Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
 

Messaggi del 02/11/2005

Post N° 508

Post n°508 pubblicato il 02 Novembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

«Non possiamo lasciare l'Iraq». Il giorno dopo le balle spaziali, Berlusconi si smentisce. «Restiamo orgogliosi» dice, cioè restano i soldati italiani a fare da bersaglio a Nassiriya, nonostante che «io non ero convinto che la guerra fosse la soluzione». Meno male che non era convinto. A poche settimane dall'invasione dell'Iraq contro il parere dell'Onu, l'Italia inviò tremila soldati in guerra. Se fosse stato convinto che avrebbe fatto? «Io» così è corso dallo zio d'America a promettere che non ci sarà sgambetto, pronto poi a schierare in campagna elettorale l'inaffidabile Bush che affonda nelle sabbie del Niger. Nell'atmosfera inquietante del rimpallo di responsabilità, se sia stata la Cia ad influenzare il panorama della stampa e i nostri Servizi o viceversa. Purtuttavia le «balle spaziali» del presidente del Consiglio fanno riflettere. Infatti che fa la sinistra che aspira a governare? Prodi giustamente s'indigna: «E allora perché non riconoscere il fallimento sulla guerra». Ha ragione. Ma può bastare? Perché noi al punto in cui sono arrivate le cose sentiamo tanto il bisogno di «balle spaziali» di sinistra. Proviamo a spiegare. Se Berlusconi non ha esitato a gridare la falsità patetica del «io non ero convinto della guerra» di fronte all'approssimarsi delle elezioni, ai sondaggi e al disastro Cia-gate, non dovrebbe il centrosinistra tutto interrogarsi invece seriamente, senza balle e strumentalità, sulle scelte sbagliate di fare la guerra che la riguardano? Temiamo invece che a difendere l'uso della guerra siano rimasti solo Fassino (che si giustifica «non c'era il mandato dell'Onu, ma c'era il mandato della Nato»), D'Alema e, ahimé, lo stesso Prodi. Non è quella irachena, ma quella «umanitaria» del 1999 che in aperto dispregio della nostra costituzione vide gli F16 levarsi per 78 giorni anche da Aviano e bombardare il territorio jugoslavo. Comunque invece del silenzio andrebbero bene anche «balle spaziali» di sinistra. Che ne so, di un leader che senta il bisogno di dichiarare che, visti i risultati disastrosi in Kosovo, magari «non era convinto che la guerra fosse la soluzione». Che bello sarebbe. Così, tanto per capire perché dovremmo votarli.

il manifesto

 

 
 
 

Post N° 507

Post n°507 pubblicato il 02 Novembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l'obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.

Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l'illusîon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de' suoi? Celeste è questa
corrispondenza d'amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l'amico estinto
e l'estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.

Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna; e se pur mira
dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
fra 'l compianto de' templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d'lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t'appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de' buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d'ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov'io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch'or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d'ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la citta, lasciva
d'evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l'ossa
col mozzo capo gl'insanguina il ladro
chc lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l'úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerêa campagna
e l'immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblîate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d'umane
lodi onorato e d'amoroso pianto.Dei SepolcriUgo Foscolo 

 
 
 

Post N° 506

Post n°506 pubblicato il 02 Novembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

Il suo corpo si stende sulla nostra memoria: immolato, offerto, maltrattato, consumato. Trent’anni senza Pier Paolo Pasolini. Una vita adulta, oramai. Segnata dal vuoto nella memoria collettiva di un poeta: vero, ultimo, totale, insigne come solo Giacomo Leopardi. Con il suo viso marcato, da pugno chiuso, ossuto e torto, e quella dolce voce sempre pronta a sbalordire. Ogni sua azione destava stupore nell’Italia conformista a destra e a sinistra. Offeso, deriso, linciato prima a parole poi nei fatti. «Se l’è cercata», così commentò Giulio Andreotti, quando lo trovarono morto all’idroscalo di Ostia, e di peggio dissero i fascisti che poi anni dopo si produssero in furiose capriole per tirarlo dalla loro appendendosi a qualche parola senza gancio. La sinistra ci mise molto silenzio. Ora è inutile prodursi in questi giudizi su un esiliato in patria. Come è inutile porsi la domanda dove starebbe Pasolini oggi o che opinione avrebbe su quello che accade, come non credo che la maggior parte degli italiani lo rimpianga, se lo fa non se ne hanno notizie. Dalla sua morte l’Italia ha ingigantito i suoi difetti, ha tirato fuori la parte peggiore di sé, è stata televisivamente colonizzata nei sentimenti e nel linguaggio, perché dovrebbe rimpiangere un moralista come Pasolini? Uno che disturbava, denunciava, polemizzava? L’omologazione che lui temeva ha straripato e inondato tutto fino a diventare strumento politico. Oggi la poesia ha perso potere e importanza, i poeti sono creature pericolose, meglio tenerle lontane (valga come esempio la scomparsa di Mario Luzi, in tv ha avuto meno spazio di una qualunque bega di partito). Chi gli somigliava per irruenza, idee e capacità di stupire (Leonardo Sciascia) è morto o se ne sta in silenzio, anche chi ha sposato la sua causa, la sua libera religione dello scandalo dicendo la verità ha un ruolo marginale, perché rimpiangere dunque una figura in disuso? A quanti interessa davvero sapere come è perché è stato ucciso? A quanti sono scivolate addosso tutte queste verità mancate per le quali lui si dannava, un lungo elenco di omissis su mandanti e assassini di stragi e uccisioni come quelle di Pasolini stesso? Stanno tutte in fila per le scale dell’oblio. E l’elenco dell’odio e degli insabbiamenti sarebbe più lungo del loro contrario. Come pure quello della rimozione: il luogo della sua uccisione è un campo d’erba dov’è deposto un solitario monumentino, e nemmeno la figuraccia rimediata con il presidente François Mitterrand (in visita in Italia chiese di essere portato ad Ostia fra lo sbalordimento di chi l’accoglieva) ha fatto pensare a qualcosa di degno per quel luogo. Quante strade importanti portano il suo nome? Quanti insegnanti si sforzano di farlo entrare nel risicato programma novecentesco che precede la maturità? Nonostante tutto resta molto, a cominciare dalle sue parole: poesie, romanzi, articoli; e poi i suoi film, la sua voce, il suo viso, le sue interviste, un regalo al futuro, una sorpresa che scavalca l’incomprensione, un linguaggio annodato alla verità: eccezionale, scioccante, preveggente, speso alla ricerca estrema di una visione diversa. Il resto è ipocrisia.
dal mattino

 
 
 

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