Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
 

Messaggi del 25/10/2005

Post N° 495

Post n°495 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

Così è (se vi pare) è tratta dalla novella La Signora Frola e il Signor Ponza, suo genero contenuta nella raccolta Una giornata. Il titolo, dal sapore ironico, racchiude la problematica esistenziale che Pirandello affronta nella storia: l’impossibilità di avere una visione unica e certa della realtà.

Il tema sarà attentamente sviscerato nel romanzo del 1926, Uno, nessuno e centomila, ma appare già chiaro in questa commedia nelle parole proferite da Lamberto Laudisi: «Io sono realmente come mi vede lei. — Ma ciò non toglie, cara signora mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua — … Vi vedo affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così». Queste battute poste a inizio commedia, quasi un’introduzione fatta dall’autore stesso per chiarire quale sia il punto cruciale di tutta la vicenda, mettono subito il lettore o lo spettatore di fronte a una prospettiva diversa che li allontana dal banale pettegolezzo.

Tutto un paese si affanna per sapere quale sia la verità intorno allo strano comportamento della famiglia Ponza. La curiosità nasce dal fatto che la sedicente madre della Signora Ponza, la Signora Frola, non vive con la figlia e il marito, anzi non entra neanche in casa loro, comunica con la figlia solo attraverso dei bigliettini scambiati per mezzo di un cestino calato dalla finestra. Alla Signora Frola la gente pone insistenti domande, e la poveretta si vede costretta ad asserire che il Signor Ponza, avendo perso nel terremoto tutti i suoi parenti, ha un amore ossessivo per la moglie che gli impedisce di farla uscire di casa e di far incontrare madre e figlia. Dal canto suo il Signor Ponza sostiene, invece, che la Signora Frola sia impazzita, poiché crede che la figlia morta, la prima signora Ponza, sia ancora in vita, scambiandola con la sua seconda moglie: per non deludere la suocera e per non importunare la nuova Signora Ponza, non permette che le due donne s’incontrino. Poiché non c’è maniera di confutare nessuna delle due affermazioni, la gente, smaniosa di dover a tutti costi attribuire una maschera e un ruolo ben definito ai componenti di questa famiglia, non può fare altro che interrogare la Signora Ponza, convinta che solo così finalmente si possa venire a capo del ginepraio.

Ma la donna, che entra in scena velata, a simboleggiare l’impenetrabilità della verità, afferma di essere la seconda moglie del Signor Ponza, per il marito, e la figlia della Signora Frola, per la madre, ma per se stessa nessuna: «Io sono colei che mi si crede».

Per Pirandello quindi l’uomo non ha una propria essenza a priori, l’uomo diventa una persona solo sotto lo sguardo degli altri, assumendo tanti ruoli e tante maschere, quante sono le persone che lo vedono.

 
 
 

Post N° 494

Post n°494 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

e mentre la guerra continua,il processo  contro saddam è stato aggiornato al 28 novembre sia per privarlo  di un palcoscenico dal quale contestare l'occupazione del suo paese sia perché gran parte dei testimoni ha preferito non presentarsi al tribunale

In realtà la sentenza è stata già scritta e il processo sarà un mero spettacolo» ha dichiarato  Khalil al Dulaimi l'unico avvocato difensore di Saddam Hussein, ammesso in aula che ha poi aggiunto «Non potrà mai essere un processo giusto od onesto, perché la Corte si è posta allo stesso tempo come giudice, giuria e pubblica accusa».

 Bush si augura  che  l'ex-presidente iracheno venga ritenuto colpevole di genocidio, di crimini contro l'umanità e di crimini di guerra e per questo condannato alla pena capitale e giustiziato. Il solo elemento di incertezza è costituito dall'alternativa fra l'impiccagione e la fucilazione. Saddam finirà sulla forca se verrà considerato un criminale civile. Sarà fucilato se verrà processato come capo supremo delle forze armate del suo paese

Naturalmente saranno in molti, non solo in Occidente, ad applaudire a questo processo e alla sua conclusione. Sarà fatta giustizia, si dirà, grazie a un nuovo «Tribunale di Norimberga» che rivelerà al mondo i crimini nefandi di un dittatore sanguinario. La sua sconfitta politica sarà consacrata dall'annientamento morale del condannato e dal sacrificio rituale della sua vita.

Questa liturgia è indispensabile perché la vittoria sul nemico sconfitto sia completa e sulle sue ceneri si instauri un nuovo ordine politico: quello democratico, generosamente esportato dagli Stati Uniti con una guerra inventata quanto criminale.

Non si può certo negare che l'ex dittatore iracheno e i suoi principali collaboratori meritassero di essere processati dal popolo iracheno. E per farlo era probabilmente necessario un tribunale speciale. Ma questo tribunale, voluto dagli Stati Uniti, va molto oltre l'anormalità giuridica di qualsiasi corte speciale. Il tribunale eserciterà la sua giurisdizione retroattivamente e lo farà sulla base di figure di reato che non erano previste dalla legislazione irachena e che sono state introdotte proprio per consentire l'incriminazione e la condanna a morte dell'ex-dittatore

E' naturale che il popolo iracheno percepisca questo processo non come un'espressione della propria sovranità, ma come uno strumento del potere degli Stati Uniti. E si tratta di un potere che non si presenta certo con le carte in regola per erigersi a paladino della causa dei diritti umani. Basterebbe considerare le infamie di Guantánamo, di Abu Ghraib e di Bagram in Afghanistan. E soprattutto ricordare che gli Stati Uniti sono stati lungamente alleati e complici di Saddam Hussein nella guerra contro l'Iran e che ne hanno addirittura sottaciuto i gravissimi crimini, in particolare il massacro dei kurdi con l'uso del gas ad Halabja, nel 1988.

il manifesto

 
 
 

Post N° 493

Post n°493 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

Era il 9 settembre del 2004. I giornali americani si accorsero, con enfasi e angoscia, che in Iraq erano morti mille soldati americani. I volti dei caduti, la commozione, e per la prima volta, anche, le proteste: perché per tanti mesi quei volti erano stati nascosti?

Così quella cifra simbolica divenne un argomento della campagna elettorale fra John Kerry e George Bush. Fra commozione, indignazione e retorica patriottarda. Il sito del New York Times, ad esempio, pubblicò uno speciale in memoriam: decine di quadratini grigi allineati uno accanto all’altro, come lapidi di un cimitero virtuale. Forse illudendosi che quello shock visivo potesse indebolire l’ideologia neo-con.

A poco più di un anno di distanza, e a meno di un anno dalla rielezione di Bush alla Casa Bianca, i morti sono diventati duemila. Segno che la guerra in Iraq non è finita, segno che la mortalità dei soldati americani è aumentata: quasi tre al giorno, in media. Uno stillicidio senza fine.

Ma come reagirà ora l’America? Lontano dai clamori della campagna elettorale, Bush sarà costretto a spiegare, difendere la sua politica, indicare una via d’uscita. Compito non facile. Per la prima volta dal 2003, rivela un sondaggio pubblicato da The Wall Street Journal, la maggioranza degli americani (il 53 per cento degli intervistati) giudica che la guerra contro Saddam sia stata un errore, mentre il 44 per cento ritiene che la situazione stia peggiorando di giorno in giorno, e addirittura il 61 per cento non nutre alcuna fiducia nelle possibilità di successo della politica irachena di Bush.

l'unita'

 
 
 

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