Milano

Mi hanno detto che Milano è una città fredda,una città grigia,una città bagnata.
Una città caotica, snob, con tante contraddizioni.
Una città che accoglie,una città che ti dice addio con un calcio nel culo.

Milano.
Un uomo avvolto nel suo cappotto,troppo leggero per il freddo che c’è intorno.
Un uomo che aspetta l’ autobus.
Il solito autobus che tutti i giorni lo porta a lavoro.
Come sempre intorno a se grigio.
Questo uomo ha un vestito fatto di malinconia,un abito che si è cucito in anni di ricordi.
Ha scarpe fatte di fragilità.
Occhiali di cinismo
e guanti di tenerezza.
Gli occhi sono nascosti dal cinismo,ma restano occhi da fanciullo.
Si toglie un guanto ,le sue mani sono le mani di un bambino che ancora ama costruire,inventare.
Afferra il cellulare.
Legge un sms:

“Qui a Roma c’è un cielo stupendo,celeste,senza nuvole,ti piacerebbe”

Un sorriso sulle labbra sottili.
Alza la testa,il solito grigio…
Un sospiro…
Osserva distrattamente la mano,che intanto diventa sempre più rossa.
Quelle mani da bambino,diventano mani da uomo nel momento in cui ricorda come toccava lei.
Lei…giusto,ma quale Lei,quante Lei…?
Tante.
Occhi di donne che si sovrappongono,seni,cosce,che non hanno più volti ma solo sensazioni….
E poi quella strana fitta al cuore, cuore di una donna.
La consapevolezza che forse non tutte,ma alcune si,quelle più attente,se ne siano accorte.
Accorte che il sesso spesso era solo una scusa,una scusa per poter dormire addosso a loro.
Per sentirsi meno solo.
Per sentirsi compreso
Capito.
Forse amato
Amato come si può amare una creatura splendida.
Basta rimettersi un paio di occhiali per nascondere quei pensieri.
Il bus sta arrivando.

Milano,mi dicono sia una città grigia,una città fredda,umida….
Milano è un uomo che sta aspettando un bus.

Mappe

Il bello della vita è la sua imprevedibilità.
Il bello della mia vita è che ho deciso di non avere limiti.
Mi lascio andare come un granello di sabbia nell’oceano ,non sapendo mai verso che riva sosterò.
Non è sempre stato così .
Se mi avessero detto solo qualche tempo fa cosa mi sarebbe accaduto non ci avrei creduto e forse avrei inventato qualche slogan al riguardo del tipo:” Col dito, col dito, orgasmo garantito”.
Non è che odiassi gli uomini solo non li reputavo essenziali, soprattutto nell’ ambito sessuale.
Spesso per queste mie idee mi sono sentita chiamare “lella” o “lesbicaccia nata nel periodo sbagliato”.
Mai stata lesbica, mai posta il problema.
Solo che pensavo che una donna dovesse affermarsi prima nella sfera sessuale e poi sociale etc.
L’idea che un uomo per avere piacere dovesse starmi sopra mi nauseava e la possibilità di invertire la posizione l’avevo sempre considerata un escamotage per l’uomo di avere  una massima resa con la minor spesa possibile.
No, il sesso non aveva proprio nulla di paritario fino a quel momento.
Fino a quando incontrai lui.
Un uomo che mi seppe incuriosire con il suo modo di usare le parole. Non saprei neanche dire se fosse bello o meno ma riusciva con i suoi discorsi a coinvolgermi facendomi porre delle domande.
E man mano che le cose andavano avanti quelli che reputavo punti fermi , iniziarono a diventare  macchie di colore sfuocate.
Ho impiegato tanto tempo prima di uscire da qualsiasi stereotipo e finalmente osare, senza perdere il rispetto per me stessa in quanto essere umano e non come genere .
Così, finalmente, ho potuto sentirmi un oggetto sessuale.
Fanculo le femministe frigide che storcono il naso.
Svegliatevi e capite che una donna può decidere anche questo.
Io ho deciso ,ho scelto di affidare a un uomo la mia sorte.
Restando all’oscuro di tutto ,ma con un unica certezza….che avrei goduto.
Non stiamo parlando di master-slave,padroni e succubi del cazzo.
Staccatevi dalle definizioni .
Si parla della libera scelta di dare il proprio corpo in mano a qualcun’altro.
Finalmente  smettere di pensare perché pensare è superfluo e ostacola il piacere.
In piedi senza poter vedere, senza potermi muovere davanti a lui, ma amplificando tutti gli altri sensi e facendo in modo che la pelle diventasse gli occhi ,il naso,le mani ,le orecchie,la bocca.
La mia pelle vedeva ,annusava, toccava, sentiva ,gustava.
Ero la mia pelle.
Ancora oggi, non so cosa mi abbia fatto quell’uomo ma la mia pelle si.
La osservo ora,lucida e bagnata nella vasca.
Vedo il percorso del piacere sulla mia epidermide.
Qui c’è stato un morso,il livido è evidente.
Qui ha succhiato fino a creare una piccola ferita.
Qui ha graffiato e riesco a intravedere distintamente i segni delle sue unghie.
La mia pelle è la mappa del piacere che quest’uomo ha deciso di farmi percorrere.
E’ grazie a questa mappa che ora so esattamente dove sono senza timore di perdermi.
Basta seguire le indicazioni ,i punti tracciati per avvicinarmi sempre di più a me stessa.

