Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
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Post n°717 pubblicato il 16 Settembre 2006 da corsaramora
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Post n°716 pubblicato il 23 Agosto 2006 da corsaramora
"Una politica di deliberata distruzione delle infrastrutture civili libanesi". E' quanto emerge dall'ultimo rapporto di Amnesty International sul conflitto tra Israele e Libano intitolato "Deliberata distruzione o danni collaterali? Gli attacchi di Israele contro le infrastrutture civili". Il rapporto accusa apertamente il governo israeliano di aver preso di mira postazioni di Hezbollah e sue strutture di appoggio a danno di numerosi civili, commettendo veri e propri "crimini di guerra". |
Post n°715 pubblicato il 23 Agosto 2006 da corsaramora
Omnibus ieri mattina ha affrontato il tema drammatico dell´immigrazione, con la partecipazione inadeguata della Mussolini e di Isabella Bartolini di Forza Italia, che hanno sostenuto la Bossi Fini, nonostante le prove sanguinose della sua inutilità. La Mussolini ha perfino lamentato che, tra un po´, saranno gli italiani a doversene andare, dimenticando che milioni di italiani sono dovuti scappare per fame e persecuzione dalla dittatura di suo nonno. La Bartolini ha invece sostenuto che la colpa di tanto dolore sarebbe tutta del «buonismo della sinistra». E inutilmente il sociologo Ferrarotti ha spiegato che siamo di fronte a movimenti epocali inarrestabili e indispensabili a riequilibrare la geografia umana del pianeta. Facendo anche notare come proprio dalle regioni italiane che hanno più bisogno del lavoro degli immigrati vengano le voci e le politiche xenofobe. A riprova del fatto che neppure l´economia può smuovere la miseria morale e intellettuale di una destra che non ha neppure il diritto di definirsi borghese l'unita' |
Post n°714 pubblicato il 15 Agosto 2006 da corsaramora
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Post n°713 pubblicato il 14 Agosto 2006 da corsaramora
Le autorità europee hanno stabilito che è legittimo, per le aziende, non assumere fumatori. Il provvedimento, direttamente ispirato a una grida spagnola del 1623 contro gli affetti da scorbuto, ha riempito di entusiasmo i proibizionisti di tutto il mondo, che esultano e stanno studiando nuove e sempre più raffinate strategie di tutela della salute pubblica. Assunzioni 2 Presto sarà vietato assumere anche i lentigginosi: recenti studi (sempre del Maniac Institute) dimostrano che fissare per tutto il giorno un lentigginoso può provocare seri danni alla vista, perché la messa a fuoco delle lentiggini logora il nervo ottico. Malvisti anche gli obesi in seguito alla recente scoperta dell'obesità passiva: salire in ascensore con un obeso può provocare frustrazione per l'evidente sproporzione dello spazio occupato. Per giunta le briciole che ristagnano intorno alla scrivania di un obeso attirano formiche e altri animali dannosi, innescando fobie o costringendo il collega dell'obeso a fare un uso spropositato di insetticida tossico. O a rovinarsi le scarpe schiacciando gli scarafaggi. Casi allo studio Il professor David Blutarsky, consulente del governo americano per la Tutela delle Vittime da Sindrome Passiva, si mette le mani nei capelli. "Dovunque ti giri, trovi un disastro. E ogni luogo di lavoro è una minaccia per la salute. Per esempio gli arabi urlano come dannati, assordando i colleghi. Gli asiatici fanno un maledetto odore di aglio, non passa neanche se gli fai fare la doccia con il napalm. I neri si vestono con dei colori pazzeschi, solo vederli entrare in ufficio provoca l'emicrania, e la frase 'Ma come cazzo ti sei vestito stamattina, Joe?' è la più pronunciata nelle aziende americane, e ostacola la produzione. Le femmine chiacchierano tutto il santo giorno. I maschi hanno ascelle micidiali. I vecchi turbano fortemente il senso estetico, con quegli accidenti di rughe dappertutto, la pappagorgia eccetera. Non parliamo neanche dei fottuti giovani, che fanno venire la depressione ai più anziani perché pensano che creperanno molto prima di loro. E quanto ai non fumatori, non creda che siano molto meglio dei fumatori, le analisi dell'alito rivelano tanti microbi quanti ne basterebbero a sterminare l'intera Cina, e Dio sa se mi piacerebbe. Sa che cosa le dico? Bisognerebbe chiudere tutti gli uffici e i negozi e i luoghi pubblici di questo fottuto paese. La promiscuità uccide. Il prossimo è pericoloso. La gente è un'arma letale. Dovrebbero stare tutti chiusi in casa a lavorare col computer. L'intera società andrebbe chiusa in blocco, caro signore". |
