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Il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. Cercate di lasciare questo mondo un pò migliore di come lo avete trovato...

 

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PEC o non PEC? Tutta la verità sulla Posta Certificata.

Post n°6 pubblicato il 29 Aprile 2010 da tkpaolo
 

In questi giorni si fa un gran parlare della Posta Elettronica Certificata, meglio denominata PEC. Ma che cos'é in realta questo strumento? In linea di massima possiamo definirla una casella di posta elettronica "riconosciuta", ovvero chi ci scrive è certo a chi effettivamente appartiene tale casella perché a monte vi è stata una "certificazione" da parte di un'Autorità Pubblica che ne ha attestato la paternità.

Stiamo assistendo alla corsa per ottenerla da parte dei privati (con conseguente intasamento del sito preposto al rilascio: www.postacertificata.gov.it). Per le imprese è di fatto già obbligatorio averla.

Sembra fantastico poter evitare code agli sportelli e quant'altro. Di fatto ha la valenza di una raccomandata a tutti gli effetti, quindi domande per concorsi, licenze, rinnovi, ricorsi e richieste varie le potremo inoltrare comodamente da casa...

E qui arriva il bello, o il risvolto della medaglia che dir si voglia: purtroppo nessuno dice che una volta avuta la PEC siamo in un certo senso responsabilizzati (e quindi di fatto obbligati) ad andarla a consultare perché è come una casella postale fisica con in più la particolarità che è come aver già firmato la ricevuta di ritorno delle raccomandate! In poche parole la P.A. potrebbe trasmetterci TUTTI gli atti giudiziari che ci riguardano, comprese le contravvenzioni al Codice della Strada, gli accertamenti da parte dell'Agenzia delle Entrate e via dicendo. Poi sarà un nostro problema andare a scaricare e leggere i messaggi perché la PEC ha valore legale al pari di una raccomandata non solo per noi che la possiamo scrivere, ma anche ricevere! Con lo svantaggio che per quanto riguarda la posta consegnata dal postino, se non siamo in casa è lui che ripassa lasciandoci una cartolina di notifica nella cassetta, mentre per la PEC non è così. Ricevere messaggi sulla casella Certificata è come aver materialmente accettato la raccomandata dal postino. Se poi non apriamo la busta (consultando la casella mail) sarà un nostro problema!

Infatti la certificazione della casella consiste proprio in questo, che di fatto si traduce in una semplice assicurazione per chi la posta certificata la trasmette: io il messaggio l'ho trasmesso e la tua casella certificata mi dice che l'ha ricevuto. Non la consulti? Problema tuo...

Occhio quindi ad attivarsi una PEC. Vi sono delle procedure da seguire e delle responsabilità molto serie di cui è giusto essere messi a conoscenza!

 
 
 

La solitudine

Post n°5 pubblicato il 20 Febbraio 2009 da tkpaolo

Vi siete mai posti la domanda su cos'é la vera solitudine?

Può sembrare banale ma a volte il mio pensiero elabora strani sentimenti che a volte mi fanno stare male. Parlando con un collega ho avuto l'opportunità di esaminare interiormente gli aspetti della mia vita. Felicità e serenità non sono in discussione per fortuna. Stò bene con la mia compagna.

Il problema non è questo.

Mi vedo circondato da persone che amo e che mi amano: mia moglie, i miei genitori e i miei suoceri, cognati e amici. Non pretendo di più. Riesco ad essere me stesso in ogni occasione senza falsità o egocentricità e le soddisfazioni che ne derivano sono impagabili.

Il problema non è nemmeno questo.

Ultimamente mio suocerò ha un problema di salute. E' autonomo per carità ma ha difficoltà a fare molte cose nella vita quotidiana. A seguito di un intevento per curare una patologia che si trascina da anni sta perdendo la forza e la sensibilità alle mani, cammina a fatica ma ce la mette tutta. E' bravo e forte, nonostante i suoi trascorsi familiari che lo hanno visto rovinare il suo matrimonio del quale io e mia moglie abbiamo raccolto i cocci.

Guardo lui (e mio papà) e vedo me. Loro hanno noi (figli) che badano a loro, che li amano e che li sostengono nonostante tutto.

Io non ho figli. Arriveranno? Non lo so.

