Un cuore in inverno

Un cuore in inverno | Claude Sautet (1992) – LORENZO CIOFANI

Poteva essere un triangolo in piena regola e invece quello tra Stéphane, Camille e Maxime si risolve in un nulla di fatto. Perché Stéphane congela il sentimento che prova per Camille, preferendo all’azione l’ignavia, all’amore la solitudine predefinita. Un cuore in inverno è un film sospeso perché Stéphane è un uomo sospeso, ma fin troppo risoluto, al limite del patologico, quando si tratta di negarsi ai legami affettivi, perfino se di natura amicale. A dispetto di una trama scarna, la pellicola di Sautet offre uno spaccato di vita complesso: tutto sta a volerne decifrare le chiavi di lettura, insite nell’asciuttezza dei dialoghi, nei silenzi di Stéphane, nel fascino sottile di Camille. Ovvio che chiunque abbia, per dire, Quentin Tarantino come metro di paragone è meglio che lasci perdere. E tuttavia Un cuore in inverno e Django Unchained possono costituire un connubio stravagante ma riuscito. Perlomeno con me, che li ho visti entrambi nell’arco di quarantott’ore, ha funzionato; eppure sono passata dall’eloquio ironico e tagliente del dottor King Schultz a quello compassato di Stéphane. Senza traumi, e senza avvertire inconciliabili dissonanze. Al contrario, si è fatta ancora più strada la consapevolezza che quando dividiamo le cose del mondo per categorie non stiamo cercando una conciliazione con l’inconscio, ma solo con la parte di noi che ha bisogno d’essere rassicurata.

Un cuore in invernoultima modifica: 2023-09-04T10:38:19+02:00da hyponoia

8 pensieri riguardo “Un cuore in inverno”

  1. Meglio lasciar perdere allora, a meno che non mi dici che Camille, ormai stufa del negarsi di Stéphane, non prenda il più grosso dei suoi coltelli da cucina e, come nei migliori film di Quentin, lo ammazza facendo schizzare il sangue a fiotti. Quei fiotti che, come allegre fontane, Tarantino si diverte a mettere in primo piano trasformando l’horror in una specie di satira. In questo caso, l’esagerazione del sangue sarebbe la satira sull’esagerato negarsi di Stéphane.
    Credo che tu abbia ragione a definire quel negarsi “al limite del patologico”, ma voglio sperare che nel film il motivo del negarsi di Stéphane, patologico o meno, condivisibile o meno, venga condiviso con lo spettatore, altrimenti quel film non ha senso.

  2. Premettendo che il film è come una vagina che andrebbe lubrificata e che deve molto alla bravura di Auteil nell’interpretare Stéphane, io Stéphane lo capisco: non è così insolito rinunciare a qualcuno per paura o per non sconvolgere l’ordine preesistente, foss’anche un ordine privo di legami significativi. In pratica Stéphane viene preso a schiaffi dallo spettatore per il quale “ogni lasciata è persa”, e accarezzato da chi riesce a farsi una ragione per tutto.

    1. Glissando sulla succulenta premessa :), la paura potrebbe sicuramente essere una quasi patologia mentre l’evitare di sconvolgere un eventuale ordine preesistente potrebbe anche essere apprezzabile. Sulla bravura di Auteil, non per sminuirlo, direi che il suo ruolo è sicuramente il più facile.

    1. Premesso che avere paura rientra nella natura umana e non è una colpa, ritengo che il suo ruolo sia più facile perché anche la statistica afferma che ci sono più timorosi che coraggiosi, quindi è più facile trovare l’interprete che si cali perfettamente in quel ruolo.

  3. Non lo so, ci devo pensare…ma quando vorrai dedicarmi ancora un po’ del tuo tempo, vorrei sapere da te, che sei fan di Tarantino, cosa pensi di Django 🙂

  4. Django! Un film stupendo sotto tutti gli aspetti.
    Sull’anatomia del film inizierei dalla quantità di sangue che scorre a fiumi schizzando in ogni direzione e che nei budget dei film di Tarantino costa più di tutto il cast di attori messi assieme. Straordinari gli attori, nessuno escluso e, poiché quello era uno di quei film nei quali lo spettatore deve accettare che muoia qualcuno per il quale lui faceva il tifo, Quentin è stato grande a trovare la soluzione meno dispettosa e dolorosa perché, fra Django, la moglie e l’immenso dottor Schultz, ha sacrificato quest’ultimo. Colonna sonora, dialoghi, occhiali e taglio dei capelli di Django, perfettamente allineati ad un capolavoro. Quentin? Un genio come Sergio Leone.
    Il cuore in inverno non l’ho visto ma, considerato il tema, penso che già col titolo sia partito col piede sbagliato perché quel tipo di cuori, purtroppo per loro, non si sbrinano neanche con l’estate. 🙂

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