Inge Morath, Bond Street, London, 1953
La rassegna Magnum’s First. La prima mostra di Magnum al Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano, espone le foto della prima mostra dei fotografi dell’Agenzia Magnum – intitolata Gesicht der Zeit (Il volto del tempo) – tenuta in cinque città austriache tra il 1955 e il 1956. Incredibilmente tutti gli scatti furono abbandonati in una cantina di Innsbruck e ritrovati cinquant’anni dopo, nel 2006, ancora chiusi in una cassa.
Erich Lessing, Dans le jardin du Belvédère, Vienne
Come racconta la curatrice Andrea Holzherr: “Ciò che trovammo nelle casse era, a dir poco, sorprendente: una serie di vecchi pannelli di legno su cui erano montate delle fotografie molto sporche. Perciò, il mio primo contatto con la vecchia mostra somigliava più alla scoperta di una mummia che a quella di un tesoro. I materiali erano in pessime condizioni: le foto erano ricoperte di polvere, sporco e muffa, e avevano perfino un odore di stantio!”. “La mostra – prosegue Holzherr – è un rompicapo, un mistero, e rimane la prima mostra in assoluto di foto Magnum di cui si abbia notizia! La sua esistenza è la prova che, sin dall’inizio, la Magnum era diversa dalle altre agenzie fotografiche. Dagli esordi, con il programma di mostre ed eventi, la Magnum difendeva il valore della foto come documento”.
In scena: Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Ernst Haas, Werner Bischof, Inge Morath, Jean Marquis, Erich Lessing, Mark Riboud.
Henri Cartier-Bresson, Mahatma Gandhi
Robert Capa, Village Festival, near Biarritz, France, 1951
Che orrore quelle bestie morte sulla spalla! ma come si poteva pensare di ‘far moda’ mettendosi addosso dei cadaveri!?
La cosa che più mi faceva ribrezzo era la testa…che fortuna l’essersi evoluti, però se penso ai cani che vengono sacrificati per i colli di pelliccia, credo che l’evoluzione è ancora di là da venire.
J. chiese di scorrere qualche foto delle loro solo per capire cosa potesse esserci di bello in certe foto quando il contrasto forte e violento della fame, della diversità non esiste. F., aveva fatto scorrere solo una decina di foto quando J. gli disse:
“Grazie F., bastano”. Non aveva più bisogno di vedere le foto. Ci era arrivata un attimo dopo essersi chiesta “cosa potesse esserci di bello in certe foto quando il contrasto forte e violento della fame, della diversità non esiste”. C’è di bello proprio il fatto che certe diversità non esistono, si rispose.
Se solo agli umani fosse stato concesso di essere perfettibili, certe narrazioni si sarebbero estinte da tempo.