Mi sento forse egoista nell'avere paura del futuro? Si, questa è la mia più grande paura. Invecchiare e rimanere solo. Morire nella solitudine dopo aver perso le persone che più amo al mondo. Mia moglie non lo dice, se non ci pensa non lo so, ma credo che il  sentimento sia equamente condiviso. Dividiamo tutto ma la solitudine non si può dividere perché quando ti assale è troppo tardi.

 
 
 

Il mio pensiero su Eluana

Post n°4 pubblicato il 20 Febbraio 2009 da tkpaolo

In questi giorni è stata data la notizia della morte di una ragazza, Eluana Englaro, condannata a vivere come un vegetale da 17 lunghi anni a seguito di un incidente stradale.


Molto, troppo si è detto intorno a questa vicenda al punto da trasformarla in un mero elemento mediatico che ha spostato la nostra attenzione da ciò che realmente si tratta a quello che i giornali e la televisione ci hanno dato in pasto come ben sanno fare.


Personalmente ho tutto il rispetto per ciò che è successo e non giudico la decisione presa dalla famiglia di non accanirsi terapeuticamente verso una figlia ormai senza speranza. È vero, qualche volta è capitato che ci si possa risvegliare dopo un trauma simile, ma ho indirettamente vissuto la pena di chi realmente condivide una situazione del genere e non credo che qualcuno di coloro i quali si siano permessi di criticare una tale scelta possa minimanente capire quale dolore esista dentro una casa. Dolore che oscilla dalla decisione egoistica di tenere in vita un corpo ormai senza anima e quella di rispettare le (eventuali) volontà di evitare un accanimento terapeutico.


Insomma, in conclusione di tutto quello che è successo, giusto o sbagliato che sia, all'annuncio del decesso ho visto bandiere a mezz'asta, lutti e quant'altro possa essere condiviso dal populismo.


Non è giusto. Non è giusto verso tutte le altre persone che vivono e poi muoiono in egual misura, non è giusto verso chi soffre e muore nel silenzio e nella solitudine di mali simili. Va bene, è morta, ma eviterei di trasformare un dramma purtroppo non unico in un evento mediatico così enfatizzato tale da trasformarlo in un simbolo.


La vera protagonista, ancora una volta, è stata la notizia. 


Questo il mio pensiero e qui le conclusioni dello specialista che l'ha avuta in cura.

 
 
 

Siamo i difensori della vita: dobbiamo essere i primi a viverla nella sua pienezza.

Post n°3 pubblicato il 07 Dicembre 2008 da tkpaolo

Spesso durante la mia attività professionale mi sono trovato a gestire eventi drammatici che
modificano radicalmente la famiglia. In quest'ottica mi è venuto fra le mani un opuscolo redatto da un sacerdote che riporta frasi che condivido e che quindi approfitto di questo mio spazio per estendere a chiunque vorrà leggerle.

Le ho fatte mie:

--*--

Perché tanti, in base ad una scelta lucida e cosciente, decidono di rinunciare alla lro vita? Quando succedono certi fatti sento dire "ma come si fa a quell'età", "aveva tutta la vita davanti a se", "era così
giovane", "ma non si capisce proprio cosa vogliano questi giovani".
Sono spesso questi i commenti della gente. Ma quello che mi colpisce di più ed è più grave è che ognuno si sente solo con se stesso tanto da rimarcarlo in qualche foglietto dell'ultimo momento lasciato a memoria.
Ho l'impressione che ci sia un problema, quello di ritrovarsi invischiati in una società che non sazia il desiderio di giustizia, anche la più elementare, che non concede spazio a chi vuol progredire,
che non accetta essere "ripresa" e "corretta" da chi, più giovane e più "puro", vede con più chiarezza l'ipocrisia in cui si è costretti a vivere. Il giovane è un impaziente: non ha voglia di aspettare, spesso
vittima di se stesso. Un maratoneta dell'uguaglianza, del rispetto reciproco, dell'abolizione della miseria, delle malattie, delle disumanità ricorrenti. Ma quante ragioni ha che nessuno capisce, anzi,
che nessuno vuol capire. Non basta andare in discoteca per sentirsi un'altra cosa, né al cinema e nemmeno alla processione. Il problema oggi è la solitudine dell'uomo, portato a non credere alle sue crisi, ai suoi travagli, ai suoi desideri in qualcosa di utile. La solitudine del giovane è una tragedia perché cancella di colpo quello che la natura rigogliosa gli offre. Chi vede un suo amico morore volontariamente non sa più se c'é ancora qualcosa che può aiutarlo a vivere, non lo sa perché, a volte dalla parte di coloro che dovrebbero parlargli di fede gli arrivano discorsi astratti che affidano solo alle preghiere quello che dovrebbero affidare alla volontà di agire, di compromettersi con se stessi per mettersi alla prova, di non trovarsi in nessun caso disarmati di fronte alla vita.