Post n°712 pubblicato il 14 Agosto 2006 da corsaramora
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Post n°711 pubblicato il 02 Agosto 2006 da corsaramora
Il discorso è difficile e troppe volte è stato evitato. Eppure è indifferibile affrontarlo, sfidando l’impopolarità e perfino la incomprensione. Nel Medio Oriente non è oggi in corso una delle tante dolorose guerre locali tra lo Stato d’Israele e le organizzazioni militarizzate dei Palestinesi. Ormai si è di fronte ad una guerra che coinvolge, in forme ancora diverse, tutti o quasi gli Stati della regione. Sono coinvolti gli Stati islamici radicali (Siria e Iran), che controllano o dominano (poco conta la differenza) il Libano e l’Autorità Palestinese, dove, non dimentichiamolo, elezioni democratiche hanno portato al governo forze estremistiche e terroristiche. Ma coinvolti sono, indirettamente, anche gli Stati arabi moderati (Egitto, Giordania, Arabia Saudita), ridotti al silenzio nel timido tentativo di conservare la propria attuale configurazione politica (aperta alla collaborazione, più o meno fedele, con l’Occidente), salvandola dal rischio del radicalismo, allignante nella popolazione. Sono convinto che serva poco e significhi poco cercare i responsabili di questa situazione tra i belligeranti. I responsabili sono altrove. Grande è la responsabilità degli Stati Uniti, che da decenni strumentalizzano Israele, facendone il proprio gendarme per vigilare una delle zone più ricche di petrolio, necessario al proprio sviluppo economico. Le amministrazioni democratiche (basti ricordare quella di Bill Clinton) avevano avvertito il modificarsi della situazione dopo decenni di subordinazione araba e avevano cercato di trovare una soluzione. L’amministrazione repubblicana, dominata da un pericoloso neoconservatorismo, ha interrotto questi sforzi e aggravato la situazione, in nome della guerra preventiva e dell’unilateralismo della massima potenza militare del mondo. Non discuto la gravità dell’attentato delle due torri. Ma siamo sicuri che la guerra in Iraq (non sto parlando di quella in Afghanistan, legata appunto all’attacco terroristico), sia stata una risposta al terrorismo? Rimasi colpito quando, in un seminario organizzato dal gruppo Ds del Senato, in previsione della guerra in Iraq, un esperto disse che la vera ragione era altra. Ricordo che, proseguendo ai ritmi attuali, tra il 2025 e il 2030 la Cina sarà la maggiore potenza mondiale e che gli Stati Uniti cercano di arginare questa evoluzione, controllando le fonti di energia, e di ritardarla in tutti i modi, creando un nuovo e diverso equilibrio geo-politico e strategico. Credo che la tesi meriti di essere considerata attentamente, senza escludere, di certo, la risposta al terrorismo, ma evitando di ergere questo ad alibi di ogni azione sbagliata. Ma come e chi può dire con serietà che in Iraq si sta costruendo la democrazia, quando ormai è quotidiano il bollettino degli attentati e delle decine di morti? Ancora. Mi sembra difficile non prestare attenzione alla minaccia dell’opzione militare per controllare lo sviluppo atomico iraniano. Che non possa essere questa un’altra opzione unilaterale e preventiva per bloccare un pericolo di proliferazione atomica, costi quel che costi, una simile opzione, potendosi contare su una potenza militare oggi senza confronti? Israele va difeso in ogni modo. Ma non può correre il rischio di trasformare la propria difesa in un ricatto morale verso l’Occidente, in nome di ciò che l’Occidente (sia pure in una sua forma patologica) ha fatto soffrire al popolo ebreo. Ha ragione il Papa: la violenza non si ferma con la violenza. I valori morali, religiosi, civili non si difendono con le crociate. Aiuta Israele chi chiede di non usare la legge del taglione. Il discorso è difficile, l’ho detto. Ma l’antisemitismo si vince se non si deve condannare Israele per le stragi di bambini (come quella di Cana) e di civili. L’antisemitismo si vince in nome dei valori della solidarietà, della tolleranza, del rispetto, della libertà. L’antisemitismo si vince se non si strumentalizza Israele, in nome del suo sacrosanto diritto alla difesa, alla vita tranquilla, come uno Stato tra Stati diversi e autonomi, e non perché serva agli interessi strategici di qualche potenza o superpotenza. il mattino |
Post n°710 pubblicato il 29 Luglio 2006 da corsaramora
