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Ricordo e Preghiera

Post n°37 pubblicato il 17 Maggio 2016 da viensur

Egli era un uomo eccezionale.  Sempre allegro, positivo, sorridente. Lo vedevo altruista, buono, tanto caro. Il giorno del suo funerale non potrò mai dimenticarlo: capii in quel momento che aveva tantissimi amici e tante, tante persone che gli volevano molto bene. E questo la dice lunga su chi fosse. Perché i parenti, in un certo senso, sono "costretti " a venire. Gli amici no. Conserviamo un quaderno in cui ci sono tutti i pensieri che gli sono stati dedicati. Il luogo ove riposa è pieno di mie poesie e di tutto ciò che gli porto, ma  anche dei pensieri di tutti coloro che nel tempo gli sono stati vicini. Mamma ha preso i più belli, li ha plastificati e li ha messi vicino a lui. Quando non era impegnato col suo lavoro stava sempre in parrocchia; il più delle volte trascorreva il suo tempo libero in oratorio, con i bambini che giocavano a calcio o facevano teatro. Il suo migliore amico era proprio Don Nicola.  Aveva delle passioni: la musica,  adorava cantare e la “Juve”; ma direi tutto il calcio in generale . Poi c’era la bici. Ogni Domenica, prima della messa, usciva in bici con altri appassionati. Amava molto la mamma. La accontentava in tutto. Il suo cruccio era che non riusciva a coinvolgerla nelle attività parrocchiali. E la sera o la domenica, quando in parrocchia organizzavano delle uscite, siccome lei non voleva andarci, lui rinunciava. Mi amava molto. Io lo amavo e lo amo ancora. Ma solo in malattia gli ho manifestato il mio amore. Glielo dimostravo anche prima, ma nella malattia l'ho fatto anche con le parole. Guardavamo insieme le partite. Andavamo insieme allo stadio. Era molto geloso di me. Ero il suo orgoglio. Dopo che è morto in tanti che non conoscevo sono venuti a dirmi che parlava sempre di me, che ero tutto per lui. Dopo la sua scomparsa niente più è stato uguale a prima. Non per il cambio delle città, delle abitudini. No! È cambiato proprio il mio modo di vedere. Sono solita dividere la mia vita in due; prima e dopo papà. Ho vissuto male la sua malattia. Davanti a lui sorridevo, ero allegra. Appena potevo invece piangevo…Mai dimenticherò il giorno in cui il medico disse:"non è più il caso di fare la chemio. È inutile inseguire qualcosa che ha spiccato il volo". Noi fingevamo per lui. E lui lo faceva per noi. Ogni volta che lo chiamavano per sapere come stesse rispondeva sempre: io sto bene e tu? Questo era mio padre. Lui era contento che avessi deciso per Giurisprudenza. Voleva la mia felicità.E come quasi tutti i papà del mondo, voleva il meglio per me. Amava la vita ed anche se ha vissuto poco, ha saputo apprezzarla. È stato sempre forte,senza mai lamentarsi. Quando faceva la chemio non andava al lavoro perché aveva la mattinata impegnata in ospedale. Ma appena tornava montava su in sella e pedalava. Si attaccava all’esistenza come poteva. Io non ho preso da lui. Oltre a somigliargli esteticamente ed essere sopra le righe, come lui, non ho altro. Ti dicevo che ho dei ricordi molto forti legati a lui. Un giorno che già non stava bene, si mise a lavare i piatti con mamma cantando “Il cielo in una stanza”. In quel momento ero felice, nonostante la mia sofferenza interiore. Lui riempiva tutto con la sua voce e la sua presenza. E questa stessa canzone l'abbiamo ballata io e lui ad un matrimonio. Quello stesso giorno prese il microfono e cantò a mamma anche "E tu", di Baglioni. Esiste un video di quel momento, ma io non ho mai avuto il coraggio di rivederlo. A volte mi sembra impossibile che non ci sia più, altre che sia vissuto. Poi mi guardo allo specchio e vedo la prova evidente della sua esistenza. Si è messo a letto a Gennaio 