il borgonotizie,curiosità, storia di un'epoca affascinante... Curato da: Barile Giuseppe |
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Post n°27 pubblicato il 21 Maggio 2009 da de_Molay88
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Post n°25 pubblicato il 28 Maggio 2008 da de_Molay88
La storia |
Europa Carolingia (VIII
In Francia
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L'Europa Carolingia - Barile giuseppe |
Considerazioni terminologiche e cause strutturali della caduta dell'Impero |
Marco Meschini Quando il professor Cristoforo Keller, in una tarda serata del 1688, vergò l’ultima pagina del suo lungo lavoro, non sapeva d’aver scritto un’opera storica. O meglio, sapeva d’aver composto una storia - Historia, infatti, l’aveva intitolata - ma non immaginava che il resto del suo titolo sarebbe stato un colpo di genio epocale: Historia Medii Aevi, Storia del Medio Evo. Keller - anzi, Cellarius, perché il latino era ancora la lingua nobile, e si usava latinizzare il proprio nome -, docente di storia ed eloquenza in un’università tedesca, aveva d’un tratto inventato un mondo: fra l’Età Antica e l’Era Moderna - o Recente, come la chiamava lui - fra Roma e i moderni c’era stato un lungo intermezzo, una monolitica Età di passaggio. Era “nato” il Medio Evo. Certo, già Giorgio Vasari, nel 1550, aveva distinto tre epoche per la storia dell’arte; e a ben vedere pure l’umanista Flavio Biondo aveva scritto, intorno al 1450, una storia di quei circa mille anni che Keller avrebbe raggruppato con due parole, presto fuse in un unico vocabolo. Ma fu a partire dall’opera del professor Cellarius che iniziò uno dei più duraturi dibattiti culturali che il mondo occidentale abbia mai conosciuto. Da allora a oggi infatti - e son più di trecento anni - storici e filosofi, politici e preti, lettori e appassionati si son dati battaglia sul senso del Medioevo. Così, in pieno Settecento, Voltaire e i suoi epigoni illuministici hanno scaricato sul Medioevo tutto il marcio che passava nelle loro penne: oscurantismo, irrazionalità, intolleranza. Per far risplendere maggiormente i loro Lumi era necessario far calare il buio sopra il passato prossimo; ed ecco che il Medioevo finiva ripudiato perché troppo segnato dalla fede e dalla Chiesa cattolica, l’«Infame», il nemico che si doveva schiacciare per sempre. Contro questa visione si erse l’Ottocento dei romantici: nel Medioevo non c’era forse stato l’afflato unitario della fede, l’impresa immensa delle crociate? Non era forse nato l’amore cortese, non erano sorte le cattedrali? Medioevo diveniva sinonimo di Cristianità, di unione nel nome d’un ideale superiore. Eppure l’Ottocento era anche il tempo delle nazioni europee in lotta le une contro le altre. Ed ecco quindi i francesi a cercare la propria superiorità nazionale nel millennio medievale: le crociate, in fin dei conti, non le avevano fatte loro? E i tedeschi a trovare ovunque, scorrazzando per i famosi mille anni, segni della loro «germanicità» (protestante), da ripulire dal contatto con la cultura latina (cattolica). E l’Italia non derivava forse dal Medioevo i suoi Comuni, capaci di rovesciare a Legnano la tirannia tedesca del Barbarossa? E non era forse l’Austria di metà XIX secolo l’immagine dell’Impero tedesco medievale? Così bistrattato, il Medioevo finì nei manuali di storia come un lungo elenco di papi e imperatori, re e battaglie, finendo con l’annoiare anche lo studente più diligente. E finì obliato, a parte un manipolo di storici che, da un capo all’altro dell’Europa, andavano chiedendosi: «Ma cos’è davvero il Medioevo?». Iniziò una lunga stagione di studi, svoltasi per oltre metà del XX secolo nel silenzio degli archivi a togliere polvere, riportare alla luce le tracce di un mondo sommerso ma non scomparso del tutto. Poi la ruota della Fortuna fece un altro giro. Qualcuno rivelò Il nome della rosa, e fu un bestseller mondiale: i segreti all’ombra dei chiostri medievali ridivennero all’improvviso alla moda, come non erano più almeno dall’inizio del XIX