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Storia di migranti. Il racconto di S.: “Il destino ha scelto di condurmi in Italia”.

Mi chiamo S. vi racconto la mia storia. Oggi sono in Italia per cambiare la mia vita. Dell’Italia io conoscevo il calcio e che era il Paese Cattolico più importante del mondo perché c’è il Papa. Inoltre io sapevo che in Italia ci sono molti campi agricoli ma in realtà, vivere in questo grande Paese non era nelle mie aspettative. Io sono in Italia perché così ha voluto il mio destino. Adesso vi racconto perché.

Quando vivevo in Africa, io aiutavo mio padre che era autista di pullman nella periferia di Conakry in Guinea. Intanto io studiavo alla Scuola Coranica chiamata “Sonfonia” dove imparavo gli insegnamenti del Corano. Quando ero bambino sognavo di diventare meccanico per aggiustare automobili ed avere una mia officina. Quando sono cresciuto, ho sentito che questa vita mi era stretta così ho parlato con mio Padre e gli ho detto che io volevo andare via. Lui mi ha detto che mi dava il permesso di partire solo quando avrei raggiunto i 24 anni.  Intanto i miei amici partivano tutti, chi per altri Paesi africani più ricchi, chi per l’Europa e in me cresceva la voglia di emularli. Un giorno, quando avevo 20 anni circa, io decido di partire e chiedo a un mio amico che si occupava di far passare i clandestini attraverso la frontiera con il Mali di aiutarmi. Io però non avevo soldi e lui mi ha aiutato lo stesso perché noi “siamo uguali” e capiamo le difficoltà e cerchiamo di aiutarci. In Mali ho lavorato per un’agenzia di trasloco per 8 mesi. Però questo lavoro non mi bastava così ho deciso di andare in Algeria. Ho viaggiato in pullman nel deserto per quattro giorni e ad ogni frontiera dovevamo pagare le guardie di confine. Una volta arrivato in Algeria ho lavorato a nero per un anno in un cantiere ad Algeri. Un giorno un controllo delle autorità algerine ha fatto una verifica nel cantiere e mi ha scoperto senza documenti, quindi sono stato mandato via dal lavoro e prelevato dalla polizia insieme ad altre cinquanta persone e portato nel deserto al confine con la Libia a Debdeb. Sono restato li per un mese poi  giorno è venuta una macchina a prendermi con la promessa di offrirmi una lavoro in Libia e così sono andato ma, una volta arrivato a destinazione mi sono accorto che si trattava di una specie di prigione. Quelle persone che mi hanno prelevato mi hanno imposto di chiamare i miei genitori per pagare un riscatto per non farmi restare in prigione. Ogni giorno questi uomini mi picchiavano per convincere i miei genitori a pagare ma loro non potevano pagare. Così, visto che questa gente non  poteva ottenere nulla da me e anche da altri, ci hanno spedito con un furgone verso la costa dalle parti di Sabrata e ci hanno costretto a salire su un barcone per l’Italia.
Il viaggio in gommone è stato difficile e pericoloso, avevo paura e non sapevo che cosa mi aspettava, eravamo in 140 persone e molti hanno vomitato tutta la notte durante il viaggio perché il mare era mosso. Quando ci ha intercettato una nave ci ha fatto salire a bordo e quando siamo saliti alcune persone hanno issato a bordo il motore del gommone e poi hanno squarciato il gommone lasciandolo affondare. La grande barca ci ha portato al porto di Salerno dove ci hanno fatto un controllo sulla nostra salute e dopo averci fatto mangiare e dormire ci hanno inviato i posti diversi. Io sono capitato a Benevento dove mi hanno portato in questura, mi hanno fatto le foto, le domande e poi mi hanno portato nel centro di accoglienza straordinaria nel quale attualmente sono residente.

Io adesso sono contento di stare in Italia, ogni giorno io scopro qualcosa di nuovo, sto imparando la lingua, frequento la scuola Media e spero di potermi integrare in questo bellissimo paese così che un giorno io posso trovare un lavoro (qualsiasi esso sia), ottenere i documenti e tornare in Africa a trovare la mia famiglia e la mia fidanzata che mi aspetta. Ho un futuro che attende di compiersi e sono fiducioso, il mio destino avrà in serbo per me molte cose.

