Creato da corsaramora il 24/05/2005
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Post N° 319

Post n°319 pubblicato il 18 Agosto 2005 da corsaramora

L´INCHIESTA
Un viaggio tra le donne con il chador che rivendicano il diritto alla loro diversità

L´Italia che convive con il velo

PAOLO RUMIZ
Sguardi obliqui. Gente che fa finta di nulla poi si volta a guardare da dietro le spalle. Liceali che dicono «Velo è figo». Borbottii da Bar Sport. Inquietudine di benpensanti. Curiosità benevola tipo: «mi scusi la domanda». Un vecchietto che sibila «Musulmani schifosi». Chiacchiere, risolini, silenzi, indifferenza, rispetto, compatimento di femministe, frasi come «poveretta, ti libererò».
Talvolta occhiate di libido. Una commessa che spiega perché non si assumono musulmane: il velo è castigato, non fa vendere. Il mercato chiede tette e culi. Pelle viva.

Se vuoi capire gli italiani, passeggia con una donna velata. Lascia che quella cosa carica di simboli - lo Hijab - reagisca con i succhi gastrici della massa, faccia cortocircuito nei luoghi dell´incontro e dell´allarme sociale: periferie, bar, treni, mercati. L´abbiamo fatto con quattro donne. Quattro storie, quattro modi diversi di leggere la gente nostra stando nelle scarpe altrui. Uno specchio dei mille volti della società italiana.

Verona, piazza Bra, ora dell´aperitivo. Batul Hanife, siriana di 21 anni nata in Italia, studentessa in legge, provoca un jet lag in chi la incontra. Occhi azzurro cielo, accento trentino, foulard elegante e ramadan stretto. Vive placidamente la sua identità complessa: nei rapporti con lo Stato, i genitori, la religione, i giovani, la società. Al ristorante il cameriere ci ronza attorno, non si dà pace di fronte all´ordinazione. «Un» risotto, «un´» insalata», «un´» acqua minerale. E per la signora? Niente. Alla fine azzarda: «Un solo espresso, immagino...». Sì, uno solo. Nulla per la ragazza bianca come un´austriaca.

Porta il foulard color acquamarina con civetteria. Sotto Casa Capuleti la gente si volta a guardarla. In facoltà la chiamano «mitica Batul». «Quando ti conoscono - spiega - il velo non conta». Il problema è altrove. Nei luoghi pubblici. «Una vecchia in treno non mi toglieva gli occhi di dosso. Era chiaramente ostile». Ma forse era solo inquietudine. In Padania per non essere «dei nostri» basta essere del paese vicino. «De dove ti xe ti?», ti dicono subito. Figurarsi quando appare un´aliena velata. Borbottii, supposizioni. Ma l´importante è portarlo con sicurezza. «Così - spiega - diventa un simbolo di appartenenza chiaro. E genera rispetto».

Gulmina Bilal, nata in Pakistan, 40 anni, a Bergamo di sotto. Sta chiusa in un foulard grande, sigillato come un fiore a due petali soli. Lo porta con orgoglio, passeggiando tra i montanari leghisti nell´isola pedonale chiamata «Sentierone». Non ha bei ricordi. «All´inizio pensavo che il velo mi proteggesse. Ne avevo bisogno; questo è un mondo dove non sono chiari i confini tra lecito e illecito, puro e impuro. Era una profilassi, un diaframma contro la contaminazione. Poi ho visto che era peggio. Attirava proposte oscene. Per certi uomini ero «la» straniera, dunque territorio franco, donna disponibile, donna di tutti».

E allora? «Avrei potuto togliermelo» risponde spalancando gli occhi grandi, neri, sottomessi. «E invece l´ho messo ancora più scrupolosamente. Era diventato la mia bandiera». Spiega che lo Hijab ha limitato le sue possibilità di trovar lavoro, ma non sai se crederle. Ha troppa fretta di correre a casa per servire la cena al marito. Fa niente se è laureata, la moglie è moglie. Saluta e se ne va quasi di corsa, in mezzo alle ragazze scoperte che guardano curiose. Ridono, sono un altro pianeta. Non sanno che quel velo militante, forse, è solo l´alibi di una rinuncia.

Al mercato di viale Monza a Milano, trovare un lumbard è dura. Quasi tutti stranieri tra i banconi. Negin, iraniana, 30 anni, non dice il suo cognome, ha paura del marito, figurarsi dei giornalisti. Esce da un pianeta chiuso, la sua famiglia è povera. Milano le fa paura, teme che i figli si perdano tra svergognate veline e braciole di maiale. Porta il foulard con timidezza, dopo l´11 settembre teme di diventare bersaglio. Ma se le chiedi se porta lo Hijab con timore ti dice subito di no. Ha paura che un «sì» sia interpretato come atto di poca fede. Così il velo diventa sicurezza. E l´inferiorità si trasforma in superiorità.

