Creato da corsaramora il 24/05/2005
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Benigni il poeta
tra ghigni idioti
"La corazzata Potemkin? Una boiata pazzesca!!!". E' il ghigno dell'idiota che viene portato alla ghigliottina, mentre lui (l'idiota) pensa che è tutto un reality show: anzi uno Scherzi a partî, e che ride convinto che la lama si fermerà a qualche centimetro del suo collo. Certo, molto meglio Drive In, l'Isola dei famosi, La talpa. Del resto non era Gramsci a parlare de l'importanza della cultura popolare?
Il ghigno (e l'idiota) li abbiamo ritrovati mercoledì 5 ottobre su un foglio semiclandestino al servizio permanente della destra e che per ragioni ignote si chiama "il Riformista". Il titolo di prima pagina, parlando del film di Benigni porta il seguente: "La tigre, la neve e una boiata pazzesca senza carrozzina".
Sembra una battuta innocente, irriverente, una presa di distanza: non lo è. Non lo è, perché non comporta un giudizio estetico (come invece fa stroncando Benigni un giornale di una destra più seria, il Foglio), ma è un giudizio etico. Anzi, nel corpo dell'articolo si accusa Benigni di qualunquismo, ma poi si fa il titolo che è il simbolo della ex sinistra che dalla venerazione dei boia del Gulag è passata a quella del mondo televisivo inventato da Berlusconi.
Poi c'è il caso de "il manifesto". Stefano Silvestri, un critico cinematografico e un intellettuale di solito spregiudicato, non ideologico, curioso del mondo e dei linguaggi nuovi, parlando de ''La tigre e la neve'' si trasforma in una beghina del politicamente corretto anti-imperialista. Benigni, secondo Silvestri avrebbe dovuto dire che in Iraq non ci sono medicine (il film è sul tentativo di salvare l'amata in coma a Baghdad), perché c'è stato il criminale embargo contro un criminale regime.
Insomma: c'è un grande regista che ha fatto un bel film, che come tutte le cose belle è imperfetto. Ma che intanto gioca senza falso pudore, con un coraggio estremo e disperato sui sentimenti. Il film parla dei poeti: e suggerisce che la poesia è un'arma potente contro i potenti. Io guardandolo ho pensato a Nikolai Gumilev, fucilato dai bolscevichi, perché poeta. A Garcia Lorca, fucilato dai fascisti perché poeta. A Majakovskij che si suicida perché Stalin ha soffocato la poesia, e a Mandelstam che mentre viene deportato nel Gulag recita i versi di Dante, ghibellin fuggiasco.
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