Con Atlante e Mastercard, la ricarica degli EV fa bene al clima

 

E se pagare non fosse solo intuitivo e rapido, ma facesse anche bene al clima? È la proposta alla base dell’ultima iniziativa di Atlante, società del Gruppo NHOA impegnata nella costruzione del più ampio network di ricarica rapida e ultra-rapida per veicoli elettrici del Sud Europa. Una rete che è alimentata al 100% da energia da fonti rinnovabili.

Dal 27 settembre, presso le colonnine dell’azienda situate all’aeroporto di Fiumicino e a Mantova, è possibile pagare con carta di credito, di debito o prepagata. Una sperimentazione che punta ad offrire ai clienti semplicità di utilizzo, trasparenza dei prezzi e flessibilità nel percorso verso un futuro caratterizzato da una scelta di metodi di pagamento sempre più ampia. E se la carta si appoggia al circuito Mastercard, per ogni sessione di ricarica Atlante pianterà due alberi.

L’iniziativa rientra nel programma Priceless Planet Coalition, con cui la seconda emittente globale di carte di credito unisce le forze con una rete di aziende partner per piantare 100 milioni di alberi entro il 2025 in collaborazione con il Conservation International e il World Resources Institute.

Sostenere la diffusione delle auto elettriche è vitale per centrare gli obiettivi di emissioni nette zero e rispettare il target più ambizioso dell’Accordo di Parigi, quello fissato a +1,5°C di riscaldamento globale rispetto all’epoca pre-industriale. Ed è anche uno dei pochissimi ambiti – insieme alla crescita del fotovoltaico – i cui trend attuali sono allineati con questi obiettivi, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia.

Unire auto elettriche e riduzione delle emissioni tramite riforestazione significa potenziare ancora di più i benefici che possono derivare dal passaggio graduale verso modelli di mobilità più sostenibili. In questo senso, la partnershiptra Atlante e Mastercard punta sia a semplificare la transizione verso l’e-mobility sia ad una vera e propria opera di riforestazione.

“Mastercard non solo è leader globale dei pagamenti elettronici ma anche un’azienda che con la propria spinta innovatrice da decenni ci ha accompagnati attraverso l’evoluzione tecnologica, entrando di diritto nelle nostre consuetudini quotidiane. Allo stesso modo io credo fortemente che Mastercard accompagnerà la rivoluzione della mobilità elettrica rendendo ancora più semplice e immediato l’accesso alle nostre infrastrutture di ricarica”, ha commentato Stefano Terranova, CEO di Atlante.

 

Link: https://www.rinnovabili.it/mobilita/veicoli-ecologici/auto-elettriche-atlante-mastercard-ricarica-assorbe-co2/

Adattare i moduli fotovoltaici all’installazione finale

Non solo estetica, potenza e dimensioni. In fase di progettazione di impianti fotovoltaici i parametri tecnici dei moduli devono sposarsi con le condizioni specifiche di una determinata installazione

 

Quando si progetta un impianto fotovoltaico sia che si tratti di una piccola installazione residenziale, che di un impianto su scala commerciale -industriale o di una grande centrale su scala utility, è importante che tutti i componenti lavori in perfetta sinergia. Come non sbagliare? Lo spiega Jerzy Rudnicki, Senior Product Manager di Risen Energy in un editoriale pubblicato su Rinnovabili.it. La prima questione da considerare, scrive Rudnicki, è cosa influisce sulla resa di un impianto fotovoltaico. Sia i fattori esterni, come le condizioni meteorologiche, il posizionamento e il collegamento dei pannelli, l’ombreggiamento, lo sporco, l’affidabilità dell’inverter ecc. che quelli relativi ai moduli stessi. In questo secondo caso è necessario fare attenzione a 4 criteri, i cui valori possono essere facilmente reperiti nelle schede di catalogo disponibili: l’efficienza del modulo, l’efficienza del retro (fattore bifacciale) nel caso di pannelli bifacciali, il coefficiente di temperatura e la perdita di efficienza. Ma non solo.

