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« Messaggio #14Referendum! »

Post N° 15

Post n°15 pubblicato il 08 Giugno 2005 da tidicochisono

Mi faceva tutto talmente male che non riuscivo a capire bene le sue parole. Io ero Stella e dovevo lavorare in questo posto chiamato Dalmine. Cos’era, un locale, un bar, un albergo che si chiamava così? E il lavoro…ha detto lavoro, ero sicura di questo. Quindi non avrei fatto la prostituta “Sì, illuditi!”- mi diceva una vocina dentro la mia testa indolenzita…ma avevo bisogno di illudermi, altrimenti impazzivo.

 

La sera è calata troppo in fretta..

Alle 7 del pomeriggio, tutte le ragazze erano in fermento. Si vestivano, o meglio, si svestivano: mettevano delle minigonne talmente corte che erano facilmente scambiabili per cinture un po’ doppie. Sopra indossavano solo il reggiseno, più vistoso e volgare possibile, oppure dei corpetti strettissimi, da mettere in evidenza-se non proprio a vista- il seno.

 

Poi incominciava la fase del trucco: ombretti pesantissimi, matite nere e rossetti rosso fuoco.

A me facevano impressione per come si riducevano…poi mi sarei fatta impressione anche da sola!

 

Quella sera dovevano pensare anche a me. Io non sapevo, non avevo vestiti adatti (a dirla tutto, non avevo proprio vestiti), non avevo il necessario per ridurmi la faccia ad una maschera.

Di me si occupò Sabrina (nome d’arte…di battaglia), che era anche la capogruppo, una sorta di supervisore: era lei infatti che aveva riferito ai papponi le parole che io avevo detto; avrei scoperto che era lei che controllava che ogni ragazza non si fermasse più di 15-20 minuti con un cliente; era lei che dava gli ordini quando non c’erano i nostri “ragazzi”.

 

Per prima cosa mi diede una minigonna nera, cortissima, sotto la quale spuntavano le mutandine; poi un corpetto bianco. Le scarpe erano dei veri e propri trampolini, e dovevo metterle per forza, nonostante la mia altezza, “perché slanciano le gambe, e i clienti non ragionano più, poveri fessi”!

Indossavo quella roba piangendo. Ormai piangere era diventato una consuetudine. I momenti in cui non lo facevo, mi sembravano strani. Speravo che col passare dei giorni si sarebbe svuotato quel pozzo di lacrime, e così l’avrei smesso…ma no!

 

Dopo aver indossato quella roba, e accolto qualche complimento dalle ragazze (che cercavano in questo modo di rendermi il tutto meno doloroso: anche per loro quel rito di iniziazione , in fondo era stato traumatico), Sabrina mi mise un fondotinta chiarissimo “perché il trucco si deve notare, deve attirare!”, e poi un ombretto azzurrissimo sulle palpebre…non dimenticherò mai quella “seduta di trucco” né quella sera…mai! Poi con un cajel sottolineò i miei occhi,e dopo averci passato anche un rimmel, passo alle mie labbra. Li contornò con una matita quasi nera, e poi ci mise un rossetto rosso fuoco…dopodiché mi porse uno specchio: mi spaventai!

Com’era possibile uscire conciata in quel modo? Com’era possibile che c’era gente a cui piaceva quel tipo di impiastricciamento?

 

Ma non dissi nulla! Ero stata ammonita a non piangere, ma asciugavo qualche lacrima di nascosto!

 

Siamo uscite di casa in gruppetti: a me Sabrina mi affidò a Sara. Sarei andata assieme a lei, a vedere quello che lei faceva… e se il cliente l’avrebbe voluto, avrei dovuto partecipare…queste sono le conclusioni tratte dopo.

 

Io e Sara (il suo vero nome era Linda, ed era una delle ragazze migliori e più sfortunate che abbia mai conosciuto) abbiamo raggiunto la BMW nera, la macchina di Goni, che ci aspettava un po’ distante dall’appartamento “perché in caso ci fermassero che salivammo sulla macchina, avremo dovuto dire che non lo conoscevamo,  e che gli stavamo chiedendo un passaggio”.

 

Dal mine era circa 30 minuti dalla casa… non era un locale, né un bar, né un albergo…era una zona industriale, un quartiere…non so come definirlo…Dal mine per me era solo un tratto di strada che iniziava con un ponte, proseguiva sempre più giù, fino dove c’era un negozio, un centro che vendeva lampadari… Dal mine per me erano quei 30-40 metri.

 

Sono passati moltissimi anni, ma ho ancora davanti agli occhi quella strada, anche se non ci sono mai più ripassata…forse ora sarà cambiata…ma non per me…

 

Ci ha fatto scendere dalla macchina sotto il ponte, e se n’è scappato ad alta velocità, “perché i carramba potevano essere nascosti lì, da qualche parte!”

 

Sara mi condusse dietro ad un cespuglio: lì ha lasciato il mantello che si era messo sopra, (l’ho lasciato anch’io), poi la borsetta con i preservativi di riserva dentro.

 

Era calato il buio!

Ma la strada era molto illuminata…e poi c’era un gran via-vai di macchine.

 

Non abbiamo fatto nemmeno in tempo a fermarci, che già una macchina si ferma.

Era un suo cliente-mi spiego- che lo stava aspettando.

Lei gli disse che doveva portare anche me, per farmi vedere come si fa, per “sverginarmi”.

Lui accettò volentieri, anzi, quasi sorridente e compiaciuto.

 

Dalla strada, dopo circa un 100 metri, la macchina ha svolto a destra, entrando in una stradina semibuia, circondata da due lati di fabbriche e capannoni.

 

“Tu devi vedere tutto quello che faccio io, e cercare di non distrarlo, altrimenti non viene mai, e per me sono guai!”-mi disse all’orecchio in un inglese strampalato!

 

Certo! Io avrei fatto la spettatrice…e avrei dovuto fare tesoro dello spettacolo!

 

 
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