Il Vento e la Brezza

Hai concepito su un pavimento in parquet, appena deposta la valigia e senza spogliarti, senza una doccia. Hai visto la vita da te atomizzata in gocce rovesciarsi dalla vulva dilatata che colava di placenta, di sangue e amniotico.
Hai colto il senile esalare di due respiri in una settimana, forzando l’attenzione sulla comune fisiologia, raccapricciando e distogliendotene. Ostentavi, virile e coraggioso, ma temevi di morirne tu stesso.
Mentre quella vita nuova si auto sospingeva beffarda e fortificava a dispetto della gravità e dell’impossibilità.
Chi non l’ha vissuto non sa, si può descrivere la mela, non certo il suo sapore, né le sofferte motivazioni dei sonni perduti. Ma da quel momento sul parquet ti hanno sbattuto in una caligine, lì dove l’Aeropagita afferma essere la causa buona di tutte le cose. Ed è vero, prima vivevi di sguincio. Come fosse venuto il tuo turno, tardivo, dopo che si erano dimenticati di te.
Da allora un vento di follia, carnalità, malattia, menzogna, amore, furia, fatica, lotta, inganno, candore, ipocrisia, sopraffazione, santità, tradimento, odio, perdono, morte autoinflitta, tutto questo l’hai vissuto e visto. Tutto insieme e tutto in uno.
Questa è ormai l’età che esclude il trasalire indefinito, figuriamoci gli sbalordimenti. Eppure non è il deserto ma una pianura brulicante in uno Stupore nuovo e fermo. E’ la brezza che sommuove l’olmo alla finestra. E’ la brezza leggera di Elia.

2010


Sa già tutto. Eppure va. Sa come si partirà, in un saziarsi dei sensi, un divorare chilometri e preliminari. La messa in campo delle reciproche depravazioni. Sa cosa avverrà prima, un ristorantino, un gelato che lei gusterà in modo allusivo. Conosce il dopo, una stanza estranea ad entrambi, poi troppo familiare con le ore. I drappeggi pesanti, i sorrisi e le ironie, in un’intimità che è lieve disagio e lenzuola stazzonate. Polpastrelli che cercano ogni lembo di pelle, la curiosità, lo stupore e l’amore dei difetti. Le confidenze, l’estro dei neuroni in tempesta, cosa non esce in quei momenti, due poeti. Lo sa, sa già tutto. Sa che tutto è preordinato, per forza, tocca organizzarsi. Ma si invocheranno i destini e le trame del Caso. Sa che al crepuscolo ci si dovrà rivestire in fretta, lì il telefono non prende e c’è bisogno dell’inganno dei rumori esterni. La fame d’aria, la fame-fame, la voglia di fumare. Messaggini solenni, telefonate infinite. E le anime, le anime, la loro affinità. Sa pure che ci sarà un nodo iniziale su cui si dovrà discutere, più o meno vivacemente. Sbucherà inaspettato fra gli amplessi. Il compromesso sarà il suggello in ceralacca di un bacio: quanto si sono mancati in quei pochi momenti di incomprensione. Sa molto bene che quello stesso nodo rispunterà alla fine, estratto dalla saccoccia dal primo dei due che si stanca. Lo sa. Sa tutto. Eppure va.