Perché non è consigliabile utilizzare moduli fotovoltaici ad alta potenza in installazioni residenziali?

Iniziamo con un’installazione su tetto residenziale. I moderni moduli per micro installazioni sono di dimensioni relativamente ridotte e relativamente leggeri. Ad esempio, il modulo Risen RSM40-8-410M (410 W) pesa 21 kg e, se posizionato verticalmente a terra, è alto al massimo quanto il suo installatore (175 cm). Tali parametri faciliteranno l’installazione su tetti dalle forme limitate e spesso complicate (si pensi alle pendenze e all’ombreggiatura). Un modulo grande non solo sarà più difficile da spostare fino al tetto, ma avrà anche opzioni di montaggio limitate (ad esempio, opzioni di montaggio orizzontali limitate).

Un altro problema è la compatibilità con l’inverter. I moduli di grandi dimensioni hanno spesso parametri di corrente aumentati, adattati agli inverter su scala utility. Il realtà tali pannelli possono essere collegati a un piccolo inverter domestico e funzionerà nella maggior parte dei casi. Sfortunatamente, l’efficienza di tale installazione, specialmente nelle giornate di sole, sarà limitata e senza alcun ritorno per gli utenti.

Perché non utilizzare moduli fotovoltaici a bassa potenza per installazioni commerciali e su larga scala?

A parte il fatto che spesso i moduli delle piccole installazioni sono monofacciali – quindi, in pratica perderemmo il potenziale vantaggio del retro dei bifacciali – il loro utilizzo in grandi progetti aumenterebbe inutilmente i costi indirettamente legati ad essi. Stiamo parlando di cavi, lavori di sterro o persino strutture di supporto.

Quali sono queste spese extra?

E’ necessario osservare la topologia di un tipico impianto fotovoltaico. I moduli fotovoltaici sono collegati in serie in stringhe e queste sono solitamente collegate direttamente all’inverter. Una struttura residenziale avrà una di queste stringhe, al massimo due. Una commerciale ne avrà molti. Per questo motivo, ottimizzandone i costi, si cercherà di progettare stringhe con il maggior numero possibile di moduli, in modo che, a parità di potenza totale dell’impianto, il numero delle prime sia il più basso possibile. Ogni stringa è collegata singolarmente all’inverter. Aumentando le sue dimensioni a scapito della sue quantità, otterrai un risparmio. La dimensione massima della stringa dipende dai parametri di tensione dei moduli stessi, dove il limite è la tensione massima consentita dell’inverter sul lato CC.

Facendo i calcoli, possiamo vedere che per realizzare un impianto ad esempio con una potenza di 4 MW, utilizzando i moduli delle piccole installazioni precedentemente menzionati, RSM40-8-410M con una potenza di 410 W, dovremmo costruire 295 stringhe con una dimensione massima (33 moduli per stringa). Utilizzando i moduli più diffusi con una potenza superiore di 550W e tecnologia delle celle M10 (182mm), ridurremo efficacemente il numero minimo di stringhe, raggiungendo anche i 4 MW di potenza installata.

Un’ulteriore analisi mostra allo stesso modo il vantaggio dei moduli con celle G12 grandi (210 mm) rispetto alle M10 più piccole. Ebbene, i moduli con tecnologia G12, aventi la stessa potenza, ma una corrente più alta e una tensione più bassa, ridurranno nuovamente il numero necessario di stringhe.

L’ultimo elemento è aggiungere al confronto un modulo di tipo N ad alta efficienza con tecnologia ad eterogiunzione (HJT), ad esempio il modello RSM110-8-575-BHDG, G12 con una potenza di 575W. Qui otteniamo un numero di stringhe simile a quello del caso precedente, ma poiché siamo di fronte ad una notevole differenza di efficienza a favore dell’HJT, a parità di potenza di progetto, nel caso di moduli HJT occuperemo circa il 4,35% di terreno in meno. E, grazie a questo, risparmieremo su cavi, lavori di sterro e costruzione.

