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Sulla formazione della classe dirigente

Post n°226 pubblicato il 02 Aprile 2009 da mik154
 

Alcune discussioni avute ieri mi stimolano, in una giornata tutto sommato tranquilla, a provare a fare un ragionamento su uno dei temi che ritengo essenziali per un partito politico, ovvero il metodo di selezione della propria classe dirigente. Anzi, più che essenziale, direi costitutivo, insieme alla forma e all’identità. E a queste intrinsecamente legato.

Perché il modo in cui un partito politico determina la selezione e la formazione dei suoi dirigenti è essenziale per capire la natura stessa del partito.

E’ un tema non di oggi, basta pensare che su questo Togliatti scrisse un corposo quanto – ma questo è ovvio – splendido saggio. Apro parentesi, il Togliatti teorico è stato dimenticato e ingiustamente sottovalutato, ci sono molti scritti che sarebbe bene rileggersi.

Nel Pdl la questione è risolta essenzialmente in modo lineare quanto banale: sceglie Berlusconi, non in base a un criterio di merito o competenza, ma in base alla fedeltà personale. Basta guardare alla composizione del suo governo, quello che porta di più la sua impronta, un esecutivo fatto essenzialmente di comparse e non certo di uomini e donne di primo piano.

In pratica sceglie personaggi noti al pubblico oppure giovani di bottega, ma tutti con la medesima caratteristica comune: non devono oscurare il capo supremo.

Nel Pd la questione è del tutto aperta. La questione non è tanto primarie, elezione diretta da parte degli iscritti delle cariche di vertice, elezioni di secondo livello, parità di genere. Questi sono strumenti che si possono o meno adottare, manca una indicazione di natura valoriale, sui criteri di scelta.

Ci sono al tempo stesso due tentazioni: la prima è quella di adottare anche qui un criterio di fedeltà, non tanto al leader assoluto (non ne abbiamo e neanche Veltroni era tale) quanto al riferimento locale. Si determina una sorta di catena: si parte dal circolo, che fa riferimento a un consigliere municipale, il quale a sua volta a un riferimento a livello romano e così via, fino ad arrivare a una cerchia ristretta di capi corrente, i quali in assoluta solitudine decidono quali siano le persone da promuovere e quelle da bocciare.

Si tratta di un meccanismo che tende naturalmente alla conservazione dell’esistente che tende a integrare le spinte che arrivano dal basso con un meccanismo di premialità tendenzialmente proporzionali alla fedeltà dimostrata. Ovvero sei stato un bravo esecutore, allora di candido, ti inserisco in un cda e via dicendo. E in questa maniera ti lego ancora di più alla logica di corrente. Ti rendo dipendente, sia economicamente che psicologicamente, dalla fazione alla quale appartieni.

Il concetto di fedeltà si lega al concetto dei portatori di voti. Questo è l’unico concetto meritocratico che viene applicato: quanti voti, anzi quante preferenze porti. E quindi quanto pesi.

Questo è, in sintesi, l’esistente. Inutile raccontarci baggianate, questo è il meccanismo dominante nel Pd, mutuato pari pari dai partiti “genitori”.

Questo sistema provoca però un progressivo impoverimento della classe dirigente, uno scollamento dalla realtà e un ricambio non tanto rallentato quanto del tutto paralizzato.

Le cause di questo sistema vanno ricercate nell’improvvisa scomparsa di una categoria importante nella vita interna dei partiti: quella della battaglia politica.

Non trattasi di violenti scontri, che nessuno si preoccupi. Si tratta di quella pratica per cui si affermavano in passato idee e persone.

Per essere breve, il ricambio non l’ha mai regalato nessuno: va conquistato. E’ anche vero che in passato, quei giovani che dimostravano indipendenza, capacità, analisi, veniva “coltivati” e non emarginati come succede oggi, ma questo è una conseguenza, non la causa, della generale mancanza di coraggio a cui assistiamo oggi. Nessuno si espone, nessuno, come si suol dire, ci mette la faccia, perché, essendo ormai entrato nel circuito di dipendenza “fisica” dalla politica, avrebbe troppo da perdere.

Quali sono gli antidoti e quali le strade diverse che si possono percorrere?

Arrivo a questa domanda stimolato dalla ventilata candidatura della Serracchiani alle elezioni europee. La prendo a esempio, ma è solo un esempio.

La rete, si è detto, è l’unico strumento per far emergere figure nuove non compromesse con il metodo descritto sopra. Meglio se a internet si uniscono le primarie.

Io credo che siano strumenti, lo ribadisco. Che in sé non hanno l’automatica soluzione del problema. Anche l’osannato Renzi, non è uno qualunque.

Il rischio è quello del partito ultraleggero, in cui non conta più il proprio vissuto, l’esperienza fatta nel e insieme al partito, ma semplicemente quanto si è telegenici. Quanto si sa approfittare del momento. Quanto si è bravi a usare un determinato strumento.

La soluzione non c’è, se non quella di rifare un partito vero, in cui gli strumenti non rappresentano il fine. Ma in cui, al contrario, si valutano le persone, si parla, ci si confronta e dal confronto nasce la classe dirigente. Bastano le primarie? Basta internet, io non credo. Bisogna ricominciare a fare politica, a creare i luoghi del confronto prima che del voto. Fare politica significa provare a convincersi, dialogare, non essere chiusi dentro il proprio fortino da proteggere dal nemico. Il nemico non può essere il tuo compagno di partito. Il nemico, anzi l’avversario sta fuori.

