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appunti di viaggio- fotografie -

Post n°56 pubblicato il 19 Settembre 2008 da cicuta4
 
Foto di cicuta4

"...I went out there in search of experience, to taste and to touch, and to feel as much as a man can, before he repents..."
(U2, the wanderer)

23 agosto
- siamo piuttosto neri, io e la marinaia, a colazione qualche grugnito e qualche comunicazione di servizio, niente più. cominciamo bene la giornata, per fortuna che c'è un sole meraviglioso...

- a metà mattina siamo a quebec city.
siamo passati davanti al parco dove celine dion ha tenuto il concerto ieri sera, stanno ancora sbaraccando. a guardare il posto viene da chiedersi dove cacchio l'hanno messa tutta quella gente.
ora siamo davanti a questo b&b. abbiamo provato un paio di altri posti, ma è sabato, è ancora tutto pieno. il palazzo che abbiamo di fronte sembra un pò fatiscente, ma l'atmosfera è quella dei vecchi palazzi ottocenteschi francesi, insomma è affascinante, e suoniamo.
ci apre 'sto tizio che in un'altra vita, sicuramente, doveva fare il parcheggiatore.
cappellino in testa, stuzzicadenti in bocca, tenuta da parcheggio, viscido quanto basta. è albanese, arrivato qui, indovina un pò?, via italia qualche anno fa.
e fa il parcheggiatore! solo che in più gestisce questo b&b.
ci mostra la camera, vista così, con drappi di un'altra epoca, il camino, due belle poltrone, un tavolo di legno, il morbido letto su cui è poggiata una bella coperta, beh, vista così la camera non ci dispiace.
la prendiamo, anche se ci frega subito. prezzi da albergo, altro che b&b, non vuole la carta di credito, quando gli dico che per dargli i contanti devo andare a cambiare, pur di non lasciarmi andar via - e magari accorgermi subito che fuori ci sarebbe molto di meglio a prezzi inferiori - mi dice che vanno benissimo gli euro, anche se così prende meno di quanto ci ha chiesto.

- cinque minuti dopo che è andato via ci rendiamo conto che la parte più pulita di tutto questo posto è il bagno, in comune con un'altra stanza.
la camera rivela il suo odore di stantio, di chiuso - e le finestre, effettivamente, non si aprono. la cucina è lorda, insetti di ogni genere albergano sui davanzali, a terra; non ci arrischiamo ad aprire il frigorifero, anche se l'occhiata che gli ho buttato dentro quando prima me l'ha fatto vedere mi ha rivelato un interno piuttosto desolato, per essere un frigo 'tutto a nostra disposizione' come ci ha detto il tizio.

- cominciamo le nostre passeggiate per il centro cittadino.
quebec city è davvero bella, la guida dice che è la più europea tra tutte le città del canada, e non si fa fatica a capirne il perchè. entrando nelle mura che cingono la città vecchia, piccola come può esserlo un qualsiasi quartiere di una nostra città di medie dimensioni, si respira aria di antico, il tempo sembra essersi fermato alla fine dell'800, i palazzi, bassi, sono ordinati, graziosi, strade strette e abbastanza pulite, nonostante il passaggio delle innumerevoli carrozze a cavallo per turisti; lampioni in stile, insegne dei negozi anche, tutto ricorda un'atmosfera di tempi passati.

- non abbiamo una mèta precisa, anzi, per un pò gironzoliamo per il puro piacere di passeggiare in mezzo a queste strade, alla gente tranquilla.
decidiamo di pranzare in un ristorante italiano, la pizza squisita ci riporta anche un pò di buon umore.
mentre stiamo pagando, si sente arrivare una banda militare, seguita da un'altra e ancora e ancora. c'è il festival delle bande militari del mondo, giappone, belgio, stati uniti, polonia, e quanti altri paesi ancora hanno inviato i loro bravissimi e, in alcuni casi, coloratissimi musicisti. è una bella festa, i rappresentanti dei paesi asiatici sono un'esplosione di colori e di danze, i più ganzi sono quelli della banda della polizia di new york. giocano tra loro e giocano con noi del pubblico che assistiamo a questa sfilata.
un pizzico di dispiacere solo nel fatto che nessuna delle nostre bande militari partecipa a questa festa.

