene, si parte per montreal, stasera alle nove e mezzo.

- ripassiamo in albergo a prendere le nostre cose, e anche per vedere se ci restituiscono, almeno in parte, i soldi già spesi per la camera.
il proprietario non c'è, al suo posto un ragazzino di colore con una faccia da cazzo.
... we have to go away, we got some problems and need to arrive in montreal early tomorrow... is it possible to get our money back, or at least a percent?
..oh, I don't know, you have paid for one night and I...
I'm telling you (ti sto dicendo, faccia di merda marrone come il liquame che sicuramente ti esce da quella fogna che hai al posto del culo, ti sto dicendo che me ne devo andare via da questa città del cazzo dove se non aveste quelle meravigliose cascate probabilmente mangereste merda a vita, dove non c'è un cazzo e dove non siete cazzi neanche di avere un noleggio che mi dia 'na macchina per andarmene via da 'sta fogna)... I'm telling you that I have to go, anycase I must go, so if I can have my money back...
no, I'm sorry, I've already recorded you, if you were here for more nights I could do something, but..
ok, ok, that's enough

- il resto è stato valigie e taxi e greyhound e sosta per cambio a toronto e freddo e caffè caldo per la marinaia, che è nera come me, stanca come me, incazzata col mondo... e con me.

- saliamo sul greyhound per montreal.
domani sarà meglio, sicuramente.


 
 
 
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Un blog di: cicuta4
Data di creazione: 24/10/2007
 

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