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« Inesorabile destinoTerza Mattonella »

Il biondo Tevere

Post n°3 pubblicato il 18 Settembre 2006 da Don.Juan_De.Marco
 

Mercoledì sera ore 20,30 fischio d’inizio di una partita di calcio Italia vs. Kittipare, finale 7-8 posto della Coppa Rica/del Nonno, tutti nelle case a tifare, tutti nelle case a sperare, tutti nelle case, tutti.

In strada regnava una calma irreale e Leo era lì, lontano da sguardi indiscreti. Quel silenzio lo accarezzava, ne era avvolto, protetto, rassicurato. Era il suo momento.

 Quei colori grigi, le atmosfere insipide, slanci mai compiuti, parole dette ma all'orecchio di chi non era in grado di ascoltare. Una vita mai vissuta. Era sempre lì, dietro le quinte, attore non protagonista, comparsa dell'ultimo momento.

“Un gesto – urlava dentro di sé – solo un gesto, ti prego, unico, risolutivo”

Colto da intuizione improvvisa, fu inesorabilmente attratto dal Biondo Tevere e le sue roscie pantegane. Fermò l’auto e quasi in apnea aprì la portiera, saltò fuori, si guardò intorno furtivo, schizzò verso il portabagagli, estrasse la corda, prese l’àncora di suo zio, richiuse e senza voltarsi partì alla volta del suo destino.

Trovatosi dinanzi ad uno dei tanti ponti pensò di rendere il suo gesto più eclatante, un volo carpiato stile “Mister Ok” il primo dell’anno gli sembrò un’immagine consona da lasciare ai posteri.

Con l’adrenalina a mille, gli occhi iniettati di sangue, una sudorazione esagerata, un battito cardiaco da musica tecno, in pochi secondi si liberò di tutto ciò che rivestiva il suo corpo, tranne le scarpe nuove di camoscio, no loro dovevano appartenergli fino alla fine.

Riassumiamo un attimo: all’ora di cena di un mercoledì calcistico, un uomo in stile adamitico era intento a bagnare le sue scarpe nuove, sfruttando nell’ordine forza di gravità, peso corporeo e un ferro arrugginito trafugato ad un tizio che risultava essere suo zio.

Chissà forse è proprio questo che pensò un passante vedendo la scena nelle sue fasi salienti.

Una cosa fu subito chiara: l’incantesimo di quel gesto costruito nella mente di Leo ed azionato dal suo corpo svanì miseramente una volta verificata la presenza di quell’ospite inopportuno.

Ecco quindi che il potenziale suicida ad uno sguardo distratto e superficiale sembrò essere piuttosto una persona dall’atteggiamento esibizionista, che certo mostrava i suoi averi ad uno sconosciuto, ma pareva più orgoglioso delle sue scarpe nuove di camoscio.

Rovinato l’attimo fuggente, la mente di Leo ricevette un impulso di pari forza ma in senso contrario rispetto ai propositi iniziali.

Così com'era, si precipitò in macchina, accese il motore, riversò tutta l'ansia del momento sul pedale dell'acceleratore e fuggì via, a tutta velocità, lontano, il più possibile.

Il giorno seguente un trafiletto del giornale riportava quanto segue: “Pirata della strada sbanda con la propria auto cadendo rovinosamente in fondo al fiume, identità sconosciuta, di lui non è stato rinvenuto alcun effetto personale, se non un paio di scarpe di ottima fattura. Più o meno alla stessa ora uomo si getta nel Tevere, la patente rinvenuta sul ponte non lascia dubbi, si trattava di un certo Leo Malatesta”.

Il destino alzò il sipario, la gente si levò in piedi e rese giustizia a quell'attore sconosciuto finalmente protagonista.

 
 
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