Creato da vanda.gv il 14/04/2013

Bastano le parole?

Mah !

 

 

Come le persone ti trattano
è il loro Karma,
come reagisci è il tuo 

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OLTRE

Non fermarti vai oltre,
attraversami guardando
e guardami
attraversando uno spirito
che sa di rare melodie
e poi vai ancora oltre.
Non curarti dell'evidenza,
sorvola il miraggio,
cacciatore di eteree visioni,
afferra con la mente l'invisibile,
custodiscilo
come dono segreto concesso a pochi,
perché solo pochi meritano,
solo pochi. sanno cercare
solo pochi hanno occhi per vedere,
oltre

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RECIPROCITÀ

 

Ci sono cataloghi di cataloghi.

Poesie su poesie.

Ci sono drammi su attori

recitati da attori.
Lettere in risposta a lettere.

Parole che spiegano parole.
Cervelli impegnati
a studiare il cervello.
Ci sono tristezze
contagiose come il riso.
Carte nate da carte macerate.
Sguardi veduti.
Casi declinati da casi.
Fiumi grandi per il copioso
contributo di piccoli.
Foreste infestate da foreste.
Macchine destinate
a produrre macchine.
Sogni che all’improvviso
ci destano dai sogni.
Una salute di ferro necessaria
a riacquistare la salute.
Scale che portano giù
come portano su.
Occhiali per cercare occhiali.
L’inspirazione e
l’espirazione del respiro.
E ci sia anche,
almeno di tanto in tanto,
l’odio dell’odio.
Perché alla fin fine
c’è l’ignoranza dell’ignoranza.
E mani ingaggiate
per lavarsene le mani.


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LA DONNA CHE VORREI ESSERE

La donna che vorrei essere
indossa verità anche se rischia
di restare nuda in pieno inverno.
La donna che vorrei essere 
ha dismesso il camice da infermiera,
l'aureola di santa, il potere di seduttrice.
La donna che vorrei essere
si specchia nelle altre donne, 
dialoga con loro, le cerca.
La donna che vorrei essere
non compiace né compete con gli uomini, 
non li domina, non li sminuisce, 
si fa rispettare, non ama il carnefice.
La donna che vorrei essere
è una madre che non possiede, che non proietta, 
e anche senza bambini è ugualmente gravida, 
partorisce doni, non li tiene per sé.
La donna che vorrei essere
accoglie la diversità,
non forza nulla, lascia che la vita sia.
La donna che vorrei essere
ha il coraggio di lottare per sé stessa
e di arrendersi a sé stessa.
La donna che vorrei essere
carezza la paura,
la trasforma in possibilità.
Il mondo che vorrei
accoglierebbe questa donna
senza voti né premi, lascerebbe che fluisse
come un piccolo guizzo di fiume.
Il mondo che vorrei
ripudia ogni categoria.
La donna che sono ama essere donna,
ma desidera ancor più essere una persona.
La donna che sono intanto si allena in stile libero.
E se quel mondo sarà, è pronta a tuffarsi.

 

 

Adultità

Post n°869 pubblicato il 28 Luglio 2019 da vanda.gv

Se doveste dire quando si diventa adulti oggi, cosa rispondereste?

Ho provato a porre questa domanda a tutte le persone che da un anno a questa parte ho incontrato durante i corsi e seminari che ho tenuto. Centinaia di persone che hanno tentato di dare la loro risposta.

Dopo un silenzio iniziale di riflessione che ha contraddistinto tutti i gruppi, le risposte che giungevano erano sempre le stesse: quando si va a vivere da soli, quando ci si sposa, quando si fanno i figli, quando si trova un lavoro. Tutte risposte che riflettono una rappresentazione sociale, che rimandano ad una visione di un mondo adulto fatto di responsabilità e autonomia.

Un mondo di persone che lavorano, che non chiedono la paghetta a mamma e papà, che si fanno le lavatrici da sole, che hanno la capacità di spendere perché guadagnano.