Sono la fottuta consapevolezza.
Sono le scelte fatte.
Sono la possibilità
Cogito,ergo sum?
-No

Godo,dunque sono

Il colore dell’anima

Aveva di nuovo sbagliato .
Quante volte ancora sarebbe dovuta morire e rinascere,crearsi una nuova se per trovarsi davvero.
Ancora con la cornetta del telefono tra le mani ascoltava il silenzio di una conversazione finita già da qualche minuto.
Monia aveva capito che una maschera non fa una persona ma solo un personaggio.
Continuava a dipingere sulla parete della sua anima miliardi di strati di vernice per coprire,per correggere e falsificare ciò che era davvero.
Già,ma chi era davvero?
Lo aveva scordato ,ricordava una fragilità un insicurezza che gli gelava il cuore.
Molto meglio il falso tepore di una donna con le palle.
Si le palle…le palle le erano cadute come le braccia e la cornetta che ormai erano a terra.
Il vuoto
la testa vuota
gli occhi erano aperti ma non guardavano.
Un rumore da fuori e Monia riprese a pensare.
Un uomo,quello che pochi istanti prima le parlava al telefono le aveva detto che la cosa non poteva funzionare,non vedeva accanto a se una donna con una personalità così forte,così restia alla dolcezza.
La dolcezza…cos’era poi questa dolcezza.
E quell’uomo dall’alto di quale piedistallo aveva sentenziato cos’era o meno la dolcezza.
Monia in cuor suo sapeva bene che la sua durezza andava calibrata,per questo ogni volta che lo guardava ,si ammettiamolo,lo guardava con amore.
E che cazzo e diciamolo era innamorata.
Si aveva le farfalle nello stomaco, era deficientemente felice e si, si trovava bella.
Ecco il dramma, il dramma è che Monia era innamorata ma l’armatura che si era costruita aveva mandato a puttane tutto.
Cosa fare ora?
Tutto era perso?
Fece l’unica cosa ragionevole,fece prendere la situazione in mano all’armatura,a quell’idiota dura che s’era fatta scaricare.
Andò in cucina riempì il bicchiere d’acqua ,e la sorseggiò lentamente .
L’acqua scivolava nell’esofago.
Si affacciò alla finestra del suo appartamento al quinto piano,respirò a lungo,e poi…poi si gettò.
Nessun colpo di scena,solo la banale morte.
Lì a testa in giù mentre cadeva, Monia non rivide i momenti più belli della sua vita,non pianse,non ebbe paura ma le sembrò di vedere una parete e di scorgere tra la vernice incrostata un angolino di tinta originaria…le parve che fosse gialla…

…Aveva di nuovo sbagliato .
Quante volte ancora sarebbe dovuta morire e rinascere,crearsi una nuova se per ritrovarsi davvero?
Nessun altra volta.