- il resto del pomeriggio e della sera è passato tra negozi, artisti di strada, un giro alla vecchia cittadella fortificata, vera chicca che consente anche a quebec city di entrare, a pieno diritto, nei siti patrimonio dell'umanità.
saltiamo la cena, ancora sazi dal pranzo, ma ci lasciamo tentare dai dolci di una piccola caffetteria. luci soffuse, come peraltro in tutta la città, a ricreare, direi in una ricerca continua, quell'atmosfera che già t'accoglie appena entri in questa città. se chiudi gli occhi ed elimini mentalmente le poche auto che circolano qui, tra le mura, non si fa alcuna fatica a sentirsi in un'altra epoca, antica, forse un pò antiquata, ma comunque gradevole. il mercatino vicino alla cattedrale, i pittori e incisori che espongono i loro lavori in un vicolo, i piccoli negozietti, sembra di essere a spasso per mont-martre.

- mentre torniamo alla stanza, che per fortuna è appena fuori le mura, passiamo accanto a locali di ben altro genere, bar, discopub, caffetterie, luoghi vivaci pieni di giovani, di vita. stringe il cuore vedere che in mezzo a tutta questa folla l'unico locale che sembra passarsela davvero male è un minuscolo take away arabo, incassato in una sorta di scantinato, quasi un 'basso' napoletano, vuoto mentre fuori c'è il mondo, spaurito nelle sue luci al neon, affogato in un mare di luci strobostropiche e vociare di gente.

- al semibuio, in camera, non osiamo guardarci troppo intorno. non si sentono squittii o rumori strani, e questo ci basta.

24 agosto
- ci svegliamo presto, oggi ci attende altra strada. destinazione tadoussac, circa 200 km a nord da quebec city.
man mano che ci spingiamo a nord, soprattutto dopo sainte anne de beauprè, dove la strada sale, e anche di molto, fino ad arrivare quasi ai mille metri, lo scenario che ci si presenta davanti cambia radicalmente.
immaginando il canada prima di partire, non mi figuravo le distese piatte che ho visto fino ad oggi, questa vegetazione da pianura padana ed il sole tanto forte.
no, mi immaginavo esattamente quello che ora si presenta ai miei occhi. cielo cupo, foreste di un bel colore verde intenso, scuro, temperatura che scende sensibilmente, corsi d'acqua più piccoli e violenti.

- a baie sainte catherine c'è una sorta di draga che fa la spola, continuamente, con tadoussac, dall'altra parte del fiordo saguenay. un cartello stradale, pochi km prima, nell'invitare a non correre, recita più o meno "perchè affrettarsi (a 90 all'ora, sic!)? un altro traghetto ti aspetta", ed effettivamente il trasporto è continuo, non solo per i turisti che dovono recarsi sull'altra sponda, ma anche e soprattutto perchè il fiordo saguenay, sprovvisto di ponti, costituisce un vero e proprio ostacolo per i trasporti e i collegamenti con il nord, soprattutto per le merci. il viavai di camion è continuo, soprattutto la notte, e ciò rende indispensabile un collegamento continuo.

- prenotiamo il nostro gommone per l'escursione sul fiume e andiamo a colazione.
quando stiamo per imbarcarci ci danno pantaloni e giaccone cerati; sarebbe meglio avere anche un cappellino, perchè è previsto che prenderemo tanta acqua, ma non ce l'abbiamo e il nostro giaccone non ha il cappuccio.
due coppie di italiani se la tirano un pò, soprattutto i due signori, esitano a mettersi le cerate, quasi vogliono ostentare di essere lupi di mare, cosa sarà mai un'escursione sul fiume?
sul gommone siamo i primi, io e la marinaia, così abbiamo modo di sederci davanti, nei posti più riparati. gli altri sono disposti lungo le ringhiere esterne, c'è un ragazzo proprio al centro della barca e i nostri quattro laggiù, proprio in fondo.