Una robusta venditrice di frutta non si dà pace. «Signora ma se lo tolga, se vuole vado io a dirlo a suo marito». Non la sfiora l´idea che Negin non sia d´accordo. Lei tace, è imbarazzata, non vuole essere liberata. Conosce a memoria la micidiale indignazione-solidarietà delle iper-emancipate. Sempre la stessa musica: io libera tu oppressa, io progresso tu arretratezza. Lei sa una cosa sola. Senza il velo non potrebbe uscire di casa.

Sumaya Abdel Gader, palestinese, 25 anni, vive anche lei a Milano, è nata in Italia e si sente italiana a tutti gli effetti anche se non le hanno ancora dato la cittadinanza. Sua figlia Dania, sette mesi, è una delle prime musulmane della terza generazione. Impermeabile bianco sopra un tailleur nero, fazzoletto che non scende fuori ma entra nel collo del vestito, Sumaya vive coscientemente il velo non come testimonianza ma anche come strumento di conoscenza. Qualche sopruso l´ha subito. In un bar di Assisi le hanno negato l´accesso alla toilette per cambiare i pannolini alla bambina. In un negozio di moda le hanno detto: signora, questo non è posto per lei e il suo portafoglio.

Di incontri ne ha fatti tanti, degli italiani ha un´idea positiva. «Sono bonaccioni, talvolta labili, ma sicuramente predisposti al cambiamento. Aperti, pronti a dialogare senza problemi». E anche se, col Vaticano in casa, non sono ancora abituati alla pluralità religiosa e anche se qui non esiste ancora una cultura dell´immigrazione, gli italiani vivono senza drammi la vicinanza con lo Hijab. Molto meglio che in Francia, il velo ridiventa ogni sei mesi un dramma nazionale nelle scuole.

«Il problema non è la gente - fa Stefano Allievi, esperto dell´Islam - ma il segnale che arriva dall´alto. Dalla classe politica». In tutt´Europa, spiega, ci sono partiti antislamici, ma l´Italia è l´unica dove sono al governo. In Italia, dalla maggioranza, salgono ovazioni ai pamphlet anti-immigrati della Fallaci. Da un partito di maggioranza parte la proposta di «benedire» con urina di porco lo spazio di moschee da costruire. La differenza è qui: solo qui i propositi da bar Sport sono presi come cose serie, spiegazioni scientifiche».

Commenti al Post:
RephacambiatonikO1
RephacambiatonikO1 il 19/08/05 alle 11:11 via WEB
Ogni mondo e' paese L'ignoranza regna in cio' che nn si riesce a vedere al di la del muro. :O) ottimo articolo
 
giancla56
giancla56 il 19/08/05 alle 21:49 via WEB
premesso che il razzismo è la dimostrazione che la madre degli imbecilli è sempre incinta (e anche molto prolifica), mi domando: l'articolo vuole dimostrarci che quattro o cinque donne vivono il velo con orgoglio, o con fierezza? e non come l'imposizione di un uomo, di una famiglia, di una religione? è questo che vuol dirci? beh, credo che il problema sia che l'articolista è un uomo. ma chi posta è una donna: come risolve questa contraddizione? ciao. :)
 
 
corsaramora
corsaramora il 19/08/05 alle 23:40 via WEB
posso dirti la mia opinione al riguardo. e' difficile la rimozione dei pregiudizi e dei razzismi, ma si puo' contribuire con la la conoscenza, si puo'curare l’ignoranza, ci si puo' sforzare e illudersi di riuscire a rimuovere le visioni stereotipate nei confronti dei diversi . Credo profondamente nella pace e in una convivenza nel rispetto reciproco. Credo e che il mondo del futuro non possa prescindere da una più equa distribuzione delle risorse e da una integrazione che rispetti le varie componenti tra culture diverse . la ricchezza vera dell’umanità e' quella che la storia ci insegna a vedere, quando non la si manipola e si voglia invece imparare da essa.
 
   
giancla56
giancla56 il 20/08/05 alle 07:06 via WEB
molto bello. ma poco illuminante su come vedi la condizione femminile nel mondo musulmano, in particolare quello più integralista. e se credi che le quattro donne citate dall'articolo siano rappresentative di tutte le donne musulmane. ciao. :)
 
     
corsaramora
corsaramora il 20/08/05 alle 12:12 via WEB
io sono una donna occidentale,emancipata ed e' ovvio che non condivido affatto la condizione delle donne che, o perche' costrette o consapevoli accettano la loro condizione,burka,o chador che sia... la mia posizione e' di estrema tolleranza e sicuramente le 4 donne menzionate nell'articolo non rappresenteranno il pensiero della maggioranza delle donne mussumalmane ,ma sinceramente non so se riusciro' a trovare un articolo di donne islamiche che hanno coraggio o voglia di ribellarsi e di rinunciare ad una loro "identita'
 
