Creato da veuve_cliquot il 10/01/2011

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PARTO CESAREO

Post n°122 pubblicato il 31 Marzo 2012 da veuve_cliquot

Piero della Francesca: Madonna del parto

 

 

L’Italia ha molti primati più o meno encomiabili, e ultimamente ne ho scoperto uno nuovo.

Tutti sappiamo che il nostro è il paese occidentale ad avere la più bassa natalità, ma nello stesso tempo abbiamo in questo campo un altro primato: quello del numero di tagli cesarei. Il parto cesareo è passato, infatti, dall’11% del 1980 al 38% del 2008. Questa percentuale supera di molto la soglia del 10-15% che, secondo la raccomandazione pubblicata nel 1985 dall’O.M.S. garantisce il massimo beneficio complessivo per la madre e il nascituro e si discosta notevolmente anche dagli standard europei. L’Italia presenta a livello europeo la più alta percentuale di cesarei, seguita dal Portogallo con il 33%, mentre negli altri paesi si registrano valori inferiori al 30% che scendono al 15% in Olanda e al 14% in Slovenia.

C’è inoltre una notevole variabilità su base interregionale con valori tendenzialmente più bassi nell’Italia settentrionale e più alti nel meridione: si va dal 24% in Friuli e Toscana al 60% in Campania. E anche nella stessa regione si registrano differenze significative in base alla tipologia amministrativa e al volume di attività con percentuali di taglio cesareo nettamente superiori alla media nazionale nei reparti con basso numero di parti e nelle strutture private accreditate (60,5%) e non accreditate (75%) rispetto a quelle pubbliche (34,8%).

Eppure nessuno studio ha evidenziato che il taglio cesareo determini una riduzione del rischio materno-fetale,né miglioramenti significativi degli esiti perinatali. Al contrario,i dati disponibili riportano una più alta mortalità perinatale nelle regioni meridionali del paese, dove la percentuale di tagli cesarei è più elevata.

Questi dati li ho presi dal sito del Ministero della Sanità che ha elaborato delle linee guida, rendendosi finalmente conto che forse c’è qualche cosa che non funziona in questa pletora di tagli cesarei.

 

La variabilità rilevata sembrerebbe essere più legata a carenze strutturali e organizzative, aspetti culturali che assimilano il taglio cesareo a una modalità elettiva di nascita, scarsa competenza del personale sanitario nel gestire la fisiologia (taglio cesareo visto come pratica difensiva), che non a reali condizioni cliniche. Ma personalmente io ce ne metterei un’altra , proprio guardando i dati che rilevano come essi vengano effettuati maggiormente nelle strutture non pubbliche e quindi vengono pagati dal paziente.

 

Eppure la gravidanza è un processo fisiologico, quindi l'intervento assistenziale dovrebbe essere limitato ai casi in cui il non effettuarlo comporterebbe gravi conseguenze sia per la madre che per il bimbo;  e le pratiche in cui il taglio cesareo è inevitabile sono ormai ben standardizzate.

Ultimamente ha fatto molto scalpore la decisione dei ginecologi inglesi che hanno inserito nelle loro linee guida, come indicazione al taglio cesareo, anche la volontà della madre come unica ragione.

 

Ma perché una donna dovrebbe scegliere di effettuare un intervento chirurgico contro un evento che è ritenuto fisiologicamente naturale? Diversi studi rilevano che la motivazione più frequente è la paura del parto, riconducibile a ragioni diverse: paura del dolore, esperienza di abuso o violenza, storie pregresse di parto fisicamente o psicologicamente traumatico e anche il timore di non ricevere un'assistenza di qualità durante il travaglio e il parto. Ma quanto i medici che probabilmente hanno interessi di varia natura, fomentano questa paura?Quanti spiegano che il parto cesareo, come tutte le procedure chirurgiche non è scevro da rischi e complicanze e che il dolore può essere combattuto con una buona analgesia? Quanto questa accettazione da parte del medico nasconde motivi economici o paura di eventuali conseguenze medico-legali? 

Ecco quello che io mi chiedo: a queste cinque donne su dieci che in Campania scelgono di effettuare il taglio cesareo ( ho tolto quella donna che invece ha necessità del cesareo come indicato dall’OMS), qualcuno ha parlato cercando di far capire loro che il parto cesareo non è scevro da rischi e da complicanze anche durature, che il dolore può essere combattuto con una buona analgesia, che si potrà alzare subito e allattare il bimbo mentre se verrà operata dovrà rimanere allettata e ricoverata con antibiotici per molti giorni e con il rischio di non poter allattare?

 

Ma probabilmente, in questa nostra epoca che ha medicalizzato tutto, dalla nascita alla morte, non ci si rende più conto di ciò che è fisiologico da ciò che è patologico. Il ricorso agli specialisti per banali cefalee o doloretti o palpitazioni assolutamente insignificanti, riempiono gli ambulatori, facendo poi lamentare gli stessi utenti delle lunghissime liste di attesa, e sono ormai il campanello di allarme di un’ansia dilagante spesso fomentata dai mass media e dall’incapacità dei medici di famiglia ormai ridotti a semplici scribacchini. Quanti di noi hanno visto passare disturbi fisici dopo pochi giorni senza nessun intervento medico? Si parla tanto di prevenzione, ma sembra che l’unico messaggio che abbiamo percepito sia quello di andare dai medici e di farsi dare un farmaco o fare un esame. Spesso solo questo riesce a calmare la nostra ansia. Ma la prima prevenzione sarebbe quella personale, con uno stile di vita che comporta movimento, scelta dei cibi, astensione da fumo e alcol, evitare stress.

Ma questo implica un sacrificio personale che spesso nessuno di noi è disposto a compiere.

 

 

 
Rispondi al commento:
complicemente1
complicemente1 il 07/04/12 alle 17:39 via WEB
Hai ragione, ma quelli che tu chiami "sprechi" per certi medici non sono altro che ulteriori introiti ai quali non POSSONO proprio rinunciare, e al diavolo la deontologia professionale! ciao V_C auguri di buona Pasqua. MIA
 
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