Un giovane che crede in qualcosa è una forza della naturache può solo pensare di vivere e a far vivere.

Si perde la vita dopo aver perso la ragione di viverla. Una condizione comune a molte persone e a tantissimi giovani in particolare. Il crescente numero di suicidi sono il segnale delle patologie dell'anima, ai cui bisogni si tende a rispondere con l'offerta di cose piuttosto che di contenuti. Inevitabilmente si va verso una cultura salutista e biologistica nell'illusione di un'eterna giovinezza, incapace di misurarsi con il limite, la malattia, la sofferenza e la morte. San Giacomo ci dice: "guardate che seguendo questa strada vivete male e fate vivere male gli altri". Il Cristo ci ha voluto affidare una parabola in cui pone un bambino sotto i nostri occhi. Perché il bambino, ogni bambino è la novità, il mistero, l'avvenire, la resurrezione.

Dovremmo dire come Bernanos: "che importa la mia vita? Voglio solamente che essa rimanga fedele fino alla fine al fanciullo che sono stato". Il fanciullo che ciascuno di noi è stato potrebbe parlarci di bellezza di ricevere la vita come dono continuo, della bellezza di confidare, di risorgere ogni giorno a vita nuova ed aperta. E come sono? Uomini senza eccessiva vanità e ambizione, capaci di guardare con serenità alla morte e che sanno ridere nello spendersi per gli altri. Uomini che sanno servire con spontaneità e naturalezza senza neppure sapere di essere loro i primi del Regno.

Ci dice Madre Teresa: "la fede in azione è Amore, l'Amore in azione è servizio". Lo spirito di servizio deve animare, allora tutta la nostra vita cristiana, qualunque sia il posto nel quale Dio ci chiama a vivere: i suoi doni sono per l'utilità di tutti.

Termino con una frase di Tagore: "Dormivo e sognavo che la vita era gioia. Mi svegliai e vidi che la vita era servizio. Volli servire e vidi che servire era gioia!".

 

Don Antonio

 
 
 

Perché finisce...

Post n°2 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da tkpaolo
 

La sera a cena, seduti intorno al tavolo del salotto della casa dei genitori di lei, la giovane ragazza, con un gesto incurante si passa lievemente il tovagliolo di stoffa ricamata sulle sottili labbra, come a voler prendere coraggio. Un respiro lieve ma profondo le da lo sprint necessario per pronunciare le parole che da giorni cercano di sciegliere ed associare, così da sortire l'effetto voluto. Finalmente, con non poco timore e riverenza, comunica ai genitori la loro decisione di sposarsi. Lo sguardo non troppo sorpreso della madre denota una certa preparazione a questa notizia, quasi se l'aspettava.
Il papà sempre realista e concreto comincia, posando distrattamente il bicchiere di vino sul tavolo appena sorseggiato con gusto, a porre le prime domande per capire a quale punto dell'organizzazione di un evento così importante i ragazzi siano giunti, valutando così da quanto tempo tramavano la decisione tenendoli all'oscuro:
"la casa? i mobili? come pensate di giostrarvi? Avete qualche soldo da parte, vi siete già guardati in giro?"
Il ragazzo, che fino ad ora timidamente in silenzio aveva lasciato la parola alla futura compagna decide di rispondere. Il tono è pacato, fermo e convinto sebbene la situazione un po lo intimorisce. Non vorrebbe cominciare a far perdere la fiducia dei suoi futuri suoceri in un'occasione così delicata. Una parola detta male, una decisione presa superficialmente potrebbe determinare le ire, più o meno espresse, della coppia di anziani seduti di fronte.
"Ho trovato un piccolo appartamento fuori città, è pulito, in un piccolo condominio. Non costa molto e offre tutti i comfort a portata di mano. Abbiamo fatto due conti e con un mutuo riusciremo a permettercelo mantenendo uno stile di vita dignitoso. Il lavoro per fortuna non ci manca..."
Il lieve sorriso appena accennato, spuntato sulle labbra dell'anziana mamma preannuncia il successo e l'approvazione delle scelte fin qui fatte.
"bene, sono contento, avrete anche il nostro aiuto".
E tutto ha inizio...

