Creato da SIAMOVIVI_VENETO il 31/01/2009

SIAMOVIVI_VENETO

Movimento di aggregazione popolare

 

MEGLIO VIVI CHE RADIOATTIVI

Post n°10 pubblicato il 04 Marzo 2009 da SIAMOVIVI_VENETO

 

Giovedì 26 Febbraio 2009

Il governo Berlusconi – a vent’anni dal referendum  che, dopo il grave incidente di Cernobyl del 26 aprile 1986,  ha decretato la rinuncia dell’Italia alla produzione di energia nucleare, 

 

ha annunciato in pompa magna che entro il 2013 partiranno i lavori per le nuove centrali nucleari italiane.  Il ministro Scajola ha detto che quelle italiane saranno “centrali di terza generazione avanzata” – espressione tanto rassicurante quanto priva di significato scientifico – ma si è ben guardato dallo specificare quante saranno queste centrali, quale potenza avranno e  – soprattutto – dove saranno localizzate. Il ministro Bossi ha dichiarato che i Padani sono pronti ad accettare le centrali nucleari perché sono persone civili e non vogliono rinunciare al frigorifero e al condizionatore.  Berlusconi  ha detto che il nucleare ci libererà dalla dipendenza petrolifera, dimenticando che l’Italia non produce uranio,  minerale che peraltro inizierà a scarseggiare già nel 2025. Gli impianti nucleari in funzione nel mondo sono oggi 439, molti dei quali, ormai obsoleti,   quando saranno chiusi non verranno rimpiazzati.  I nuovi impianti in costruzione sono solo 36, localizzati soprattutto in Russia e in Cina, mentre alcuni paesi europei (Belgio, Germania, Olanda, Spagna e Svezia) hanno già deciso di abbandonare questo tipo di energia.  E come pensano Berlusconi,  Bossi e Scajola di affrontare la questione, mai risolta, delle scorie radioattive?

 
 
 

Pacchetto sicurezza

Post n°9 pubblicato il 27 Febbraio 2009 da SIAMOVIVI_VENETO

PACCHETTO SICUREZZA……LE RONDE……

 

Con l’approvazione dell’art. 46  del ddl sulla sicurezza il governo ha ufficializzato la possibilità per i sindaci di avvalersi della collaborazione di associazioni tra i cittadini non armati per segnalare agli organi di polizia eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale.

In tutte le città del Veneto sussistono gruppi di volontari che pattugliano i rioni e il centro storico, vuoi nei quartieri di maggior degrado, vuoi per combattere la prostituzione.

Alcuni di questi, come ad esempio i volontari di “Com.Res” di Padova, hanno seguito dei corsi prima di iniziare a pattugliare la dowtown della città.

Mario Borghezio, presidente nazionale del coordinamento delle ronde dei volontari verdi, dice che saranno organizzati dei «corsi di formazione» per tutti i volontari, in tutte le Regioni del Centro Nord, Emilia-Romagna compresa. Lezioni di logistica, di diritto penale e anche gli aspetti più tecnici non saranno trascurati.  Professionalità, quindi anche nelle “ronde”.

I rondisti possono bloccare un malvivente, «responsabile, per esempio, di furto aggravato, rapina o spaccio di quantità non modiche di droghe», elenca puntiglioso Massimo Pellizzari, il presidente del Com.Res., tra i promotori più convinti sulla necessità di istituire una «polizia civile». Finita, almeno qui nel Nord-Est, la mite stagione delle perlustrazioni-passeggiate, armati solo di fischietto (per dare l’allarme, se c’è qualcosa che non va) e il cellulare per avvertire il 113, come tuttora avviene, da anni, a Torino. E’ iniziata una nuova era. Il Comune di Monselice, Padova, ha stanziato 20 mila euro per arruolare guardie armate private da destinare al controllo del centro. Il modello è lo stesso del Com.Res. Che fa da apripista a livello nazionale.

A Verona nel ’98 – ’99 le ronde leghiste avevano fatto discutere, ma sembra che abbiano ripulito la città….non più pusher e tossicodipendenti in stazione, niente bivacchi in città…………nemmeno il gusto di un panino seduto su una panchina…………”..la città è cambiata – dice il presidente della Lega – le ronde non servono più….”

 
 
 

Ronde padane

Post n°8 pubblicato il 27 Febbraio 2009 da SIAMOVIVI_VENETO
Foto di SIAMOVIVI_VENETO


Cerchiamo di capire chi sono realmente i rondisti riflettendo su come sono nati. L’articolo che segue è tratto dal sito www.ilbenecomune.net.

