Quelle adorabili creature che i mortali chiamano gatti

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Acclarato che, a livello sentimentale, gatto e scrittore formano un binomio vincente, resta da chiedersi il perché e tuttavia, importa? Le parole di tanti romanzieri e poeti valgono più di mille tavole rotonde sull’argomento dal momento che in ballo c’è l’amore, quel tipo d’amore che lega due esseri sulla base di un sentimento che esula dall’assillo del viversi smaniosamente.

Ad  esempio, in quella che pare essere l’ultima lettera di Francesco Petrarca, il poeta scrive all’amico Giovanni Boccaccio sentendo prossima la fine; parla della morte, di Laura e della sua gatta “di tre colori diversi“.

Cito:

Ho riflettuto spesso tra me e me su cose su cui nessuno riflette molto e su cui pochi riflettono abbastanza: sui «novissimi» e sulla morte. Questa riflessione non è mai superflua e mai prematura poiché la morte è certa per tutti come incerto è solo il momento della morte. Il mio, di momento, non è più molto lontano. La mia vita volge al termine, sebbene il mio spirito sia ancora vivo e in pieno fermento”.

[…]

Laura, l’amore della mia vita, della cui bellezza non hai mai potuto godere, e che la peste mi ha portato via già da un’eternità ad Avignone, ancora adesso dopo molto tempo dalla sua morte è la regina incontrastata del mio cuore. Eppure un giorno, ormai quasi due estati fa, una gatta è entrata a far parte della mia vita insidiandone il primato. Da allora, questi due esseri si contendono lo scettro del mio cuore combattendo una lunga lotta travagliata, che ancora non ha un vincitore, sul campo di battaglia dei miei pensieri e sentimenti. La gatta ha macchie di tre colori diversi, come pochi in questa zona, zampe lunghe e un carattere dolce. Il suo mantello è morbido come la più raffinata delle sete, ma sono gli occhi quel che la rende speciale. E che la contraddistingue da tutte le altre creature della sua specie. Il suo occhio sinistro è verde brillante come un lago di montagna, l’altro è del misterioso colore dell’ambra luccicante. È entrata nella mia casa e nel mio cuore un bel giorno d’estate mentre stavo completando la mia raccolta di vite De viris illustribus”.

[…]

La gatta è spuntata d’un tratto davanti al mio scrittoio, non so come possa essere entrata in casa. I suoi occhi di colore diverso mi scrutavano e, quando ha capito che non ero un pericolo per lei, si è avvicinata, strusciandosi e annusando qua e là una gamba della sedia, una porta di armadio o una pila di libri tastando cautamente con la zampa,e dopo aver  perlustrato il mio scrittoio se ne è impadronita. Alla fine si è sdraiata in un punto illuminato dal sole, ha allungato le zampe e ha aperto le fauci per emettere un prolungato miagolio stridente che è terminato in un sospiro talmente soddisfatto che io, disarmato e vinto dai suoi modi educati, sono andato alla porta, ho chiamato il servitore con voce sommessa e gli ho ordinato di portarmi subito del latte e formaggio. La gatta ha mangiato tutto facendo intense fusa rumorose e, dopo che io le ho accarezzato un po’ il suo mantello di seta e le ho fatto dei grattini alla testa, è saltata su un cuscino e vi si è acciambellata. Da allora mi delizia della sua presenza, mi segue spesso durante le mie passeggiate in  giardino e, quando scrivo o detto, mi guarda ammirata con i suoi occhi impenetrabili, eppure comprensiva come un essere estraneo che attende paziente a un compito che gli appare senza senso.

Sembra che la gatta non sia nata per lavorare. Dopo essersi riposata e lavata, e dopo aver mangiato esce in giardino per godere della natura in mezzo al prato e tra i cespugli a caccia di raggi del sole, farfalle, topi. Ma quello che fa non diventa mai un lavoro. Fa quello che le piace fare e si muove con una grazia che non ha eguali in natura. Talvolta i suoi movimenti sono talmente lenti che cessano di essere movimenti”.

[…]

 “La gatta non sa cosa sia la diplomazia o la repressione, ma sa bene cosa sia la libertà che per lei sta sopra ogni cosa. La mia gatta a tre colori combatte ogni giorno con gli artigli e con i denti per la sua libertà, se gatti estranei si azzardano a entrare nel mio giardino o persino nella mia casa. Le mie proprietà sono ormai diventate il suo regno in cui nessun altro gatto è ammesso. Proprio come il nostro buon Dio geloso, all’infuori del quale non dobbiamo avere altro dio. Talvolta sono tentato di pensare che se Dio è potuto essere un uomo, avrebbe potuto essere benissimo anche un gatto, tanto perfetto è questo animale. Ma non oserei mai pronunciare questo pensiero e, Ti prego, serbalo anche Tu nel tuo cuore”.