Molti si ritroveranno in questo breve racconto, un po di fantasia e un po vissuto in prima persona. Ma poi? Ci si sente realmente pronti ad affrontare una situazione nuova, dove spesso si è soli a decidere.
Ma come fare a "capire" che non è la persona giusta, che la storia avrà delle conseguenze inaspettate? Non è possibile, ma almeno proviamo ad immaginarlo, a "simularlo" parlandone spessissimo con sincerità e franchezza.
In questi giorni come in passato ogni tanto assisto basito alle vicende di persone a me vicine, tentando per quanto mi è possibile, offrire il mio aiuto. Persone alle quali ho spiegato il mio punto di vista all' interno di una relazione, forte di un rapporto personale ormai consolidato da molti anni.
Ma come è possibile che si arrivi a tanto? Alla separazione, a non trovarsi più, alla mancanza del dialogo?
Le motivazioni sono spesso contrastanti e il più delle volte la ragione sta sempre nel mezzo. Ma che cosa si rompe, quali sono i motivi scatenanti? E' difficile dirlo.
Spesso il dito puntato sempre contro gli altri e mai contro se stessi, l'orgoglio di non ammettere i propri errori sono motivazioni reali, ma al di la vi sono delle profonde difficoltà. Al giorno d'oggi è difficile vivere o sopravvivere. Bisogna aiutarsi l'un l'altro, sostenersi e capirsi.
Ho sempre pensato che una coppia è un soggetto che ragiona con due cervelli. Il trucco sta nel trovare un punto d'incontro.
Parlare, parlare sempre, confrontarsi su ogni tema, decidere insieme e condividere ogni istante. Porsi degli obiettivi comuni e condivisibili può essere uno stimolo e un aiuto a migliorare una relazione.
Siamo daccordo che le esigenze di vita sono mutate, ma non concepisco che si possa lasciare la propria compagna a casa mentre si esce con gli amici per andare al bar, alla partita o chissà dove, con troppa frequenza. Sono sintomi da non trascurare perché denotano un malumore, un disagio che deve essere discusso e risolto.
Quando si decide di sposarsi l'aspetto della realtà muta necessariamente. Non deve pensare di poter fare tutto ciò che si faceva "prima" ma bisogna cercare d'incastrarlo se se ne ha la necessità, nella nuova vita che si prospetta senza andare ad incidere sul comportamento dell'altro. E se poi si denota una certa riluttanza è necessario
tornare indietro, senza ripensamenti o rinfacciamenti.
Provo dare qualche consiglio:
Non "rubate" dei momenti di libertà, ma condivideteli il più possibile. Ritagliatevi però del tempo per voi stessi senza minimamente sottrarlo al
parter. Approfittate per esempio quando è al lavoro ma quando siete
assieme restateci.
Imparate a piangere e non vergognatevi nel farlo.
Coccolatevi sempre, anche nelle piccole cose, ma ogni giorno. e quando vi è possibile fatelo sempre. Un massaggio, una carezza, il semplice contatto quotidiano aiuta molto, più di quanto si creda. Spesso quando mia moglie è sulla poltrona ed io sul vicino divano, le accarezzo i piedi, stringendoli dolcemente. Le massaggio la pianta col pollice con delle leggere pressioni. L'aiuta molto a rilassarsi.
Cercate un elemento simile e non ve ne pentirete, ne lui/lei ne voi...
Non sottraetevi dagli obblighi di casa (le pulizie, la cucina, i figli) ma mostratevi intraprendenti e volenterosi. Costa qualche sacrificio ma è giusto e ne vale la pena.
Ponetevi degli obiettivi comuni: dalla bolletta ad un viaggio possono essere di stimolo per discutere su problemi reali, senza lasciare nulla al caso isolando quindi il problema ad uno solo dei due.
Non esiste il reinnamoramento della stessa persona perché se si arriva a ciò è perché nel frattempo si è smesso di amare. Esiste invece il fatto di aggiungere sempre delle novità in un rapporto, tale da tenerlo "vivo", diversificato e sempre nuovo.

Mi auguro che qualcuno possa trarre spunti da tutto ciò. Ne sarei contento ed orgoglioso.

 
 
 
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