Link: https://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/adattamento-moduli-fotovoltaici-tipo-installazione

RSM40-8- 410 m RSM144-9- 550-BMDG RSM110-8- 550-BMDG RSM110-8- 575-BHDG
Potenza modulo [W] 410 550 550 575
Tecnologie dei moduli fotovoltaici G12 –
PERC tri- cut
M O-PERC
half-cut
G12 – PERC
half-cut
G12-HJT half- cut
Superficie del modulo [m2 ] 192 258 261 261
Voltaggio V0c [V] 419 498 3.832 4.136
Corrente modulo Impp [A] 1.176 1.304 1.722 166
Efficienza del modulo (O/o) 21,30°/o 21,30°/o 21°/o 22°/o
Potenza fotovoltaica totale in moduli [MW] 4 MW
Numero massimo di moduli in una stringa
(Tm in = _ 5oc)
33 27 35 33
Potenza massima di una stringa di moduli [kW] 13530 14850 19250 18975
Numero minimo di stringhe 295 269 207 210
Numero totale di moduli 9735 7263 7245 6930
Riduzione della superficie edificata [0/o ] Riferimento -4,35°/o

Energia intelligente per la casa, ci pensa SolarEdge Home

SolarEdge Home è una soluzione innovativa per la gestione dell’energia domestica che permette ai proprietari di casa di ottimizzare la produzione, l’utilizzo e lo stoccaggio dell’energia solare

SolarEdge è leader globale nelle tecnologie solari intelligenti. La società è nata nel 2006 per portare sul mercato una soluzione di inverter avanzata che ha ridefinito il modo in cui l’energia veniva prodotta e gestita negli impianti fotovoltaici, aumentando la resa e riducendo i costi così come il tempo di ritorno dell’investimento. Da allora oggi l’innovazione ha continuato ad essere la cifra stilistica del Gruppo, in una visione ampia e integrata finalizzata ad anticipare le esigenze del mercato e degli utenti finali. Lo dimostra da ultimo SolarEge Home, innovativo ecosistema energetico domestico in grado di massimizzare l’autoconsumo fv adattandolo alle esigenze individuali.

Attivo 24 ore su 24, SolarEdge Home si compone in realtà di più soluzioni pensate per adattarsi alle singole famiglie in maniera “tailor made”. A partire dagli ottimizzatori di potenza di SolarEdge. La tecnologia permette di ottenere una maggiore resa dall’impianto fotovoltaico, massimizzando la produzione di ogni singola unità. Grazie al tracciamento costante e individuale del punto di massima potenza dei moduli, gli ottimizzatori riescono a ridurre le potenziali perdite dovute a sporcizia, ombreggiamento, invecchiamento o eventuali danni.

Il vero cervello tecnologico del sistema è l’inverter SolarEdge Home. Un prodotto pluripremiato e dall’elevata efficienza che permette di controllare centralmente l’intero sistema e ottimizzare l’autoconsumo. Gestendo quindi non solo l’energia fotovoltaica generata ma anche il funzionamento dell’impianto d’accumulo e dei dispositivi intelligenti eventualmente presenti nell’abitazione, dai wallbox per ricaricare le auto elettriche alle applicazioni di backup fino agli elettrodomestici “smart”. Un vero e proprio energy manager residenziale, progettato per adeguarsi alle esigenze in evoluzione della famiglie. Lo speciale design rende possibile, infatti, aggiungere ulteriori dispositivi e carichi senza bisogno di aggiornamenti elettrici.

Non solo. L’inverter SolarEdge permette un sovradimensionamento in corrente continua fino al 200%. In altre parole è possibile realizzare un impianto fv domestico con potenza dei pannelli di 2 volte maggiore di quella l’inverter, sfruttando al meglio la risorsa solare in ogni stagione e condizione climatica.

L’ecosistema intelligente offre anche una batteria residenziale da 400V ad alta efficienza che dialoga via wireless con l’inverter e un caricatore per veicoli elettrici, attraverso cui è possibile programmare in modo intelligente “il pieno” a seconda delle tariffe di rete e  della produzione fotovoltaica domestica.