Un perfetto ritratto della società consumistica in cui siamo immersi e di cui troppo spesso ci dimentichiamo di esserne parte.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg, è una lettura superficiale e parziale di cosa significhi essere adulti.

Essere adulti è ben altra cosa.

Io ritengo che adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre.

Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre. 
Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente riconoscendone la verità dei sentimenti passati, che se non ascoltati diventano, presenti, futuri, eterni.

Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non hanno saputo o potuto dare. 
E’ qualcuno che non cerca compiacimento, rapporti privilegiati, amore incondizionato, senso per la propria esistenza nel partner, nei figli, nei colleghi, negli amici.

Adulto è colui che non crea transfert costanti, vivendo in un perpetuo e doloroso gioco di ruolo in cui cerca di portare dentro gli altri, a volte trascinandoli per i capelli. 
Adulto è chi si assume le proprie responsabilità, ma non quelle come timbrare il cartellino, pagare le bollette o rifare i letti e le lavatrici. 
Ma le responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni, delle proprie paure e delle proprie fragilità.

Responsabile è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe alla crisi, al governo ladro, al sindaco che scalda la poltrona, alla società malata, ai piccioni che portano le malattie e all’insegnante delle elementari che era frustrata e le puzzava il fiato. 
Sembrano adulti ma non lo sono affatto.

Chi da bambino è stato umiliato, chi ha pensato di non esser stato amato abbastanza, chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura, chi ha incontrato la rabbia e la violenza, chi si è sentito eccessivamente responsabilizzato, chi ha urlato senza voce, chi la voce ce l’aveva ma non c’era nessuno con orecchie per sentire, chi ha atteso invano mani, chi le mani le ha temute.

Per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda rielaborazione, se non si è avuto ancora il coraggio di accettare il dolore vissuto, se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità” è un’illusione. 
Io ho paura di questi bambini feriti travestiti da adulti, perché se un bambino ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni è pronto a fare qualsiasi cosa. 
Un bambino ferito travestito da adulto è una bomba ad orologeria.

L’odio potrebbe scoppiare ciclicamente o attendere a lungo per una sola e violenta detonazione, altri preferiscono implodere, mutilando anima e corpo, pur di non vedere. 
Ciò che separa il bambino dall’adulto, è la consapevolezza. 
Ciò che separa l’illusione dalla consapevolezza è la capacità di sostenere l’onda d’urto della deflagrazione del dolore accumulato.

Ciò che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e leggerezza.

Non si giunge alla felicità attraverso la menzogna.
Non si può fingere di non aver vissuto la propria 
Non si può essere adulti se nessuno ha visto il bambino che siamo stati, noi per primi.

. Emily Mignanelli (l'autore ha chiesto di pubblicare interamente il suo brano che si trova qui https://hundredsofbuddhas.com/2019/06/27/state-alla-larga-dai-bambini-feriti-travestiti-da-adulti/ )

 
 
 

Il tesoro

Post n°868 pubblicato il 14 Gennaio 2019 da vanda.gv

Se cerchi un tesoro
devi cercarlo nei posti meno visibili,
non cercarlo nelle parole della gente,
troveresti solo vento.
Cercalo in fondo all’anima di chi
sa parlare con soli silenzi.

.Alda Merini

 
 
 

Il Tempo del sentimento

Post n°867 pubblicato il 25 Dicembre 2018 da vanda.gv

Il Tempo del Sentimento
non conosce nè ieri nè domani
la sua dimora non ha mura
il suo pensiero non ha limiti
sfugge a regole e non vede orizzonti.
Esso si libera da ogni vincolo,
rendendo infinito l' attimo condiviso
in un presente che poi si espande
e che interamente a Noi ci comprende.