 

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Commenti al Post:
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diego landi il 02/04/09 alle 14:59 via WEB
Io penso che sarebbe tutto molto più semplice se per ogni e qualsiasi candidatura o proposta di nomina fossero indicati in maniera pubblica: 1-skills richiesti 2-criteri di selezione 3-curricula di candidati. A questo punto sarebbe possibile discutere nel merito e con cognizione di causa e votare (primarie o no, poco importa). Ancor meglio se tutto questo viene rilanciato in rete. Massima trasparenza è condizione di democrazia e per un prtito "democratico" il MINIMO che si possa pretendere.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Marina Scimone il 02/04/09 alle 17:25 via WEB
Sono perfettamente daccordo con l'analisi fatta da Michele Cardulli. Gli odierni politici, mancano di una qualità fondamentale, la passione, quella che ti fa scendere per strada e stare a parlare e ad ascoltare le persone ad una una, quella che ti fa fare carico dei problemi degli altri e farli diventare tuoi per poi andare a cercare una soluzione. Chi fa politica oggi, il politico odierno, anche del nostro PD, si preoccupa solo di fare cose politicamente corrette, cioè che non pestino i piedi al proprio "padrino" di riferimento che lì lo ha piazzato, non importa se questo significa andare contro la base, gli interessi della gente comune. La base.... ma qualcuno interessa qualcosa della base? A me risulta di no da come si comportano da quello che fanno e soprattutto da quello che omettono di fare! O si ha un colpo di coraggio vero e si cambia ed è difficile, perchè ci vorrà tempo per togliere tutta la rogna di mezzo o non si va da nessuna parte, anche perchè dall'altra parte sono abilissimi a vendere il vuoto come il bene più prezioso del mondo. Marina Scimone
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
cfrosa il 02/04/09 alle 17:27 via WEB
La fase due. Dobbiamo cominciare a chiederci se il partito sia ancora sentito come tale, oppure se sia più semplicemente un'azienda o meglio ancora la holding di una serie di aziende. Lo dico perchè oggi chi si affaccia alla politica spesso lo fa con secondi fini al solo scopo di promuovere se stesso. Poi ci sono anche quelli che con spirito di servizio cercano di "dare una mano". Il problema, secondo me, è che anche in questi compagni e amici pieni di buona volontà dilaga la visione "aziendalista". Mi spiego meglio. Come si fa a chiedere a uno che vuole fare politica il curriculum? che cosa di quel curriculum garantirà che quella persona sia adatta a fare, e sottolineo fare, politica? Un politico lo devi misurare sul campo...attraverso la capacità di gestire il dissenso e il conflitto, quando c'è da protestare, così come la capacipà di gestire il consenso evitando il clientelismo. Un politico si misura nella capacità di rappresentare il sentire profondo del gruppo sociale in cui vive, invece di identificare il senso comune, e nella capacità di saper parlare con autorevolezza a quel gruppo sociale. Un politico si misura dalla capacità di trovare soluzioni possibili alle realtà complesse che ha davanti e dalla capacità anche di indicare con realismo un futuro diverso e però possibile. Tutto questo come si fa a scriverlo su un curriculum? Tutto questo come può essere garantito dai sottopancia di questo o quel capobastone? Io sono d'accordo con ATTILIO quando dice che ci vuole coraggio. Intanto di dire la propria opinione e il coraggio di rifiutarsi di eseguire ordini che non si condividono. Senza un punto d'appoggio nessuna leva solleverà il mondo. Credo che il nostro sia voler avere coraggio.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Luca Iozzino il 02/04/09 alle 19:10 via WEB
Caro Michele condivido molte cose che dici, meno il tuo commento sulla Serracchiani. Premetto che io non sono ijnnamorato della serracchiani, ma anche dalla mail che avevi mandato che immagino abbia fatto da spunto alle tue riflessioni, trapela un fastidioso senso di invidia. Insomma Se è Brava o meno lo dimostrerà certamente molto meglio della Madia, però tu Descrivi la serracchiani molto riduttivamente lasci intendere che sia una "telegenica" , fortunata a sfruttare un'occasione capitata per caso. Non la conosco personalmente, ma dalla sua storia pubblica si evince tutt'altro, mi sembra una che il suo percorso lo ha fatto nel territorio nel partito, insomma non una paracaduta lì, è segretaroia provinciale di Udine insomma, sembrerebbe una con la stoffa. Poi è stata "brava" a sfruttare un'occasione che ha avuto, e probabilmente non l'ha avuta per casoma perchè rappresentava qualcosa, se poi ha avuto anche un po' di fortuna, beh tanto meglio, serve anche quella nella vita, se è pure telegenica ( ma io trovo molto svilente e sessista quest'affermazione, non sarebbe MAI stata usata per un uomo ) tanto meglio. Poi vedremo come se la cava in campagna elettorale, per le europee ci sono svariate decine di migliaia di preferenze da raccogliere, non è come le liste bloccate... Certo che se non la sosteniamo noi... Un abbraccio
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
monica il 06/04/09 alle 15:59 via WEB
non capisco come fai a dire "ti rendo dipendente economicamente"? guarda che mica tutti quelli che si iscrivono al pd, mangiano di Pd...è questo che vi frega!!!
 
 
mik154
mik154 il 07/04/09 alle 10:35 via WEB
Per Monica: basta leggere i nomi delle persone che fanno parte della segreteria romana per rendersi conto che è vero quello che scrivo.
 
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Tal figuro, ed esclusivamente lui, è responsabile politicamente e penalme
nte del contenuto dei suo scritti. Per prenderlo a testate, lo potete incontrare nei corridoio del consiglio regionale, oppure al circolo Pd di Capannelle


 

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