SCHEDA Tutti i reati esclusi dall'indulto L'indulto non si applica nemmeno per gli autori di "sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione; riciclaggio, limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope. Il provvedimento di clemenza non si applica per i "delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, previsti dall'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza nonchè per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope". Escluso dai benefici dell'indulto anche il reato di usura. I benefici, prevede ancora il testo, sono "revocati di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni". |
Post n°709 pubblicato il 26 Luglio 2006 da corsaramora
Avrà il giusto effetto mediatico l’appello al «cessate il fuoco» che, tra molte strette di mano, partirà probabilmente questo pomeriggio dal vertice di Roma convocato in fretta sull’ultima grande crisi mediorientale. Ma al di là del passaggio obbligato sulla «tregua subito», che sarà accompagnato dalla improcrastinabile avvio di un corridoio umanitario che dia sollievo ai libanesi finiti nella trappola della guerra, il successo del summit si misurerà su un altro, più vasto terreno. È del futuro che, in proprio o conto terzi, sono tenuti con urgenza ad occuparsi i 16 Paesi partecipanti finalmente richiamati, anche per la determinazione della diplomazia italiana, ad abbandonare i riti delle prese d’atto accompagnate da dichiarazioni di intenti e codicilli di disattese risoluzioni messe a punto in sede Onu. Se una regione pericolosamente ribolle per un incendio che può ancora di più propagarsi, non poco si deve all’inerzia che di una comunità internazionale troppo a lungo paralizzata e distratta dal conflitto iracheno i cui riflessi non hanno tardato a manifestarsi prima in Terrasanta e poi, con violenza inaspettata, sullo scenario libanese. Che l’uscita dal lungo letargo possa transitare per Roma non è soltanto un auspicio. Quasi rappresenta un dovere cui i grandi protagonisti della politica mondiale forse hanno avvertito di non potersi sottrarre anche mettendo nel conto, come nel caso degli Stati Uniti, correzioni che contano alle stategie che si erano dati La Rice che approda in Italia, dopo qualche colloquio anche con gli arabi, resta il grande avvocato di fiducia di Israele, ma nel momento in cui afferma a Gerusalemme che bisogna arrivare ad un «nuovo Medio Oriente», che si intende stabile e in pace, con la nascita dello Stato palestinese, sembra meno intrisa di quell’unilateralismo che ha caratterizzato la politica da sfasciacarrozze dell’Onu di George W. Bush. Nè persevera nella insofferenze da incomprensione verso l’Europa, o almeno con la parte di essa meno servile, che ha caratterizzato negli ultimi anni la politica di Washington. Anzi quasi si fa paladina di uno sforzo globale che coinvolga ancora una volta i regimi arabi moderati alla ricerca di ruoli e funzioni da opporre alle spinte radicali che, dopo l’offensiva israeliana nel Libano, hanno ripreso a minacciarli. Certo, quello di Roma, non sarà un tavolo alla pari, ma nato come è dalla tanto contestata equivicinanza del governo italiano, nemmeno lascerà che molti dei protagonisti rimangano in ombra. A cominciare dall’Egitto che ancora insegue una ledership politica regionale e si propone di costituire il nucleo centrale della forza di interposione di almeno ventimila uomini che prima o poi verrà schierata nel sud del Libano, con piena soddisfazione di Israele, felice di affidare a «contingenti più affidabili di quelli del passato» la costosa gestione della fascia di sicurezza che sta allestendo al di là dei propri confini. Oltre alle voci di Tel Aviv, che arriveranno per interposta persona e con il sostegno degli Stati Uniti, ci saranno anche da ascoltare quelle di altri che possono in qualche maniera dialogare con le frange oltranziste del mondo musulmano, togliere l’alone del sospetto che grava sulla Siria e trovare anche una via di uscita «politica» per Hezbollah inorgoglita dalle proprie capacità di resistenza che hanno sorpreso anche i generali di Israele. Nè si potrà liquidare come un lamento la denuncia dell’orrore che il libanese Siniora, il primo ministro di un Paese finito senza reagire sotto il martello dei carri e degli F16, si riserva di fare, cifre alle mani e con la dose di rancore antisraelianio che gli suggerisce il dramma che il suo popolo sta vivendo dopo essersi scrollato dalle spalle parte dell’opzione di Damasco ed avere vissuto l’esaltante e breve stagione della resurrezione. Se lo spirito della conferenza è quello di perseguire obiettivi di stabilità a lungo termine, già fatti propri da Mosca, dalla Germania e naturalmente anche dall’Italia, tornata ad essere particolarmente attenta alle tematiche mediorientali nella loro globalità, risulterà fortemente ridimensionata la teoria della risoluzioni dei conflitti affidate alle armi e quindi alla determinazione dei più