- partiamo. tempo due minuti e la pilota, una ragazza simpatica e allegra, spara la manetta del gas. tempo un altro minuto e tutti, a parte io, la marinaia e la mia dirimpettaia, sono bagnati. il ragazzo a centro barca è mollo. i nostri quattro sono fradici. siamo appena partiti, l'escursione durerà tre ore. auguri.

- dopo circa mezz'ora arriviamo ad uno dei punti di avvistamento, e la vediamo subito. il san lorenzo, nel punto in cui ci troviamo, non è più un semplice fiume. siamo all'inizio della foce, ci son dei punti dove è largo più di cento km, e subisce fortemente le maree dell'oceano atlantico, che rendono l'acqua salata e particolarmente ricca di cibo per il più grande mammifero vivente.
una balena, bella, maestosa, fa capolino prima con lo spuzzo, poi con il muso, poi si inarca per rituffarsi, qualche secondo e riappare, danza di nuovo, si rituffa, poi sparisce. per circa due ore godremo di questo spettacolo continuo, vediamo circa una dozzina di balene, ma anche delfini e tante, tante foche. uno spettacolo meraviglioso, reso ancor più gradevole per questa sorta di 'caccia' continua fatta a bordo di questo gommone, le balene giocano con noi qualche secondo, poi scompaiono, si avvicinano, riemergono da qualche altra parte. finito di osservarne una via, si corre in un altro punto del fiume, un altro zampillo, un'altra balena. dopo poco anche le foche - e chi le ha mai viste se non allo zoo - diventano quasi insignificanti. una spalanca la bocca proprio davanti a noi, ingurgita qualche decina di litri d'acqua e qualche chilo di krill, poi va giù.

- torniamo verso il porto, sono quasi le quattro del pomeriggio e comincia davvero ad essere freddo. in tutto questo, io e la marinaia non ci saremmo bagnati per niente, se solo non avesse piovuto per qualhe minuto in uno dei momenti in cui la barca era ferma per un avvistamento. tutti gli altri sono davvero zuppi, il ragazzo che era a centro barca non ce l'ha fatta più e ha chiesto pietà alla sua compagna, i quattro italiani, laggiù in fondo, sarebbero meno bagnati se si buttassero direttamente in acqua. sono così molli che, a terra, spogliandosi delle cerate avranno anche i vestiti bagnati. guardo la pilota, che ci da giù con la manetta del gas e sorride sorniona. al porto le sussurro un "ti sei divertita, eh?" al quale risponde con un sorriso e un "anche tu"...

- è tardi quando arriviamo a quebec city, neanche il tempo di fare una doccia prima di cena, se non vogliamo rischiare di trovare tutto chiuso.
torniamo alla pizzeria di ieri. parliamo col proprietario, un sardo che vive qui da 17 anni, ci racconta un pò com'è la gente, com'è l'inverno. ci racconta di nevicate di quattro metri, la veranda dove ci troviamo sommersa di neve, in cui si diverte a scavare un tunnel per arrivare alla staccionata. ha nostalgia dell'italia, dove torna spesso, ogni anno, ma non ha nessun dubbio nel sostenere che qui è molto più vivibile.

- andiamo a letto con l'idea di fermarci un altro giorno; ma dobbiamo assolutamente cambiare sistemazione.

25 agosto
- vodafone mi restituisce la linea a tratti, a seconda di come diavolo gli pare.
per esempio, so per certo che l'ho avuta tra le tre e le quattro di stanotte, quando mi è arrivato un messaggio e due telefonate (in italia il fuso è +6 ore). in compenso, ora che sono ben sveglio la linea non ce l'ho!

