Il Cantico dei Cantici è uno dei libri della Bibbia ebraica; parla esclusivamente d’amore e ha due interlocutori principali: lo Sposo e la Sposa. Possibili chiavi di lettura: un inno all’Eros oppure, come scrive L‘Osservatore Romano:
“Il libro in cui Dio parla il linguaggio degli innamorati“
Io dormivo ma il cuore udiva
La voce del mio amico che bussava
– Aprimi sorella mia
Amica mia colomba mia perfetta mia
La rugiada ha coperto la mia testa
La notte ha inumidito i miei capelli –
Già mi sono svestita mi rivesto?
Mi sono lavati i piedi torno a sporcarli?
L’Amato mio toglieva
Dal buco la sua mano
E le mie cavità muggivano
Per lui
Per aprire al mio amico io mi alzavo
Al suo richiamo la mia anima usciva
E la mia mano mirra colava
Dalle mia dita la mirra fluiva
Sul chiavistello che impugnavo…
E ancora, secondo L’Osservatore Romano:
“Per comprendere il senso fondamentale di questo libro in cui Dio parla il linguaggio degli innamorati, è necessario usare la chiave delle sue parole poetiche, cioè di quello che un tempo si era soliti definire il senso letterale. Infatti l’opera raccoglie il gioioso dialogo di due persone che si amano, che si chiamano per 31 volte dodî, “amato mio”, un vezzeggiativo molto simile a quei nomignoli che gli innamorati si coniano segretamente per interpellarsi”.
Quando è lo Sposo a parlare l’erotismo è ancora più forte, affatto stemperato dal misticismo che dovrebbe connotare, come comunemente si crede, l’opera:
Favi colanti le tue labbra oh sposa
Miele e latte nella tua bocca
Come un Libano di aromi
Delle tue vesti l’odore
Tu sei l’Oasi sprangata
Sorella mia e sposa
La Sorgente Turata
La Fonte Sigillata
I tuoi scoli sono un Giardino
Paradisiaco di melograni
Di henné di nardo di frutti preziosi…
Oh fontana delle oasi oh pozzo di acque vive
Oh Libano di cascate…
Entri il mio Amato nel suo giardino
Per mangiare quel frutto prodigioso…
Nel mio giardino entravo
Sorella mia e sposa
E la mirra e ogni essenza ne rapivo
E tutto il favo del miele mangiavo
E il vino e il latte bevevo…
Ma come spiega il quotidiano cattolico:
“Questa perfetta intimità passa attraverso tre gradi. Conosce la bipolarità sessuale che è vista come “immagine” di Dio e realtà «molto buona/bella», secondo la Genesi (1, 27 e 31), cioè rappresentazione viva del Creatore attraverso la capacità generativa e di amore della coppia. Ma la sessualità da sola è meramente fisica. L’uomo può salire a un grado superiore intuendo nel sesso l’eros, cioè il fascino della bellezza, l’estetica del corpo, l’armonia della creatura, la tenerezza dei sentimenti. Con l’eros, però, i due esseri restano ancora un po’ “oggetto”, esterni l’uno all’altro.
È solo con la terza tappa, quella dell’amore, che scatta la comunione umana piena che illumina e trasfigura sessualità ed eros. E sono soltanto la donna e l’uomo fra tutti gli esseri viventi che possono percorrere tutte queste tappe giungendo alla perfezione dell’intimità, del dialogo, della donazione d’amore totale”.
Il Cantico dei Cantici è stato scritto tra il III e il II secolo prima di Cristo; indipendentemente da ogni tipo di interpretazione verso cui si voglia propendere, bisogna ammettere che chi lo scrisse ha dato voce, magistralmente, a ciò che dovrebbe essere l’amore tra un uomo e una donna.
I versi proposti sono stati tradotti da Guido Ceronetti