di stelle morte

L’occhio del signor Palomar, quello di calviniana memoria, seguiva la luna con studiato disincanto. Perché, a differenza di quanto accade a molti, non la vedeva come un approdo né aspirava a piegarne la distanza come fece Astolfo quando andò a riprendere il senno di Orlando. Ecco, rivedendo vecchie cose mi accorgo di non essere cambiata: somiglio ancora a Palomar per la propensione all’osservazione empirica della luna. Ma se guardo le stelle tutto cambia: consapevole che il loro brillio appartiene a corpi celesti ormai morti, le stesse si offrono da compendio per rotte risalenti ai cieli dell’infanzia. E dicono dello struggimento di un’assenza. Da troppo tempo, ormai.

sabbia bagnata

Immaginare la spiaggia con la sabbia inumidita dalla pioggia della notte sarà stato motivo di desistenza per molti, perché sono già le nove e siamo solo in cinque. Non so gli altri, ma per quanto mi riguarda meglio così, senza le greggi che s’affollano da giugno a settembre. Forse che deserto e beatitudine non sono sinonimi?