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Post N° 384

Post n°384 pubblicato il 13 Settembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

Piazza San Domenico Maggiore, esterno notte. Siamo nel cuore magico della città, dove con la polvere della storia s’è posata anche la cenere di mille leggende, e ogni vicolo, ogni cortile, ogni palazzo racconta - a chi vuole ascoltarle - storie da brivido, macabre o tenerissime. Storie d’amore e di morte, di incantesimi e maledizioni: storie napoletane. Come quella ambientata nello storico palazzo al numero 9 della piazza, costruito nel XVI secolo dai principi di Sansevero. Luogo di esperimenti alchemici e di fantasiose invenzioni - nei sotterranei dell’edificio si trovava il misterioso laboratorio di Raimondo di Sangro - Palazzo Sansevero fu teatro, la notte tra il 17 e il 18 ottobre 1590, di un feroce assassinio. Tre i protagonisti di questa fosca vicenda: la giovane principessa Maria d’Avalos, suo marito Carlo Gesualdo, principe di Venosa e l’amante di lei, il bel duca Fabrizio Carafa. È della giovane e sventurata principessa il «grido agghiacciante» che ancora, secondo un’antica leggenda, risuona una volta all’anno nel palazzo al numero 9 di piazza San Domenico?
Andiamo con ordine. Prima di passare alla famiglia di Sangro, e di diventare la sede di oscuri esperimenti chimici, il tenebroso palazzo apparteneva a don Carlo Gesualdo, principe di Venosa, famoso madrigalista e nipote di San Carlo Borromeo. Poco dopo aver sposato, in seconde nozze, la bella principessa Maria D’Avalos, al principe di Venosa giunse voce che la sua giovane sposa si era invaghita del prestante duca Carafa, e che i loro incontri avvenissero principalmente durante le ripetute assenze di don Gesualdo da Napoli. Maria, in effetti, si incontrava con il suo focoso amante in un sotterraneo del Palazzo Sansevero collegato direttamente al suo appartamento. La trappola mortale scattò in una notte d’ottobre: dopo aver finto di partire, come al solito, per una battuta di caccia, Carlo Gesualdo si sistemò con alcuni suoi sgherri nelle segrete e, quando vide i due amanti scambiarsi baci e tenere effusioni, ammazzò con il suo pugnale la consorte e il giovane duca. Poi, dopo aver infierito sui loro poveri corpi, li espose nudi al balcone dell’appartamento. Tutti, così, potettero constatare in che modo il marito tradito avesse punito la moglie fedifraga e il suo giovane amante. L’episodio più orrido dell’intera vicenda si svolse poco più tardi, quando il cadavere della donna, dopo essere stato portato nella vicinissima chiesa di San Domenico Maggiore, fu violentato da un domenicano - un portatore d’acqua santa giunto a seguito del sacerdote per benedire le salme - segretamente innamorato della giovane e bellissima principessa. Ma non è finita: Gesualdo, pazzo di gelosia, uccise con le sue mani anche il suo unico figlioletto, credendolo il frutto dell’adulterio della consorte. Somigliava così tanto al suo rivale in amore che decise di sopprimerlo. Orrore senza fine, insomma. Poi, per sfuggire alla giustizia degli uomini, il principe di Venosa laciò Napoli per ritirarsi in uno dei suoi feudi, dove, forse per placare il rimorso che lo tormentava, fece edificare due monasteri.
La leggenda vuole che il fantasma di Maria D’Avalos vaghi di notte per le stradine buie intorno alla piazza per cercare il suo bambino e il suo povero amante, e che sul palazzo gravi, da allora, una maledizione senza fine. È certo che una mattina di settembre del 1889 un’intera ala del palazzo crollò. Ed è certo che, in quegli stessi lugubri sotterranei dove il principe di Venosa lavò l’onta del tradimento con quel feroce assassinio, il principe Raimondo di Sangro morì, il 22 settembre del 1771, probabilmente avvelenato da quelle stesse sostanze che maneggiava da anni, alimentando altre tenebrose leggende.
Di notte, quando le luci della città sono spente, quando si spengono anche le ultime voci di quella che chiamano movida, una strana atmosfera aleggia intorno al palazzo Sansevero e alla splendida piazza. Testimone silenziosa, da secoli, di tante storie sospese nel tempo: storie incredibili, storie verissime, storie napoletane.

 
 
 
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