 

Ronde padane”, la falsa soluzione che alimenta l’odio

 

Le prime ronde padane risalgono al 1989, segnando Denominatore comune la caccia all’immigrato. Al di là dell’origine e del colore. I primi infatti a finire nel mirino sono i meridionali. Nel giro di pochi anni, però, con il dilagare degli sbarchi clandestini, giunge il turno degli albanesi, dei marocchini, sino ad arrivare ai giorni nostri quando rom e rumeni divengono gli unici responsabili del degrado di strade e città.

L’esperienza delle guardie verdi ha raccolto nel tempo più scivoloni che medaglie finendo spesso nel ridicolo. Come nell’agosto del 1997, quando quattro leghisti in bermuda e camicia verde, nel tentativo di “ripulire” le spiagge di Villamare di Cesenatico dai rivenditori abusi, incassarono, oltre all’irrisione e gli insulti di tutti i bagnanti, una denuncia penale da parte della Guardia Costiera. Oppure nel bresciano dello stesso anno, quando la Lega, in seguito all’accoltellamento di un uomo, organizzò in tutta la provincia perlustrazioni a caccia del presunto slavo o albanese responsabile. Peccato che nessuno slavo o albanese avesse effettivamente commesso il fatto. Fu infatti la moglie del ferito, sotto interrogatorio, a svelare i reali retroscena della vicenda: il colpevole, non era nè slavo nè albanese, ma semplicemente il proprio amante.

Paradossi a parte, il fenomeno non può essere sottovalutato. Perchè a Torino nel 2000 una ronda padana a caccia di spacciatori magrebrini finì per appiccare il fuoco ad un giaciglio improvvisato di senza tetto che nulla centravano con i presunti colpevoli. Perchè Borghezio, nonostante possa pure far sorridere per le sue uscite a dir poco colorite, non può e non deve essere giustificato in veste di un presunto fervore folcloristico. La sua militanza giovanile nell’estrema destra e le sue proposte xenofobe e razziste, quali ad esempio la creazione di scompartimenti differenziati per bianchi e neri all’interno dei treni, rispecchiano infatti per tante ragioni il diffondersi di un’odierna concezione dell’alterità: la diversità come nemico, obbiettivo da combattere e distruggere. Soprattutto tra i più giovani, dove la discriminazione si trasforma troppo spesso in una forma primitiva di collante sociale.

E’ da questo universo mentale e subculturale che poi scaturiscono il barbaro pestaggio di Verona e le bravate dei bulli di Viterbo. La compagnia e le conoscenze che si coalizzano in un branco arcaico, dominato da regole e logiche animali. Quello stesso branco grazie al quale individuare e colpire chi di questo non vi fa parte, l’escluso, come il compagno di scuola secchione, il giovane vestito fricchettone o chi persino può incrociare anche solo il tuo sguardo. Si cresce con la prospettiva di adeguarsi al più forte, in una spirale di omologazione dettata anche dalla paura di non risultare diverso e perciò debole, esposto al rischio di diventare obbiettivo sensibile.

Il problema della violenza nelle strade resta una questione tangibile da affrontare. Immigrazione clandestina naturalmente annessa. Ma non con l’impiego di metodi polizieschi e repressivi. Chi li imbraccia con tanto slancio non mostra di comprenderne la natura simbolica: non ci sono responsabilità politiche nella xenofobia, ma prettamente culturali. E in questo modo non si fa altro che sollecitarle.

Come ben descritto da Ilvo Diamanti sulle pagine de “La Repubblica” le ronde rappresentano null’altro che il tentativo di “riprodurre tracce di comunità” semplici “placebo” in una società ormai morta. Dove gli extracomunitari che tutti i giorni vediamo in televisione convogliano e redistribuiscono paure antiche. Mentre i veri stranieri, i reali colpevoli, quelli di cui avere realmente timore, sono spesso i propri figli, ragazzi magari anche inseriti socialmente, ma che non sembrano provare remore nel massacrare di botte un coetaneo persino per una sigaretta.

 
 
 

LA NON SICUREZZA

Post n°6 pubblicato il 27 Febbraio 2009 da SIAMOVIVI_VENETO

VENETO SENZA SICUREZZA


Rivolta degli immigrati romeni onesti contro i romeni “criminali”. Come anticipato dal Gazzettino, le comunità romene del Nordest chiedono al Parlamento di Bucarest che i loro connazionali che commettono reati in Italia scontino la pena in patria. E con un supplemento di pena per aver danneggiato l'immagine del loro Paese all'estero.

I responsabili di alcune associazioni culturali romene sparse fra Treviso, Padova, Venezia e Udine hanno scritto una lettera al senatore Viorel Badea, eletto nel Parlamento di Bucarest in rappresentanza dei cittadini residenti all'estero, chiedendo di varare un pacchetto di misure legislative e diplomatiche per “proteggere” chi lavora e vive onestamente.