S.

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La lingua Italiana, un mistero da svelare…

Abbiamo approfittato dell’ospitalità dell’Operatrice culturale Carmen che gestisce il Laboratorio di Lingua Italiana presso la Struttura C.A.S. “Damasco 3” di Dugenta (BN) per coinvolgere i ragazzi partecipanti al laboratorio di raccontarci qualcosa della loro esperienza nei confronti di questa nuova e affascinante lingua che si ritrovano a studiare e delle differenze circa il loro Paese ed il nostro.

Ecco che cosa ci hanno detto i nostri giovani ospiti:

  • Sekou (Guinea): “Mi piace la vostra lingua, io la sto imparando perchè così capisco tante cose che mi succedono intorno. Questo mi ha fatto capire che la gente italiana è molto tranquilla e ospitale. La più grande differenza tra il mio paese la Guinea e l’Italia è nella grandezza (la Guinea è un piccolo Stato) e nella temperatura…io non amo troppo il freddo!”;
  • Binguino (Costa d’Avorio): “Imparo l’Italiano perchè mi serve per l’integrazione. Ho intenzione di frequentare la Scuola per poi trovare un lavoro. Mi piacerebbe diventare avvocato per difendere le persone. Quello che mi piace dell’Italia è che è un Paese aperto, quello che non mi piace è che a volte le cose vanno molto a rilento e per avere documenti o visite ci vuole molto tempo.”;
  • Demco (Mali): “Voglio imparare l’italiano per lavorare e vivere meglio, mi piacerebbe fare la Scuola di Farmacia. Mi piace la musica italiana, in Libia mentre aspettavo di imbarcarmi ho ascoltato molto la radio e spesso trasmettevano canzoni italiane, in questo modo io ho imparato a conoscere Umberto Tozzi e adesso io sono un fan delle sue canzoni! Quello che non mi piace dell’Italia è che non tutti vogliono darmi ascolto o parlare con me, soprattutto al supermercato quando è il mio turno di pagare alla cassa, le cassiere mi ignorano completamente a differenza di come si comportano con gli altri clienti.”;
  • Zorome (Mali): “Mi piace la lingua e voglio studiare per cercare lavoro come meccanico. La cosa più bella dell’Italia è il mare e io ci vado appena posso!”
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Senegal. Il fascino misterioso dell’Isola di Gorèe

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Oggi ci siamo fatti raccontare da alcuni ospiti senegalesi del Centro “Damasco 13” sulla bellezza e sul fascino della loro terra di origine: il Senegal. Ci sono molti motivi per essere attratti e sognare di fare un viaggio verso quella lussureggiante terra, dalle spiagge incontaminate che si affacciano sull’Oceano Atlantico fino alla caotica e variopinta Capitale, la città di Dakar con la sua Piazza degli Obelischi, i grattacieli moderni e la musica di Mbalakh in tutti gli angoli delle strade. Ma, quello che più ha colpito la nostra fantasia è il racconto che il nostro amico Waguè ci ha fatto dell‘Isola di Gorèe.

North-Africa-map

Questa piccola isola al largo di Dakar, è famosa per la sua triste storia legata alla tratta degli schiavi che dall’Africa venivano deportati nelle nuove terre d’America. Sull’isola è ancora visibile la famigerata “Masion des Esclaves”, una sorta di Centro Smistamento da dove sono transitate milioni di persone costrette a lasciare la propria terra per vivere in schiavitù a migliaia di chilometri di distanza.
Oggi questa Isola è diventata Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco e ospita diversi musei che testimoniano le atroci sofferenze a cui erano soggette queste persone. Ancora oggi è viva la memoria di quegli eventi (durati fino al 1848) nella mente di tutti i Senegalesi e spesso le scuole organizzano visite guidate per mostrare alle nuove generazioni che cosa ha significato perdere il valore della libertà per i loro avi.

A questo proposito si racconta una leggenda tra le popolazioni locali: chi ha il cuore cattivo non può sbarcare e restare per troppo tempo sull’isola perchè, l’Isola stessa, ha la capacità di riconoscere il cuore degli uomini e scacciare le persone malvagie attraverso tutta una serie di disavventure per l’imprudente avventore.

Attenti quindi a venire in Senegal col cuore in pace!

Damasco 13

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