forti, siano o meno portatori di diritti e ragioni. I sorrisi che al suo arrivo a Roma ha dispensato Kofi Annan, ormai a fine mandato, indicano anche che le Nazioni Unite sono fortemente orientate a lasciare l’angolo in cui sono finite per colpe altrui e per intrinseca debolezza. Al momento il segretario generale, che già si è scontrato con Israele e Stati Uniti quando ha proposto di modificare il mandato delle truppe Onu già presenti ai confini del Libano, sembra avere adottato una strategia a geometria variabile in attesa che dalla conferenza di oggi gli vengano indicazioni. Ma già sa di poter contare sulla ritrovata vivacità di un’Europa che come ha ricordato Javier Solana, responsabile della politica estera dell’Ue, garantisce una presenza forte e compatta sotto l’egida dell’Onu che sia in grado di imporre il disarmo agli irriducibili di Hezbollah. Ma anche, per sua natura, di non garantire ad alcuno assoluzioni preventive. il mattino |
Post n°708 pubblicato il 23 Luglio 2006 da corsaramora
Le misure di liberalizzazione avviate dal governo in diversi settori, dai servizi professionali al commercio, alla produzione di pane, alla distribuzione dei farmaci, alle licenze dei tassisti, alle assicurazioni delle auto, ai conti correnti bancari, hanno suscitato proteste, agitazioni, scioperi delle categorie che si ritengono colpite nei loro piccoli o grandi interessi. In qualche caso (come per i tassisti) le agitazioni sono riuscite a ridimensionare la portata dei provvedimenti, in altri casi (gli avvocati e i farmacisti) le categorie scese in campo puntano allo stesso risultato se non a cancellare del tutto le nuove regole. In altri gruppi sociali i provvedimenti governativi hanno invece riscosso consensi perché ritenuti capaci di difendere gli utenti dalle pretese eccessive di alcune corporazioni presenti nei servizi alla popolazione. I consensi sono venuti finora soprattutto dalle associazioni dei consumatori nonché da molti economisti, i quali ritengono che solo liberalizzando i mercati si potrà dare una spinta non effimera alla ripresa economica. Poche sono state tuttavia finora le voci favorevoli alla liberalizzazione provenienti da un altro segmento sociale, quello dei giovani scolarizzati, diplomati e laureati, soprattutto meridionali. Eppure questa fascia della popolazione è vitalmente interessata a ridurre le barriere all’entrata nei servizi che impediscono l’accesso di molti giovani alle attività professionali. |
Post n°707 pubblicato il 20 Luglio 2006 da corsaramora
Per molti che avevano creduto alle promesse 'riformiste' di un atlantismo dal volto umano (il volto di Clinton, per esempio; e prima di Carter), le vicende dell'invasione dell'Iraq e dell'Afghanistan hanno rappresentato il ritorno alla dura realtà. Che ha anche portato con sé un ripensamento retrospettivo sugli Usa come patria della democrazia, legittimata anche a esportarla e a difenderla nelle varie parti del mondo contro le violazioni dei diritti umani. Insomma, era l'immagine degli Usa come la diffondono ancora i giornali e le televisioni 'indipendenti', e sulla quale si fondano per esempio le argomentazioni di chi ammonisce l'Italia a non abbandonare l'Afghanistan, magari anche l'Iraq, e le altre regioni in cui contingenti militari italiani sono ancora impegnati 'sotto l'egida' dell'Onu e 'nell'ambito' della Nato. |
Post n°706 pubblicato il 18 Luglio 2006 da corsaramora
Le elezioni legislative in Kuwait, il 30 giugno scorso, provano ancora una volta che la democrazia non è una tecnica ridotta all'esercizio del voto, bensì una cultura che ha bisogno di tempo e di pedagogia per affermarsi in un paese, ma soprattutto per impregnare le mentalità e penetrare nel costume di una società. Non è certo il caso di rimproverare i kuwaitiani per aver fatto un tentativo che ha l'odore della democrazia, mentre l'America di George Bush sta cercando di mettere in pratica nel mondo arabo la sua tesi sull''esportazione della democrazia'. Un'esportazione tentata in Iraq con l'invasione e l'occupazione militare, ma ben lontana dall'essere realizzata. La democrazia non si pratica sotto l'alta sorveglianza di un esercito straniero. Ma questo è un altro problema. Il Kuwait ha voluto smuovere qualcosa. Tanto meglio. Anche se il risultato è tutt'altro che soddisfacente.
L'ESPRESSO |
Post n°705 pubblicato il 18 Luglio 2006 da corsaramora
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Post n°704 pubblicato il 13 Luglio 2006 da corsaramora
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Post n°703 pubblicato il 30 Giugno 2006 da corsaramora
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