non mollare

E quindi, con la pretesa di farlo sorridere, gli ho chiesto Mario, com’è stato possibile ritrovarsi in questo ingorgo? ma te le ricordi tutte quelle sere d’estate quando ridevamo a crepapelle senza un vero motivo? Lui ha detto sì in un sorriso tirato, e poi è tornato serio. Se sua moglie non mi avesse avvisata preventivamente, avrei pensato che l’antica intesa tra me e Mario si fosse dissolta in via definitiva. In realtà il mio vecchio amico  con la passione per l’architettura e per Venezia è depresso da quasi due anni, e finora non ha fatto nulla per curarsi. Ma il dimagrimento eccessivo, il volto scavato e gli occhi privi di luce sono segnali che sua moglie non può più ignorare. Anche se, poverina, si è attivata quasi subito, ma un adulto non lo trascini da uno specialista contro la sua volontà, per cui la malattia continua a fare il suo corso indisturbata. E benché da più parti si accusi Mario di lassismo, in qualche caso a ragion veduta, lui non ha tutti i torti: dopo vent’anni di matrimonio la moglie si è trasferita per lavoro e ha portato con sé il figlio che nel frattempo ha trovato un’occupazione e di tornare nella città natale non ha alcuna intenzione. La casa di Mario, un tempo meta di amici e conoscenti perché bella e accogliente, ora è vuota. Anche lui si è trasferito. Dalla madre. Dice che non vuole lasciarla sola perché anziana e sofferente, ma è evidente che ad avere maggior bisogno di conforto è proprio lui. Che cosa resta di tante cene sul loro terrazzo panoramico?  Tralci di vite d’estate e arredi verde Tiffany d’inverno.

compass

Eh già, di tempo ne è passato e ora che curiosando ho ritrovato questo vecchio indirizzo, riapro una finestra e mi interrogo sulle persone in cui mi sono imbattuta: saranno ancora qui oppure hanno preferito l’altrove che è tale solo finché non lo abiti, e che a stretto giro diventa un déjà-vu? Vari sono i salotti in cui ho dimorato. Questo è il meno conosciuto. Il più rassicurante.

Amalia e Guido, un amore impossibile e malato

Mio buon Amico,

io vorrei ora sapere una cosa da Voi. Vorrei vedere me stessa chiaramente nel vostro intimo, conoscere con certezza quale immagine nuova s’è foggiato di me il vostro pensiero, sapere quello che io sono in questo momento per Voi.

Io temo di non apparirvi che come una creatura degna di pietà, di compassione, e non voglio, capite, non voglio il vostro compianto. Ditemi quanto più potete sinceramente ciò che pensate di me e di tutto quello che sapete di me. Io credo che vi stanca questo “avido cuore”, questo cuore che ha dato sempre tanto ed ha ricevuto sempre tanto poco…

A.

No, no, no. È meglio non vederci più. (…) Ci siamo salvati dalla sorte comune dei piccoli amanti e dobbiamo uscire da questa ribellione più sereni e più franchi. Io sono felice di non dovervi più rivedere. E non soffrirò. Voi soffrirete anche meno. Forse presto vi coglierà una passione forte per un uomo forte. Ve l’auguro – beato il cuore vostro che sa ammalarsi di questi mali! – io mi sento irrevocabilmente sano, fasciato di analisi e di malinconia. Addio, mia buona, buona e cara Amalia, io fuggo un’altra volta da Voi: e non so perché rido a questo pensiero.!

Guido

Amalia Guglielmetti – per D’annunzio “l’unica poetessa che abbia oggi l’Italia” -, aveva occhi magnetici e fascino incantatore, qualità che il bel mondo della Torino di inizio Novecento invidiava e ammirava. Femminista ante litteram, scelse fino alla fine di restare sola, ovvero di sottrarsi a ogni legame per tutelare il bisogno innato di indipendenza. Guido Gozzano, nevroticamente infermo oltre che malato di tisi, aveva in grande considerazione la produzione poetica di Amalia, molto meno il  côté femminile della stessa e non già per l’incapacità di scorgervi il confluire di tante qualità, ma per l’impossibilità genetica di amare. E infatti le scrisse:

“Perdonami. Ragiono perché non amo: questa è la grande verità. Io non t’ho amata mai. (…) Già altre volte t’ho confessata la mia grande miseria: nessuna donna mai mi fece soffrire; non ho amato mai”.

Sarebbe dunque un errore marchiano bollare Gozzano come un bastardo tra i tanti perché nel suo caso l’impossibilità di amare era conclamata e benché Amalia si ostinò, a livello epistolare, a cercare spiegazioni per dinamiche passionali arenatesi dopo un unico incontro, Gozzano restò fermo sulla decisione di allontanarsi. Ora, con buona pace del bisogno squisitamente umano di credere che non è così, vi sono ragioni ineffabili che decretano l’univocità dell’amore. Con qualche eccezione che tiene viva la speranza.