Questi sono i 50

Guia Soncini: "Amo D'Alema in maniera viscerale, è l'unico che se ne frega dello spirito del tempo" - HuffPost Italia

Una cosa che ti citano tutti, quando dici che vuoi scrivere di quel che hai imparato invecchiando, di quel che ti hanno regalato gli anni (oltre alla Grande Paralisi del Metabolismo, alla convinzione che ogni volta che dormi su un braccio e non lo senti più sia infarto, all’incapacità di ricordare perché ti sei alzata e sei venuta in questa stanza ricordando invece benissimo le canzonette che ascoltavi in seconda media), delle nuove consapevolezze e dei lussi intellettuali che un tempo non avresti potuto concederti, una cosa che ti citano tutti è La grande bellezza, un film che ha visto anche chi non l’ha visto.

Quella frase di Jep Gambardella l’ha sentita anche chi non l’ha sentita: «La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare». Ma sessantacinque anni, per me che ne ho cinquanta e che non facevo quel che non mi andava di fare neanche a venticinque, è un tempo inaccettabilmente lontano. Potrei sostituirlo col solito Guccini: «Come vedi tutto è usuale, solo che il tempo stringe la borsa, e c’è il sospetto che sia triviale l’affanno e l’ansimo dopo una corsa». Oppure arrendermi al fatto che ad assomigliarmi di più non è un libro, non è un film, non è una canzone. È una frase letta in un’intervista. La disse Valerio Mastandrea, la lessi il giorno del suo quarantacinquesimo compleanno, e ha l’efficacia del romanesco – una lingua imbattibile nella spiccezza al limite della maleducazione – nel dire la disposizione d’animo di alcuni di noi verso ciò che magari a trent’anni avremmo finto di gradire perché non sapevamo chi eravamo, o non sapevamo come dire di no, o non sapevamo che nessun rifiuto è grave e nessuna occasione è davvero perduta. Fa così: «A me me deve anna’, e non me va quasi mai».

Guia Soncini, Questi sono i 50

Questo è un libro delizioso, oserei dire da ombrellone se non temessi di essere fuorviante. È scritto da una donna acuta e divertente, ovvero da una donna intelligente. Piacerà a chi ha già archiviato alla voce “espace d’un matin” un cumulo spropositato di mesi e di stagioni, e con quelli il bisogno spasmodico di sentirsi giovane.