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Burattinaio o Marionetta?

Post n°24 pubblicato il 04 Maggio 2008 da Woodfruits
Foto di Woodfruits

Essere John Malkovich è un film difficile da etichettare è racchiudere
in un solo genere. La partenza, e alcune tra le scene principali del
film sono decisamente da commedia; gli sviluppi della storia però fanno
assumere talora connotati drammatici,
il dramma è quello di Craig e
Lotte coppia di coniugi confusi, che vedrà la loro storia sbriciolarsi
all'entrata in scena di Maxine, terzo incomodo comune.
Ed è
bravissimo John Cusack a impersonare il dramma di quest'uomo,
egoisticamente diviso dal dolore e lo sconforto per esser stato
rifiutato dalla donna che gli ha fatto perdere la testa; e lo scoprire
che se il suo matrimonio va in frantumi è perché sua moglie si è presa
una cotta e, in un certo senso, lo tradisce con quella stessa donna.
Nel finale del film però, ciò che torna a riaffermarsi quasi prepotentemente è l'identità di commedia.
Ma
la componente fondamentale del film è quella grottesca. L'usare la
commedia come mezzo di trasporto e l'assurdo, l'improbabile come
conducente, per veicolare le metafore che abbondano in questo film.
Ne ravviso almeno tre di significati metaforici nascosti tra le pieghe della trama.
Il
primo cui facevamo riferimento già prima è che è il più palese, il meno
nascosto, è una critica feroce e disillusa al tempo stesso sulla
precarietà e l'instabilità dei rapporti coniugali e della vita di
coppia, forse intrapresa con troppa facilità
e senza ponderare prima al meglio le proprie scelte, nel terzo millennio.
La
maggior parte dei matrimoni hanno un tempo di vita media bassissimo,
quando invece sulla carta dovrebbero essere per sempre; e basta un
nulla oggi giorno per far scoppiare la coppia.

Il secondo è una
feroce satira sul voyerismo che imperversa nella nostra società,
varcando spesso e ampiamente i limiti della moralità. Quel voyerismo
che ha portato al proliferare di un genere televisivo spesso indecente
come quello dei reality show; e che qui è rappresentato dal desiderio
morboso della
gente, disposta a pagare anche 200 dollari pur di
vedere il mondo con gli occhi di un'altra persona, di essere quella
persona anche solo per un quarto d'ora.
Ancor meglio se la persona in questione è un attore dalla fama, dal fascino e dal carisma di John Malkovich.
C'è una scena a tal riguardo memorabile nel film, sicuramente la più affascinante e suggestiva.
Quando
Malkovich scopre furibondo il business che sta proliferando alla
LesterCop e come il suo corpo e la sua persona stiano venendo
manipolati per assecondare gli intrecci sessuali-amorosi tra i tre
protagonisti; pretenderà egli stesso di entrare nella botola e fare un
viaggio dentro se stesso.
Il risultato sarà un delirante e straordinario viaggio nel proprio inconscio.
Seduto
al tavolo di un ristorante dove tutti al suo interno sono Malkovich: lo
è la sua commensale dal decoltè prorompente, lo è il cameriere che
viene a prendere le ordinazioni, lo sono i vicini di tavolo e lo è
finanche il cantante di piano bar. E tutti parlando pronunciano una
sola parola: Malkovich. Mangiano
Malkovich, bevono Malkovich,
ridono Malkovich e cantano Malkovich. John rimarrà ovviamente
terrorizzato e atterrito di trovarsi direttamente al cospetto del suo
inconscio e delle sue fantasie più deliranti.

La terza metafora è
sull'insana smania che ha la gente di manipolare gli altri,
condizionarne la vita e le decisioni. Quasi come se non ci fossero vie
di mezzo, e fossimo tutti soltanto o marionette o burattinai.

 
 
 
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