Un ecosistema sofisticato, flessibile e multisfaccettato che può tuttavia essere gestito attraverso una “semplice” applicazione. L’azienda ha sviluppato MySolarEdge App per permettere agli utenti di avere sempre tutto sotto controllo. Attraverso l’applicazione le famiglie possono  tenere traccia della produzione di ogni singolo modulo in tempo reale, gestire da remoto i dispositivi intelligenti domestici e le batterie, visualizzare lo stato dell’inverter e conoscere meglio i propri consumi per aumentare il risparmio in bolletta.

SolarEdge si avvale di una rete qualificata di installatori in tutta Italia. Per saperne di più e richiedere un contatto o un preventivo clicca qui.

 

 

 

Link: https://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/solaredge-home-energia-intelligente-case/

 

 

 

 

 

 

Eni: la strategia di decarbonizzazione per il settore marittimo

Disegnata la rotta verso il “net zero” a partire dall’analisi dell’evoluzione tecnologica dei motori e dalla disponibilità di vettori energetici low carbon e delle relative infrastrutture

Per immaginare una strategia realistica, efficiente e sostenibile di decarbonizzazione del trasporto marittimo non basta fissare il punto d’arrivo. E’ necessario mettere a sistema le competenze di tutti gli stakeholder per disegnare il percorso tappa dopo tappa. E’ quello che ha fatto Eni lo scorso 11 luglio a Roma portando allo stesso tavolo armatori, aziende produttrici di motori navali, certificatori, rappresentanti della logistica energetica, associazioni di settore e Amministrazione Pubblica. L’appuntamento è stato l’occasione per presentare la roadmap per la decarbonizzazione del settore marino, frutto del lavoro multidisciplinare di oltre 40 esperti del comparto. Tre intensi mesi di lavoro che sono serviti a disegnare la rotta verso le zero emissioni, analizzando il contesto normativo, il mercato navale, l’evoluzione tecnologica dei motori e la disponibilità, anche in termini infrastrutturale, di vettori energetici a ridotta intensità carbonica.

Il risultato è un lavoro multidimensionale e multidisciplinare, necessario all’industria ma anche a chi nella pratica dovrà definire le norme e i regolamenti. Lo studio ha preso in considerazione la flotta navale attuale e futura, le tecnologie propulsive, i vettori energetici disponibili, il loro prezzo e le loro prestazioni, ma anche le relative esigenze infrastrutturali e il costo delle emissioni.

Sulla carta le opzioni sono molteplici. Come ricordato dagli autori dell’analisi, oggi esiste una lunga lista di prodotti con interessanti potenzialità ai fini della decarbonizzazione del settore marittimo. Dai biocarburanti come l’HVO e il FAME alle versioni bio del GPL e del GNL, dall’ammoniaca al metanolo, dai carburanti sintetici (e-fuel) all’idrogeno. Ma non tutti potranno giocare un ruolo rilevante da subito, sia per una questione prettamente di maturità tecnologica che per via del necessario sviluppo infrastrutturale e di filiera. La transizione energetica marittima per dimensioni e caratteristiche avrà bisogno di evolversi strada facendo per tenere assieme sostenibilità, competitività e sicurezza.

Nel breve termine (2030-2035) l’opzione più verde, accessibile, economica e flessibile è rappresentata dai biocarburanti liquidi e gassosi già presenti sul mercato, e in particolare l’HVO, acronimo di Hydrotreated Vegetable Oil. I suoi punti di forza? E’ ottenuto dalla lavorazione di lipidi di scarto rinnovabili, può essere utilizzato già oggi nei motori in miscela al 50% con carburanti tradizionali senza modifiche tecnologiche, ma si presta anche all’uso in purezza nei nuovi motori. Ma soprattutto permette di raggiungere riduzioni nelle emissioni di CO2eq tali da rispettare gli obblighi normativi immediati così come quelli a medio e lungo termine. A titolo di confronto il suo impiego permette di abbattere tra il 60 e il 90% delle emissioni di carbonio (in funzione della tipologia di carica biogenica) rispetto al carburante tradizionale sull’intero ciclo di vita. E a differenza di vettori energetici come l’ammoniaca o l’idrogeno, non richiede modifiche infrastrutturali o logistiche.

