Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
 

Messaggi del 06/10/2005

Post N° 449

Post n°449 pubblicato il 06 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

"Il governo va giudicato per quel che ha fatto: abbiamo gestito i conti pubblici, anche con fantasia.(repubblica)"

Poveri, sempre più poveri. E al sud è emergenza: l’11,7 per cento delle famiglie italiane si trova sotto la soglia della povertà, ma al sud la percentuale sale al 25 per cento. 

La stragrande maggioranza delle famiglie povere è presente qui, dove già si concentrava la povertà

Dati che certificano, secondo il responsabile del welfare dei Ds, Livia Turco, «il grave stato dell'economia del nostro paese e l'acuto problema relativo al reddito e al potere d' acquisto di fasce consistenti di famiglie italiane»: quindi «il fallimento del governo nella politica per la famiglia». «Lo scandalo», infatti, per la parlamentare, è la mancanza di «una legge contro la povertà, come il reddito minimo di inserimento, avviata dal centro sinistra, proposta da alcune regioni come la
Campania e la Basilicata e cancellata dal centro destra». E ora arriva anche la finanziaria, che secondo l’esponente della margherita, Rosy Bindi, rischia di dare «il colpo di grazia» allo stato sociale perché non prevede «nessuna misura di rilancio e riscatto del Mezzogiorno ma anzi nuovi
tagli alla sanità, al welfare e agli enti locali».

Ma per il governo non c’è nessun allarme.Niente di nuovo, potrebbe dire qualcuno, e invece di nuovo c’è molto, un nuovo accuratamente occultato dalle tv private.

Un fenomeno ancor più preoccupante se si considera che esiste una fetta consistente di famiglie (7,9%) considerate «quasi povere» che «un qualsiasi cambiamento nel livello di tassazione potrebbe far precipitare sotto la soglia di povertà», sottolinea Nicoletta Pannuzi, responsabile dell’indagine sui consumi delle famiglie.

Dunque, persino l’abbottonatissima Istat, l’Istituto di statistica accusato a più riprese dalle associazioni di consumatori di nascondere le cifre vere sul carovita, deve arrendersi di fronte alla realtà dei suoi stessi dati. Un Paese povero, dunque, dove però risuona la litania ottimistica del duo Berlusconi-Tremonti.

Ma i dati raccontano anche un’altra storia, rispetto a quella che sembra un déjà-vu del sud povero, sempre più povero. Ed è la storia dei nuovi poveri: sempre di più tra i poveri d’Italia ci sono anche le coppie giovani, le famiglia con più figli, le famiglie dei lavoratori dipendenti, e soprattutto gli anziani..

 
 
 

Post N° 448

Post n°448 pubblicato il 06 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

«La tigre e la neve» uscirà il 14 ottobre È la storia di un poeta che finisce a Baghdad per riuscire a salvare la donna dei suoi sogni

Benigni «Il mio film
è un inno alla vita»

«Solo poesia e amore possono farci superare l'orrore delle guerre L'ho ambientato in Iraq ma non critico i soldati americani: sono vittime anche loro»

Di Giacomo Vallati

«No. La parola amore non ha un suono dolciastro. Al contrario: è il nome di ciò che muove il mondo». Entusiasmerà parecchi (e spiazzerà altrettanti) l'amore che Roberto Benigni ha riversato come suo stile, senza risparmio né paure in La tigre e la neve: il nuovo, attesissimo film del poeta di La vita è bella, che dal 14 invaderà 800 cinema italiani e (presumibilmente) i cuori del pubblico. Vivaddio: in tempi di desolato assassinio della speranza, ecco finalmente «un film che - come dice l'autore - è un inno alla poesia. Cioè all'amore per la vita. E proprio mentre cinema e letteratura attorno a noi non fanno che parlarci di morte».
Non teme, Benigni, d'apparire «buonista» a chi per professione fa il profeta di sventura; né accomodante a chi scambia i film per dei manifesti politici. Quando si seppe che la Tigre e la neve avrebbe avuto sullo sfondo la guerra in Iraq, molti sperarono in un film ideologico. Magari anti-americano. «Ma che quella guerra sia brutta lo pensiamo tutti. E sui soldati americani mandati a combatterla io non esprimo giudizi. Anzi - riflette alludendo all'intenso sguardo che il suo personaggio scambia con un giovane soldato yankee - li guardo con sentita pietas umana». Non solo: a chi avrebbe gradito esclusivamente una requisitoria anti-bellicista, «quello è un tipo di film che va alla testa - risponde ora Benigni - mentre invece il mio vuole arrivare al cuore. Io non credo che un film possa salvare il mondo. Però può consolarlo; magari divertirlo. Ecco quanto ho cercato di fare».
Ed ecco perché la Tigre e la neve - semplice storia di un poeta innamorato di una donna (Nicoletta Braschi) a un punto tale da inseguirla in Iraq e da salvarla contro ogni avversità, con la sola forza dell'ottimismo - «voleva essere semplicemente la storia di un amore. L'amore per la poesia, che poi è amore per la vita. E l'amore per una donna, che è quello per il mondo intero».
D ai primi fotogrammi (che con effetti digitali arruolano fra gli attori anche Montale, Ungaretti, Borges e la Yourcenar) alle struggenti immagini conclusive, il film fa dunque perno attorno alla poesia intesa come strumento d'amore. «Il protagonista, il professor Attilio, è un poeta (il che già è raro in un film); ma è bello che sia anche uno qualunque. Si trasforma cioè nel poetare. Perché gli artisti sono come i sonnambuli: in stato di grazia superano tutte le difficoltà, ma se li svegli diventano tipi qualsiasi».
Proprio nella poesia è il coraggio del film («il professor Attilio insegna anche cose dure, difficili: che per trasmettere la felicità bisogna soffrire, ad esempio, e che dunque non bisogna avere paura della sofferenza»); nonché il suo entusiasta messaggio vitalistico: «Non è un caso che il poeta arabo interpretato da Jean Reno, incapace di soffrire e incredulo di Dio, compia una scelta drammatica. Al contrario di lui, Attilio ha una voglia di vivere - esplode Benigni (secondo il suo stile) - che gli spacca il ventricolo destro della circumnavigazione sanguigna». E non è un caso - aggiungiamo noi - che accanto alla poesia molto spazio abbia (consapevole o meno) il sentimento religioso: «Pur non nominando mai Dio, Attilio si trova a pregare Allah. Che poi sarebbe Dio quando parla arabo. E lo fa recitando una preghiera che definisce bellissima, il Padre Nostro, in una scena che è una delle mie preferite».
Concludendo: «Guardando questo piccolo ometto catapultato in mezzo alla guerra, a combattere la sua guerra per salvare la sua donna, questa ci appare tanto più giusta ed eroica di quella. E la forza dei sentimenti si dimostra la più forte che esista».


 
 
 

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