[…]

La gatta tiene molto alla sua libertà personale, e ti adula solo se le va. Quando la chiamo viene solo se ne ha voglia. Non conosco altri animali tanto liberi e indipendenti. Ti ricordi? Sul colle Aventino c’è il tempio della Libertà che il console romano Tiberio Sempronio Gracco ha fatto erigere prima che nascessero i nostri signori. Al suo interno si può ammirare l’allegoria della libertà raffigurata come una donna con ai piedi un giogo e una catena rotta, e a fianco un gatto con la coda davanti alla zampa anteriore. Il gatto era simbolo di libertà già nella Roma pagana. Allora, quando vivevo a Roma non ci avevo mai fatto caso. Ma ora che questo ricordo mi è venuto di nuovo in mente mi ha profondamente illuminato.

Ma la qualità che più apprezzo della gatta è il modo in cui difende i miei libri e scritti contro gli attacchi insolenti dei roditori. Lei è l’efficace scudo protettivo della mia biblioteca“.

Potrei citare altri scrittori, ma credo che le parole di Petrarca siano esaustive. Aggiungo solo che chi non ha mai avuto un gatto per amico si è precluso la possibilità di sperimentare la carezza obliqua del mistero.

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Hernest Hemingway

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Don De Lillo

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Colette

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Jack Kerouac

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Jorge Luis Borges

Non sono più silenziosi gli specchi
né più furtiva l’alba avventuriera;
sei, sotto la luna, quella pantera
che a noi ci è dato percepire da lontano.
Per opera indecifrabile di un decreto
divino ti cerchiamo invano;
più remoto del Gange e del Ponente
tua è la solitudine, tuo il segreto.
La tua schiena accondiscende la carezza
lenta della mia mano. Hai accolto,
da quella eternità che è già oblio,
l’amore di una mano timorosa.
Sei in un altro tempo. Sei il padrone
di un abito chiuso come un sogno.

Jorge Luis Borges

(Con tutto l’amore che posso, mie adorabili creature. Che la vita fluiva senz’angoscia quando ero con voi).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quelle adorabili creature che i mortali chiamano gattiultima modifica: 2019-05-17T11:10:33+02:00da hyponoia

32 pensieri riguardo “Quelle adorabili creature che i mortali chiamano gatti”

    1. Bontà tua…io credo che sia “bello” perché non didascalico come gli altri e soprattutto perché c’è amore in questo post, a livello di parole e immagini.

      1. che strano l’effetto della musica sulle persone, a me ricorda giorni belli (One) e riuscivo persino a intonarla 🙂

    1. Il guaio di One è il testo…la musica poi è struggente…ma dipende dalla sensibilità dell’ascoltatore, la musica è la stessa, le vibrazioni cambiano 🙂

      1. tutto vero, e poi certi brani sono come vestiti, dipende dalla stagione in cui sono stati “indossati”, per questo le vibrazioni cambiano.

        1. A volte capita pure che brani che ci piacevano, qualche tempo dopo non suscitano più alcuna emozione…come le relazioni che durano lo spazio di una notte o poco più.

  1. Non si tratta di quello, a volte accade di provare un forte trasporto per qualcuno che poi si risolve nel giro di una notte…tutti santi in teoria, vero Nemo? 🙂

    1. in teoria sì, e tu che mi conosci (abbastanza) bene sai che sono il primo dei peccatori 🙂 ma d’altronde … chi è senza peccato scagli il primo commento 🙂
      Buongiorno, mon Amie!

    1. Io sono sempre per l’originale, anche se come da alcune chicche proposte da te, i remake sono migliori; ma si tratta appunto di eccezioni…

  2. “Acclarato che, a livello sentimentale, gatto e scrittore formano un binomio vincente, resta da chiedersi il perché e tuttavia, importa? Le parole di tanti romanzieri e poeti valgono più di mille tavole rotonde sull’argomento”

    Direi un po’ affrettata, visto che non avevo ancora espresso la mia autorevole opinione. Lo faccio adesso e, considerata la mia pigrizia, la delego ad un passo tratto da “Cat Sylvester”, dell’omonimo autore:

    … le piaceva pensare che quando stava al computer e le saltavo sulle ginocchia o, quando si distendeva sul divano con uno dei suoi libri ed io le saltavo sulla parte bassa del ventre, lo facevo perché volevo le sue coccole. Glielo lasciavo pensare. Alle volte era vero ma, tante altre volte, no. Il gatto, è sicuramente un essere libero ma, a differenza del cane, sa cercarsi da mangiare da solo e, questo, significa che i suoi sentimenti non sono mai un do ut des. Il suo sentimento è puro ed è dettato da una sensibilità tutta sua. Tante altre volte, in pomeriggi o sere umbratili, le saltavo sulle ginocchia o, quando si distendeva sul divano con uno dei suoi libri ed io le saltavo sulla parte bassa del ventre, lo facevo perché volevo farle io un po’ di coccole. Potrei perfino portare la contabilità di chi, tra lei e me, ne ha fatte di più ma, importa?…”

    Ecco, ora sì che l’argomento gatti può considerarsi esauriente.

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