- usciamo per andare a cercare un'altra stanza.
ieri sera, tornando al b&b, ho visto un posto che mi sembrava carino, e andiamo a bussare. è un altro b&b, i proprietari sono madre e figlio algerini. ci accolgono subito con calore, ci fanno accomodare in sala mentre gli ultimi clienti fanno colazione, la camera c'è e costa molto meno di quella da cui vogliamo fuggire, non c'è il posto auto - ma questi non fanno i parcheggiatori - ma ci daranno una scheda per il parcheggio pubblico. ci chiede, la mamma, se vogliamo far colazione subito, decliniamo l'invito con gentilezza e con gentilezza lei non insiste.
ci dice di andare a prendere i nostri bagagli, nel frattempo ci sistemerà la stanza, che abbiamo già visto e che ci piace.

- torniamo da mr. albània, come lo chiama la marinaia. chiudiamo le valigie e scendiamo alla macchina. lo incontriamo lì.
allora andate?
sì, andiamo via..
montreal?
no -
dice la marinaia - montreal domani...
e non aggiunge altro, nè altro aggiungo io.
mentre faccio manovra faccio un cenno, l'albanese risponde al saluto ma è il viso che mi colpisce. quell'espressione che in una frazione di secondo mi racconta molto. quell'espressione dice che sa che ci ha fregato, ma alla fine ci ha dato un letto in un momento in cui non era così scontato che lo trovassimo a breve; ha capito che abbiamo capito e andiamo via per questo, sa che saremmo pari, lui i soldi, e tanti, per questo cesso di stanza, noi la rivincita perchè andiamo via e neanche nascondiamo che stiamo trasferendoci in un altro albergo, non in un'altra città; quell'espressione sa di vittoria e di sconfitta, di mille fregature date al prossimo e di mille abbandoni ricevuti dal prossimo, tutti lo cercano un albanese che ti leva dalle pesche, nessuno ci rimane con un albanese che puzza di sporco e di parcheggiatore e di viscido. quello sguardo, quell'attimo, mi regala la sua consapevolezza della sua triste solitudine, una vittoria di pirro o una sconfitta indorata dal soldo.

- anche oggi decidiamo di passeggiare senza troppe mète precise. a metà mattinata facciamo un giro fuori città per andare a vedere una piccola cascata - quasi un must, dicono qui, in realtà niente di così impressionante - poi ci diamo ad un pò di shopping.
la marinaia compra una 'berretta' - come la chiama lei - per l'inverno (sarà la duecentesima...) in un negozio gestito da un puttanone biondo... poi entriamo in un atelier d'arte inhuit, la commessa ci racconta di questi artisti indigeni che tentano di preservare la loro arte e cultura, e gli oggetti che abbiamo davanti ci raccontano delle loro tradizioni.
compriamo la miniatura di un inukshuk, che significa "simile ad un uomo" o qualcosa del genere. gli inukshuk sono figure di pietra ricostruite dai cacciatori per depistare i caribù. venivano sistemati in una sorta di tragitto ad imbuto, l'animale scambiava l'inukshuk per un vero essere umano, cosicchè per sfuggirgli si spostava in una direzione resa obbligata proprio dal posizionamento degli uomini di pietra. al termine del percorso, i caribù non trovavano la sospirata salvezza, ma uomini in carne ed ossa, i cacciatori che avevano teso la trappola.
un racconto quasi da epopea per un metodo di caccia che potrebbe sembrare subdolo e cruento, ma che in realtà è in linea con la natura e niente ha a che vedere con le moderne tecniche di caccia e di allevamento.

- finiamo la serata e i nostri giorni a quebec city di nuovo alla stessa pizzeria e finalmente in un letto accogliente.

 
 
 
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Un blog di: cicuta4
Data di creazione: 24/10/2007
 

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