Discorso non troppo dissimile per il biocarburante FAME, prodotto attraverso la transesterificazione di oli vegetali. Quest’ultimo, tuttavia, a fronte di una decisa economicità offre però prestazioni più scadenti in quanto si tratta di un prodotto meno stabilizzato, che richiede particolari operazioni di movimentazione all’interno delle navi.

Sempre sul breve termine un ruolo potenziale lo ha anche il GNL. In questo caso le sfide si focalizzano più che altro sulla domanda, le infrastrutture e ovviamente le emissioni, sebbene più basse di quelle carburanti navali tradizionali. E in futuro sistemi di cattura della CO2 a bordo delle navi potrebbero dare un’ulteriore mano. Il bio GNL alleggerirebbe sicuramente l’impronta di carbonio ma andrebbe incrementata l’offerta e abbassati i costi.

Lo studio annovera tra le opzioni per il medio termine il metanolo – interessante soprattutto se prodotto da rifiuti – ma oggi ancora troppo costoso ed energeticamente impegnativo.

Sono considerate opzioni per il lungo periodo invece l’ammoniaca e l’idrogeno ma con tutte le sfide del caso: dall’abbattimento dei costi tecnologici a questioni prettamente ambientali e di sicurezza. Su tempi lunghi si muovono anche gli e-fuels, per i quali tuttavia si prevede invece uno sviluppo per lo più legato al trasporto terrestre, che lascerà ben poco spazio alle imbarcazioni.

Dall’analisi, dunque, l’HVO emerge come il vettore favorito. Un risultato che non sorprende dal momento che l’olio vegetale idrogenato rappresenta una soluzione già rodata e disponibile. Un prodotto in grado di accelerare la transizione energetica marittima senza dover aspettare nuovi motori o infrastrutture. In questo campo Eni ha da tempo costruito un solido know-how. La società produce già il biocombustibile nelle sue bioraffinerie di Venezia e Gela attraverso la tecnologia proprietaria Ecofining™ e ha da poco siglato un accordo con RINA per svilupparne assieme l’impegno nel trasporto navale. Un’intesa di ampio respiro che guarda all’immediato ma anche al futuro. L’accordo prevede infatti di sviluppare altri vettori energetici sostenibili, come ad esempio l’idrogeno e l’ammoniaca nella versione verde o blu. E la realizzazione di iniziative che coinvolgano la loro intera catena logistica così come l’adozione di metodologie certificate per il computo “tassonometrico” dei benefici emissivi lungo tutta la value chain.

 

Link: https://www.rinnovabili.it/mobilita/navigazione-sostenibile/decarbonizzare-il-trasporto-marittimo-strategia

 

 

 

 

 

 

Inverter raffreddati a liquido, l’avanguardia tecnologica firmata ABB

I liquid-cooled drives offrono vantaggi significativi in termini di compattezza, efficienza e modularità, rappresentando la soluzione perfetta per l’efficienza energetica in condizioni di funzionamento complicate

Durante il funzionamento tutti gli azionamenti tendono normalmente a scaldarsi e richiedono necessariamente un sistema di raffreddamento per funzionare in maniera ottimale. Ciò, tuttavia, pone una serie di vincoli sia a livello di progettazione che di logistica e manutenzione. Nella gran parte delle applicazioni, il raffreddamento avviene con l’aria e necessita di spazi idonei alla ventilazione, manutenzioni frequenti senza tuttavia poter garantire efficienze elevate. L’alternativa può essere quella di impiegare inverter con sistemi di rimozione del calore con fluidi liquidi al posto dell’aria. Sono i cosiddetti liquid-cooled drives e offrono vantaggi significativi in termini di compattezza, efficienza e modularità. ABB è in pole position da anni nello sviluppo di questa tecnologia, con decine di casi studio nel settore del trasporto marino e dell’industria, fino ad arrivare alle difficili applicazioni nel mining e nell’Oil&Gas. ABB offre un’ampia gamma di soluzioni come l’ACS880LC, una versione all’avanguardia di inverter che garantisce potenze di quasi il 50% maggiori con gli stessi consumi dei modelli precedenti.