2014. Un mese prima che ci lasciasse. Era ridotto pelle ed ossa; non si nutriva quasi più. La mattina, prima che andasse via, gli avevano messo una cannula al petto per l'alimentazione enterale. Mentre ero un ospedale con lui andai in cappella e scrissi una lettera a Gesù, affinché lo liberasse dal suo dolore. E tornato da lì, mamma fu aiutata dal vicino per prenderlo in braccio. Si affaticò molto. Passai tutto il pomeriggio nella sua camera, accanto a lui che leggeva, immaginando il suo funerale e temendo la sua fine. La psicologa mi ripeteva sempre che dovevo lasciarlo andare. Mi ero spostata un attimo per farmi un panino e sento che urlava. Corro da lui, c'era la mamma che lo teneva stretto. Lui aveva gli occhi sgranati e per la prima volta mi ha guardato ed ha detto:"mamma mia, sto morendo". Sono corsa a chiamare i soccorsi e dopo poco sono arrivati. Non sono più entrata da lui. Da vigliacca quale sono mi sono chiusa in cucina. Sentivo che lo chiamavano, ma lui non rispondeva. Lo hanno portato via in ambulanza, io ho guardato dalla finestra e mamma lo ha seguito in macchina. L'ho fatto andare via da solo. Neanche ad un cane avrebbero riservato questo trattamento. Le vicine mi dicevano che forse si sarebbe ripreso ed io invece speravo che finisse. Non ce la facevo più. Ero uno strazio vederlo così. È entrato in coma subito e da lì è tornato a casa; poco prima della mezzanotte se ne è andato via. Io ero dalla vicina e mi ha tel. mamma per dirmi che non c'era più. Ho urlato, mi sono presa a pugni in testa, ma ero felice che fosse finita. Al suo funerale gli ho dedicato "Se mi ami non piangere", di Sant'Agostino. Ho fatto la brava figlia quando in realtà sono un essere spregevole che pregava perché suo papà morisse. Ricordo come fosse ieri il giorno della tumulazione. Il ritorno a casa. Nella sua camera da letto c'era lo stesso gelo di quella notte che ci ha lasciato.Non ho parlato per giorni.  Ero sempre stesa al suo posto. Ricordo che se uscivo e quando tornavo a casa vedevo i vicini, aspettavo in macchina per non farmi dare le condoglianze. Prendevo i suoi vestiti e li odoravo. Prendevo anche le maniche del suo giubbino e me le mettevo intorno al collo. Come se lui mi stesse abbracciando. Prima che andasse via, ogni notte non dormivo. Avevo il terrore di perderlo ed allora mi alzavo e zitta, zitta mi avvicinavo a lui per controllare che respirava. Forse riposava; lui non ha mai detto niente. Ma per tranquillizzarmi, da sotto le coperte, mi faceva sentire un colpetto di tosse. Era il suo modo di dirmi: “amore sono ancora qui”. Quando eravamo insieme, ogni qualvolta lo guardavo, mi faceva l'occhiolino. Era il nostro gesto d' intesa. Ed io gli sorridevo. Non riesco più a scrivere. Non ce la faccio. Non passerà mai questo dolore. Il suo non esserci più è una ferita ancora aperta, che fa male. Sono stata egoista. La sofferenza che ancora ho dentro la merito tutta. Mi vergogno molto, ma vorrei chiederti una cosa: ti andrebbe di conoscerlo? Non ho mai portato nessuno, tu ne sei degno. Non sentirti in obbligo.Se non te la senti per qualsiasi motivo, capirò. Non avere paura di ferirmi. Perdonami per tutto il tempo che ti ho rubato. E grazie di avermi letta….

 “Le lacrime sono il sangue dell’anima” (Sant’Agostino, “Sermones”, 351,4,7) 

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Commenti al Post:
dolcestellanascente
dolcestellanascente il 10/04/17 alle 14:56 via WEB
Ciao, complimenti tantissima emozione.
 
mari4570
mari4570 il 26/06/17 alle 21:42 via WEB
Molto commovente ,che Iddio ti aiuta a trovare la pace al piu' presto per il tuo grande dolore daltronde questa e' la vita ci dobbiamo passare tutti.Ciao:)
 
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