secolo, da sir Walter Scott con il suo Ivanhoe, pieno di cavalieri splendenti, nobili vergini e luridi templari. Già, i templari e i loro inconfessabili segreti. E i tesori dei catari. E i misteri del Graal. Una caccia senza freni s’è scatenata da allora alla ricerca degli enigmi «medioevali». Ma cos’è dunque questo Medioevo? «Il mondo europeo, in quanto europeo, è una creazione del Medioevo»: queste parole di Marc Bloch, lo storico belga che versò il suo sangue contro il nazismo nel 1944, sono il viatico che vogliamo prendere prima di cominciare il nostro viaggio. Perché la storia d’Europa è nata nel Medioevo, dal crogiolo di popoli che si sono scontrati e incontrati su questa propaggine d’Asia, su questa terra che non è Asia e che anzi è Europa, come capivano bene gli uomini che, nel 732 dopo Cristo, combatterono a Poitiers contro un’incursione musulmana: «Allora gli europenses, gli europei, serrarono gli scudi. E vinsero». I mille anni del Medioevo sono il lungo formarsi della civiltà europea, anche se l’Europa non si è fermata con la fine dell’Età di Mezzo. Il Medioevo non si può liquidare con un’alzata di spalle, come se «mille anni fossero un giorno che passa»: sarebbe la protervia di chi si crede Dio, o almeno un dio, e scorda la storia da cui proviene, il maestoso albero sul quale svettano le nostre conquiste. Sarebbe dimenticare che «siamo come nani sulle spalle di giganti», secondo le parole di Bernardo di Chartres, maestro del XII secolo. Rileggere la storia del Medioevo ci porta lontano da noi, nel senso che ci porta in un tempo che certamente è finito: ed è il bello della scoperta di terre nuove, di imprese spesso dimenticate e invece degne di ricordo. Ma soprattutto la storia medievale ci conduce alla riscoperta di noi stessi, delle nostre radici: di ciò in cui abbiamo sbagliato, certo, ma principalmente di ciò che è nobile e grande. È questa la stella che vogliamo seguire nel nostro viaggio, nella vasta selva del Medioevo. Marco Meschini Articolo apparso sul: www.ilgiornale.it |
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Il 13 ottobre di sette secoli fa il re di Francia ordinò l´arresto di tutti i monaci-guerrieri del Tempio di Gerusalemme. Processo e condanna furono un´atroce montatura. Nel castello di Chinon ne restano le tracce
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Dopo la conquista di Gerusalemme Dopo la conquista crociata di Gerusalemme, la Terra Santa diventò presto meta di grandi masse di pellegrini, la maggior parte dall’Europa. Il pellegrinaggio si svolgeva naturalmente in più tappe nel tragitto tra Jaffa e Gerusalemme, l’ultima delle quali era il Santo Sepolcro. Ma la situazione non era certo favorevole per un pellegrinaggio sicuro. Quasi tutto il territorio intorno a Gerusalemme era nelle mani dei musulmani che muovevano i loro attacchi da più direzioni, con rapidità e ferocia incredibile, tanto da diventare un enorme problema non solo per i pellegrini ma anche per tutti coloro che intendessero uscire fuori dalle mura della città Santa. Fonti antiche ci narrano di un tratto particolarmente pericoloso tra Ramlha e Gerusalemme, situato tra le montagne, dove vi erano molte caverne brulicanti di musulmani. Tuttavia, “gli Infedeli”, il più delle volte, non avevano enormi bastioni o fortezze(come i cristiani), ma si annidavano in posti nascosti come caverne, foreste o monti. Ciò no poteva che andare a loro vantaggio, poiché potevano contare su una fuga velocissima in un territorio che conoscevano benissimo. Molti cronisti e visitatori ci narrano del clima che vigeva in una simile condizione. L’abate russo Daniele ci parla della Terra Santa come un luogo pericolosissimo: << … i Saraceni giungono per uccidere chi viaggia lungo queste strade […] >>.[1] Ancora, Fulcherio, cappellano di Baldovino I è tra coloro che presero parte alla Prima Crociata, scelse di dimorare in Outremer, e la sua cronaca onesta e diligente offre un un’attestazione inestimabile delle condizioni dell’Oriente sotto la generazione dei nuovi insediati[2].Lo stesso descrive con queste parole il clima di tensione tra la popolazione:<< La popolazione qui vive in un perenne stato di insicurezza, sempre in attesa dello squillo di tromba che mette in guardia dal pericolo […] >>.