giancla56
giancla56 il 20/08/05 alle 12:28 via WEB
tolleranza nei confronti di chi? le donne che portano il chador o il burka per libera scelta non hanno bisogno della tolleranza di nessuno. l'importante è che non ci sia tolleranza (in nome di un ipocrita e un po' fascista "relativismo culturale") nei confronti di chi costringe a quegli usi/costumi le donne che non lo condividono. in quel caso, la tolleranza diventa una sorta di menefreghismo. o no? :)
 
 
corsaramora
corsaramora il 20/08/05 alle 16:34 via WEB
tu sei davvero convinto che ci siano donne che si sentano costrette?ho letto molto sull'argomento e tra l'altro anche una dichiarazione di shirin Neshat una artista iraniana che ha studiato negli stati Uniti e ha vissuto l'emancipazione. ad una domanda sulla libertà negata delle donne in Iran, lei risponde: "Le donne islamiche sono un mistero per l'Occidente. Non sono per nulla rispondenti all'immagine proiettata all'esterno che le vuole immobili passive; le donne dell'Islam hanno un'incredibile capacità di resistenza. Ma è profondamente sbagliato cercare di giudicare il rapporto uomo-donna nell'Islam con i criteri occidentali: le donne mussulmane non vogliono competere con gli uomini, anche se vogliono avere una loro voce nella società. Questa mancanza di competizione tra i sessi in Occidente viene percepita come ignoranza o stupidità, e questo è un giudizio che mi fa infuriare. In Iran il 63% degli studenti universitari è donna. In un mondo che le opprime e che nega loro molti beni materiali le donne iraniane hanno trovato sollievo nella cultura nel pensiero e hanno sviluppato idee" da qui la mia tollerenza,per nulla ipocrita,posso non condividere,potrei dire che ai miei occhi sono considerate delle schiave,ma la loro consapevolezza,mi lascia dubbiosa ..e' davvero passiva la accettazione dello chador? ...ad esempio trovo orrenda la pratica della infibulazione.. che viene praticata in decine di paesi: in quelli della fascia centrale del continente africano, ma anche nell’Oman e nello Yemen e in alcune zone dell’Indonesia e della Malesia. Contrariamente a quanto molti credono e a quanto molti scrivono, le mutilazioni genitali non sono affatto una «tradizione religiosa»: e, tanto per essere chiari, non c’entrano nulla con l’Islam e il Corano. La loro origine è pre-islamica e pre-cristiana, e viene motivata e perpetuata con argomentazioni mitico-culturali, prive di alcuna base scientifica... quindi sono sempre piu' convinta che e' l'gnoranza da combattare..ciao
 
   
corsaramora
corsaramora il 20/08/05 alle 16:36 via WEB
ps preciso errore di battitura combattere non combattare...-)
 
   
giancla56
giancla56 il 20/08/05 alle 17:49 via WEB
convinto? io? io sono convinto solo del fatto che se una donna vuol portare il chador (o il cappello, o gli infradito) deve poterlo fare. se non vuol farlo, non può esservi costretta, né da un imam, né dalla CEI e nemmeno da un tribunale. ma c'è una cosa che non mi convince: il riportare una, due o dieci testimonianze per avallare una tesi che, in fondo, riguarda milioni di persone. non a caso, le donne intervistate da Rumiz o quella citata da te vivono (o hanno vissuto) in occidente. perchè non lo andate a chiedere alle donne di kabul o di teheran se sono soddisfatte della loro condizione e se le loro sono libere scelte e se si sentono tanto orgogliose e fiere? sono radicale (e mi è piaciuta la citazione dal libro di luca): la mia posizione riguardo agli integralismi (che si chiamino islam, vaticano, leganord, castrismo, noglobal o in qualsiasi altro modo) non potrebbe essere diversa. ciao. :)
 
     
corsaramora
corsaramora il 20/08/05 alle 18:26 via WEB
ok ...e di 5000 che ne dici?leggi la notizia... FRANCIA. Manifestazione per il velo - Circa 5000 persone (3000 per la polizia), quasi tutte giovani donne, hanno partecipato il 21 dicembre ad una manifestazione a Parigi contro la legge, voluta dal governo, che proibisce il velo islamico nelle scuole ..anno 2004 per quanto riguarda il maratoneta ,mi e' piaciuto postare quel brano. ora che le luci della ribalta si sono spente sui referendum , molti potrebbero leggerlo serenamente al di la' dei propri credi politici e senza strumentalizzazioni ...ciao ps..sei radicale? ma va..sai che nn lo avevo capito??:-)
 
     
giancla56
giancla56 il 20/08/05 alle 21:14 via WEB
continui a parlare di donne che vivono in occidente. nulla sulle donne di kabul, o di teheran, o di baghdad, o del cairo, o dello yemen, o dell'arabia saudita, o dell'africa. forse, e lo capisco, perchè laggiù non hanno tanta possibilità di manifestare il loro orgoglio del chador...PS: si era capìto? beh...come dire...melius abundare quam defìcere. ciao. :)
 
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