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Libere riflessioni di un “bettiniano” eretico
Post n°233 pubblicato il 20 Aprile 2009 da mik154
Lunedì 27, nel pomeriggio ci sarà un interessante incontro al tempo di Adriano, in piazza di Pietra, a cui parteciperanno Michele Meta, Goffredo Bettini, Paola Concia, Ignazio Marino, Enrico Gasbarra, Roberto Morassut. Purtroppo, o per fortuna a seconda dei punti di vista, a quell’ora sarò a Viareggio, a godermi qualche giorno di meritatissima (me lo dico da solo) vacanza.
Mi dispiace perché avrei avuto qualcosa da dire, anche dopo una lunga chiacchierata con Enzo Puro, la mia guida spirituale. E allora provo a farlo qui, non c’è Bettini, ma tanto i messaggi a lui arrivano sempre.
1) Non ero d’accordo con la sua candidatura alle Europee proprio per le ragioni che lui stesso ha scritto la settimana scorsa sul Messaggero. Una persona che in questi due anni si è spesa con tutte le sue energie per il rinnovamento della politica, per un partito che non fosse una somma di correnti, non poteva guidare una lista dove l’unico criterio è proprio quello della conta fra correnti. Se noi “bettiniani” non ci consideriamo una corrente, perché partecipare a questo rito? Ha senso contarsi su una persona, sia pur autorevole come Bettini? Oppure ha senso confrontarsi e contarsi su un progetto di partito e, ancora di più di società? 2) Io credo che, più che alle europee, dovremmo cominciare a porci il problema di quello che succederà dopo. Io sono uno di quelli che non crede, almeno dal 1989, che siano sufficienti gli aggettivi e le qualificazioni “geografiche” per creare una forza in grado di cambiare il futuro del nostro Paese. Non basta definirsi di sinistra, comunisti, socialisti, riformisti, per esserlo davvero. Bisogna praticare davvero l’innovazione per essere innovativi, cercare soluzioni nuove ai nuovi problemi che abbiamo di fronte se vogliamo uscire, una volta per tutte, dalle categorie del ‘900. 3) Se questo è quello che vogliamo provare a fare, a costruire, non serve una corrente che dispensi posti di lavoro e cariche e incarichi e poltrone e sgabelli. Serve un luogo, una rete di luoghi, dove avviare il confronto, dove riprendere un lavoro di formazione della classe dirigente. Il resto, la selezione, le nuove leve da mettere in campo e anche il consenso necessario a metterle in campo, verrà di conseguenza. E verrà naturale e spontaneo quando smetteremo di chiedere a ogni persona che incontriamo “con chi stai” e proveremo al contrario a domandargli “dove andiamo”. Il luogo, i luoghi, dove fare questo vanno creati. E devono essere luoghi e metodi che tengano conto della rete, dello scambio globale che questa permette, ma devono anche essere luoghi “fisici”. Io credo che guidare questo processo sia la funzione che può e deve svolgere Goffredo Bettini e provo a spiegare per quale motivo e con quale compito. 4) Bettini è stato, non da solo, il creatore del cosiddetto “modello Roma”. Per i detrattori è stato un mero sistema di gestione di potere. Gente che applica agli altri categorie che è solito usare. Sia chiaro il modello Roma è anche un sistema di gestione del potere, la politica senza potere diventa un esercizio di stile. Ma il modello Roma è stato innanzitutto uno schema di interpretazione per governare una città altrimenti difficilmente comprensibile. Attorno a questo nucleo forte di analisi e idee si sono costruiti gli strumenti per portarli avanti. Provo a ricordare: Roma città dell’integrazione e della solidarietà, Roma al centro di una sorta di nuovo patto sociale per lo sviluppo, Roma città della cultura e del turismo. Sono soltanto titoli. Ma è il metodo che mi interessa. Il metodo che ci ha permesso di costruire una città in cui fenomeni come la balie parigina in fiamme non erano nemmeno pensabili e che adesso invece si avvicinano pericolosamente. 5) Detto ciò, qualcosa non ha funzionato, è evidente a tutti. Confusione, indecisione di Veltroni, pratica correntizia esasperata ed esasperante, mancanza di coraggio nel rinnovamento, strenua opposizione del vecchio (e che vecchio!) che si è organizzato grazie a risorse finanziarie “insospettate” e, alla fine, ha preso per le gambe il nuovo e l’ha tirato giù. 6) Io credo che Bettini sia stato, nei mesi scorsi, la persona che con più lucidità abbia descritto questo fenomeno. E’ stato quello che per primo, ad alti livelli, ha dato voce a quanti, a dire il vero da tempo, avevano descritto, parzialmente e in maniera frammentaria, questa degenerazione profonda della politica e del nostro partito in particolare. Quanti speravano che il Pd fosse lo strumento per invertire questa tendenza hanno avuto una scioccante delusione. Ci siamo accorti che la degenerazione che tanti anni fa Berlinguer denunciava nei suoi scritti e nelle sue interviste sulla “questione morale” ormai dilagava in casa nostra. Molti hanno mollato e hanno ricominciato a occuparsi di altro. 7) Non sarà facile invertire una tendenza che attraversa l’intera società italiana. Io credo che il problema non sia semplicemente Berlusconi e neanche il berlusconismo, inteso come modello sociale. Il tema vero è questa cappa opprimente che avvolge il nostro Paese, fatta di mediocrità e conformismo, di stuoli di signorsì che avanzano e ci affossano con la loro incapacità di qualsiasi attività che abbia a che fare con il pensiero. 8) Questo avrei voluto dire, se ce ne fosse stata la possibilità, il 27 aprile. Da parte mia, sono disposto, come sempre a lottare, a mettere in campo le mie poche capacità: so mandare le mail, fare manifesti, andarli ad attaccare, aggiornare un sito internet. Poco altro. Ma quello che so fare lo metto a disposizione. Purché ci sia un’idea chiara. E possibilmente anche condivisa in maniera democratica. |
INTERVENTO ALL'ASSEMBLEA DEI CIRCOLI DEL PD
Tal figuro, ed esclusivamente lui, è responsabile politicamente e penalmente del contenuto dei suo scritti. Per prenderlo a testate, lo potete incontrare nei corridoio del consiglio regionale, oppure al circolo Pd di Capannelle
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