[3] Dai resoconti delle cronache storiche del quadro di attacchi nel territorio di Gerusalemme, risultano quattro le principali vie sotto grave e costante pericolo. La prima, come già detto, situata sulla strada principale del pellegrinaggio tra Jaffa e Gerusalemme. La seconda tra Gaza e la stessa Città Santa, dove i musulmani avevano il loro covo situato su una montagna nei pressi di Hebron (a circa 23km da Gerusalemme) [ fonte n° -----]. Terza fonte di attacchi era quella a nord-est, sulla sponda occidentale del fiume Giordano,punto strategico per i musulmani per l’approvvigionamento di acqua [ fonte n°-----]. Infine abbiamo l’ultimo fronte a nord, in Galilea. Qui, nei pressi della città di Bahan, Daniele , descrive il territorio con queste parole:<< Codesto luogo è davvero terribile e pericoloso […] Il posto è terrificante […] >> [fonte n° ----]. È chiaramente tangibile la situazione di pericolo che vivevano i cristiani. La loro era una goccia cristiana in un mare musulmano. Come si comprende, tutta la città era effettivamente circondata poiché l’unica via libera era quella a ovest che conduceva alla riva del Giordano. In questo contesto, molte sono le teorie che affiorano ai nostri occhi sulla nascita dell’ordine dei cavalieri Templari. Alcune, a livello storico naturalmente, più attendibili di altre per precisione, minuziosità di dettagli e altre caratteristiche storiche compatibili con i nostri dati certi. Altre invece tendono a mitizzare o a “epicizzare” la nascita dei “poveri cavalieri di Cristo”, ma come dalla procedura, nessuna fonte deve essere scartata dal principio, quindi prenderemo in esame tutto il materiale pervenutoci. [1] L’ Abate russo Daniele in pellegrinaggio in Terra Santa tra il 1106 e il 1107, recandosi presso la chiesa di s.Giorgio a Lydda ( a circa sei miglia da Jaffa), scriveva: << Vi sono qui molte fonti; i viandanti si avvicinano all’acqua ma con grande timore, poiché è un luogo deserto prossimo alla città di Ascalona, dalla quale i Saraceni giungono per uccidere chi viaggia lungo queste strade. Una paura altrettanto grande insorge spostandosi da quel luogo verso le colline>>. - Daniel. The life and Journey of Daniel. Abbot of Russian Land, in J.Wilkinson (a cura di), Jerusalem Pilgrimage, Hakluyt Society 167, London 1988, pp. 126,136,145,156. [2] Barber, La storia dei Templari, AL 2005 , pp. 11. [3] Fulcherio di Chartres, Histiria Hierosolymitana, a cura di H. Hagenmeyer, Heidelberg 1913, 2.4, pp. 373-37; 3.2, p. 763
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I crociati realizzarono in tutto 45 chiese durante la loro permanenza. In definitiva però bisogna riconoscere l’effettiva divisione del mondo arabo che senza dubbio favorì la relativamente facile incursione da parte degli occidentali a Oriente. Una volta espugnata la città, venne proposto al grande fautore della vittoria cristiana Goffredo di Buglione di governare ma egli prontamente rifiutò forse avendo intuito la superficiale e limitata vittoria sui musulmani. In effetti tutto il territorio intorno a Gerusalemme stessa era nelle mani dei musulmani che muovevano i loro attacchi con una delle più efficaci tecniche di offesa: l’imboscata. Molto veloci e crudeli nei loro attacchi si rilevarono un enorme problema. Uno dei più significativi è quello contro il “Guado di Giacobbe”(1179). I crociati erano li impegnati a costruire un castello, quando Saladino sferrò un attacco prima che i lavori fossero terminati. Sappiamo che all’interno della costruzione vi erano circa 1500 crociati. Ciò è stato accertato dall’archeologo israeliano Ronnie Ellenbloom che da molti anni effettua ricerche presso questa località, ed è proprio qui che è stato protagonista di una stupefacente quanto macabra scoperta. Nella cisterna del forte sono state rinvenute molte ossa umane: centinaia