Sono stanchi di far di tutto per integrarsi e vedere il loro impegno vanificato da un pugno di delinquenti che sporca l'immagine della Romania: «I cittadini romeni che commettono gravi reati in Italia scontino la loro pena esclusivamente nelle carceri romene», è la prima richiesta, a cui si aggiunge quella di prevedere un periodo supplementare in carcere attraverso l'introduzione nel codice penale del reato di diffamazione e gravi danni recati all'immagine della Romania e dei suoi cittadini all'estero.


   «In Romania c'è la certezza della pena», spiega Florentina Rosioru sulle pagine del Gazzettino. Alla presidente dell'associazione romeno-moldava di Treviso fa eco Raduca Lazarovici, che a Padova guida un'associazione per il dialogo interculturale: «In Romania la violenza sessuale è un reato rarissimo punito con pene durissime. Qui invece si scatenano».

Ci rimettono le nostre donne, violentate e stuprate, i giovani uccisi da guidatori ubriachi, i derubati dai bambini , fatti venire apposta per agire in piena luce del giorno, in mezzo alla gente che sta andando a prendere un treno o è in tram. Sono molti anni che la gente protesta, ma rispondono che anche gli italiani rubano, violentano e fanno finta di fare qualcosa mettendo qualche soldato in bella mostra.

Finalmente, dopo che questi episodi sono aumentati enormemente, anche gli stessi rumeni onesti si sentono minacciati per la fama dei loro connazionali criminali, a causa dei guai commessi, e chiedono misure efficaci.

I politici vivono e dormono sicuri e protetti dalla polizia e dalle guardie del corpo. Vogliono mantenere l’incertezza della pena, e i tre anni di condizionale, cioè di sconto della pena, per avere la sicurezza di restare anche loro fuori dalla patrie galere.

 
 
 

No dal Molin: la lotta continua

Post n°4 pubblicato il 19 Febbraio 2009 da SIAMOVIVI_VENETO

No alla base Dal Molin
il futuro è nelle nostre mani!
 
 
acquistiamo il terreno per opporci anche da proprietari
all'esproprio del nostro territorio!
 
È stato bello, il corteo di sabato scorso; il sole e le migliaia di mani alzate e i volti sorridenti e la voglia di non arrendersi, di non lasciarsi impaurire. È stato bello, dopo più di due anni di mobilitazioni, vedere ancora una città nelle proprie strade, con le proprie bandiere e i propri cartelli. È stato bello, per chi martedì scorso è stato portato in Questura e per coloro che sono stati minacciati e spintonati, leggere la condivisione negli occhi di giovani e anziani. È stato bello vederci e dirci che, sì, noi siamo ancora qui, determinati a impedire ciò che gran parte di Vicenza non vuole e che una minoranza, arrogante ma potente, tenta di imporci.

Ma è ancora lungo il percorso da compiere; tante le tappe che ci aspettano per difendere la nostra terra e ridare un senso al concetto di democrazia. Un termine, quest'ultimo, che nella nostra città è stato calpestato non soltanto da coloro che hanno proposto, progettato e imposto l'avvio dei cantieri per la nuova installazione militare USA, ma anche da chi è stato chiamato a garantire, con la politica e con la forza, che nessun ostacolo possa frapporsi tra la falda acquifera più grande del nord Italia e i pali appuntiti che, per dare fondamenta stabili alle caserme e ai depositi di armi, la distruggeranno.

Questo è il tempo per vivere e far vivere le nostre strade; dobbiamo riempire la città dei nostri colori e delle nostre voci, per far sentire forte l'indignazione di una comunità oltraggiata. Dobbiamo parlare e parlarci, per condividere e realizzare le prossime iniziative. Dobbiamo riportare la democrazia laddove essa è stata sospesa, vivendo ogni angolo del nostro territorio.

Per questo ci rivolgiamo alle migliaia di volti che sabato scorso hanno ridato il sorriso a Vicenza e a quanti, quel giorno non hanno potuto esserci; quel prato verde distante appena 1500 m dalla Basilica Palladiana ha bisogno di ognuno di noi perché, domani, possa ospitare alberi e non bombe.

I prossimi appuntamenti sono:
- l'assemblea del martedì, che si svolge ogni settimana alle 21.00 al Presidio Permanente
- il presidio per la democrazia che si svolgerà venerdì 20 febbraio in Via Ferrarin (dalle ore 15.00)
- la giornata dei gazebo che si svolgerà sabato 21 febbraio.


 

Per dare la propria disponibilità a contribuire a queste e alle prossime iniziative, per proporne altre, per condividere l'opposizione alla nuova base militare vieni in Presidio Permanente o scrivici a comunicazione@nodalmolin.it

Il futuro è nelle nostre mani,
non deleghiamolo a nessuno!
 

 
 
 

 

 

 

Nessuna cività potrà essere
considerata tale se cercherà
di prevalere sulle altre.

 

 

 

 

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(Ernesto Che Guevara)



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Se tremi per l'indignazione
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alle ingiustizie,
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