E così lento si fa il tempo dell' attesa,
che è parte di quell' amato Tempo..
ha in sè lo stesso eterno sapore,
ne conserva il tatto e pure l' odore.
Nel letto la sera sa farsi intimo abbraccio
nei sogni è desiderio, immagini e speranze
scivola sulla pelle, sulle labbra, sul ventre..
penetra nella carne, e così forte batte nel petto
quando ancora caldo al mattino, in me si risveglia

Il Tempo si dilata
tutto inghiotte avidamente.
Raccoglie sfumature,
carezze di sguardi,
silenzi eloquenti,
parole non pronunciate..
e coglie,
nella resa totale di sè,
un nuovo senso.. di incompiuto..
o forse solo d' Infinito


*******
(a Lei, che in amore l'ha creata)
sempre nel cuore

 
 
 

Poi

Post n°866 pubblicato il 08 Agosto 2018 da vanda.gv

Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga  poi scoperto. 

 

.Italo Calvino

 
 
 

Rime tempestose (gli amanti non sanno fermarsi)

Post n°865 pubblicato il 08 Dicembre 2017 da vanda.gv

 

Ti ho tolto le scarpe, pesanti di passi e d’inciampi, di tanghi che pestano i piedi, di soste e di salti. Mi hai tolto i vestiti, di sopra di sotto, mi hai sfilato le calze, ti ho tolto i programmi, il ti faccio mi fai, il mi piace cosìcosì proprio no, mi hai tolto quello che so.

Mi hai tolto la rabbia, il sapore cattivo che lasciano in gola le frasi non dette. Mi hai tolto la taglia che misura le tette. Ti ho tolto i tuoi anni peggiori, mi hai tolto le impronte di mani sbagliate, le feste indigeste se son comandate. Mi hai tolto i sarò poi all’altezza? Ti ho tolto dal pugno la migliore carezza. Ti ho tolto i baci di bocca, mi hai tolto il respiro, ti ho tolto corazza, elmo, cintura, mi hai tolto dall’arma anche la sua sicura. Ti ho tolto ogni freno, mi hai tolto dal sangue l’oscuro veleno. Ci siam tolti la voglia, dei corpi sui corpi, degli occhi negli occhi, dei vuoti nei pieni, dei forti nei piani, dei miei ricci tessuti tra le tue mani. Nudi alla meta e l’amore era meta e cammino, eravamo la vetta e il sentiero, eravamo il viandante, lo sguardo smarrito dello straniero, eravamo il paesaggio, eravamo un bel viaggio.

E lì dovevamo fermarci, eravamo arrivati. Dovevamo lasciarci qualcosa, per dopo, per sempre, e invece ci siamo lasciati.

Perché poi ti ho tolto i pensieri leggeri, mi hai tolto il piacere di chiedere prima di avere. Ti ho tolto l’attesa per ciò che si conosce, mi hai tolto la mano distratta che sfiora le cosce. Ti ho tolto la fame, mi hai tolto la sete, mi hai tolto il gusto del volo se non c’è la rete. Ti ho tolto il sorriso nel sentirmi stonare, mi hai tolto l’intima gioia del tuo lento russare. Mi hai tolto la luce del tuo riflettore, ti ho tolto la smania di fare l’amore. Ti ho tolto la mia comprensione, mi hai tolto il tuo corpo come colazione, mi hai tolto la quiete e io la tempesta, ti ho tolto domenica come giorno di festa. Ti ho tolto l’istinto, mi hai tolto l’aiuto del filo nel tuo labirinto, ti ho tolto l’applauso dopo la battuta, mi hai tolto la sedia e sono caduta. Mi hai tolto il biglietto dal regalo a Natale, ti ho tolto il bacio d’estate al sapore di sale. Ti ho tolto dal vaso la vana speranza di bastarci noi due, due cuori e una stanza.

Di spalle sul letto, gli occhi arrossati, i corpi dei nostri corpi svuotati. Ti sei messo le scarpe, ti ho messo il cappotto, mi hai aiutato col mio, ci si veste veloci prima di dirsi addio. Ci siamo guardati, ci siamo scordati. Di quando nudi alla meta, l’amore era meta e cammino, eravamo la vetta e il sentiero, eravamo il viandante, lo sguardo smarrito dello straniero, eravamo il paesaggio, eravamo un bel viaggio.

Enrica Tesio

 
 
 
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