di crociati trucidati. Dalle analisi effettuate sulle ossa, si capisce con quanta crudeltà e furia i musulmani attaccarono, tanto che Ellenbloom asserisce che i colpi venissero sferrati anche dopo che la vittima fosse ormai defunta. In questa battaglia furono uccisi circa 700-800 soldati e,cosa sconcertante, furono uccisi anche i cavalli. Saladino voleva in questo modo disonorare i cristiani. Le analisi effettuate sugli scheletri dei cavalli, portano delle domande interessanti: Che tipo di cavallo accompagnava il crociato in Terra Santa? La dottoressa Rivka Rabinovich( università ebraica di Gerusalemme), si aspettava di trovare resti di cavalli slanciati e di grossa mole,come si apprende dalle fonti antiche, e invece la scoperta servì a sfatare questo mito. La dentatura ha permesso di stabilire di che razza di animale si trattasse e alla fine si è giunti alla conclusione che questi fossero di taglia piuttosto piccola o addirittura dei muli. A questa battaglia seguirono molti trattati di pace, ma ben presto vennero tutti infranti. Quando gli europei assalirono dei pellegrini maomettani che si dirigevano alla Mecca, Saladino fece appello a una pratica islamica da tempo dimenticata: proclamò la “ gihad”[1]. La gihad è una guerra santa dichiarata a scopo difensivo e fu proprio questo annuncio a coalizzare i musulmani. La prima battaglia in gihad fu quella del monte Hattin (1187). Continua... [1] B.S. Amoretti, ”tolleranza e guerra santa nell’Islam”, Firenze 1974. |
Chieuti : Processo ai Templari un convegno per "rivalutare" la figura dei cavalieri Templari Il 28 Marzo scorso, presso il teatro comunale di Chieuti, si è svolto un convegno culturale, che ha visto come relatore, Giuseppe Barile, studente al quinto anno del Liceo scientifico di San Severo, grande appassionato di storia medievale, che ha effettuato approfondite ricerche sull’ordine dei“Templari”, esponendole ad una platea interessata ed entusiasta. Sulle scie delle polemiche nate intorno a questi leggendari “Cavalieri di Cristo”, impegnati nelle crociate dall’XI al XIII secolo, nel Basso Medioevo, polemiche riprese anche dal discusso libro e poi film di Dan Brown “Il codice da Vinci”, Giuseppe Barile, con grande personalità, ha saputo ridefinire i giusti confini che dividono la leggenda – spesso fuorviante e facile preda di inesattezze storiche – dalle vere gesta che contraddistinsero questi eroi. L’essenza del convegno era cercare di spezzare l’alone di mistero che ha circondato per secoli l’ordine Templare, così da far riemergere gli ideali di fede, forza, coraggio che hanno contraddistinto e mosso queste semplici persone, pronte a combattere e ad immolarsi in battaglia nel nome di Cristo. Sono risultati molto interessanti i temi riguardanti Hugues de Payen, il primo accertato fondatore dell’ ordine Templare. Secondo alcuni documenti, de Payen risulterebbe di origine francese, altri invece lo vorrebbero italiano con il nome di Ugo dei Pagani, precisamente nato a Nocera( in Campania). Altro argomento toccante è stato quello concernente i disumani metodi di torture, che furono costretti a subire i Templari. L’ultimo argomento di Giuseppe Barile è stato più che altro, un appello rivolto al mondo ecclesiastico, perché riveda il processo ai Templari, riconosca l’innocenza dell’Ordine e consideri questi cavalieri prima di tutto come difensori impavidi della fede cristiana. Giuseppe Barile ha saputo ricostruire un memorabile spaccato di storia con grande professionalità, intrecciando momenti gloriosi e frangenti, ha intrattenuto per due ore circa, un pubblico vivacemente partecipe ed alla fine è stato ripagato con un diffuso consenso e un lungo caloroso applauso. Sarà ad esporre il suo interessante lavoro presso il museo civico di San Severo e presso il comune di Serracapriola in giorni ancora da stabilire. Armando Mercuri Estratto da "La Portella". Anno XIV n°2(n°99) via A.d'Adamo, 19 71010 Serracapriola (FG)- Italy. www.laportella.it - email: laportella@libero.it
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