Perché usare l’acqua? Semplice, si tratta di un fluido oltre 23 volte più efficiente nel trasferire calore rispetto all’aria (motivo per cui nei caloriferi di casa viene usata la prima e non la seconda). Nei liquid-cooled drives, il liquido estrae calore dagli inverter e lo dissipa tramite scambiatori con efficienze che possono superare il 98%. Gli azionamenti ABB raffreddati a liquido utilizzano una miscela a base d’acqua, con additivi per evitare corrosione e congelamento.

Non c’è rischio di cortocircuito? Come noto, acqua ed elettricità non vanno mai troppo d’accordo, ma il sistema refrigerante dei drives ACS880LS di ABB opera a flussi e pressioni particolarmente basse e ciò riduce al minimo la probabilità di perdite. Senza contare che il liquido additivato ha una conduttività elettrica molto inferiore a quella dell’acqua pura, minimizzando il rischio di corto o arco elettrico, nella remota ipotesi che qualche goccia di liquido venisse in contatto con i componenti delle linee.

Che differenza c’è tra un sistema raffreddato ad acqua e uno ad aria? Prendiamo un inverter da 6 MW di potenza: la macchina può arrivare a produrre 150 kW di calore di processo durante il suo funzionamento, calore che viene asportato dal fluido, sia esso aria o un liquido. Nel caso dell’aria, per aumentare lo scambio termico, il drive va installato in ambiente ventilato, che può essere predisposto all’umidità, a temperature troppo elevate o eccessivamente basse. Per non parlare della polvere o dei gas corrosivi, fattori da tenere in considerazione, perché spesso presenti nei siti industriali. Insomma, un tradizionale azionamento raffreddato tramite ventilazione potrebbe avere vite utili ridotte per tutte queste ragioni. Nel caso dell’acqua, invece, il calore di processo viene convogliato verso un circuito esterno tramite uno scambiatore e una pompa, per essere eventualmente “riciclato” in altre fasi della produzione. Un sistema raffreddato a liquido necessita anche di manutenzioni meno frequenti, non essendoci filtri e condotti dell’aria da pulire per garantire il flusso di raffreddamento adeguato. I drives della serie ACS880LC a raffreddamento liquido sono realizzati all’interno di una scocca sigillata ermeticamente, eliminando quindi la necessità di prevedere uno spazio extra attorno all’azionamento, condotti dell’aria adiacenti o chiller nello stesso ambiente. In questo modo viene ridotto a zero anche il rischio di esposizione a polveri o detriti, che potrebbero danneggiare il drive.

Link: https://www.rinnovabili.it/energia/efficienza-energetica/azionamenti-raffreddati-a-liquido-avanguardia-abb/

L’importanza della sostenibilità: il contributo di Plenitude alla transizione energetica

In 12 mesi, la società controllata da Eni nata dal rebranding di Eni gas e luce ha raddoppiato sia la capacità installata di rinnovabili in Italia e in Europa sia il numero di colonnine di ricarica

L’intreccio di crisi che stiamo vivendo – crisi dell’energia, crisi in Ucraina, crisi sanitaria, crisi climatica – fa capire che oggi non è più possibile fare impresa senza integrare in modo profondo gli obiettivi di sostenibilità con il modello di business. Una lezione che acquisisce particolare rilevanza per le imprese che sono protagoniste della transizione energetica. D’altronde, nonostante le oggettive difficoltà vissute negli ultimi anni, il contesto globale forse non è mai stato così propizio per accelerare la decarbonizzazione dell’economia e mettere le basi per adottare modelli di consumo più responsabili.

È proprio grazie a un modello di business, quello della Società Benefit, che integra nel proprio oggetto sociale, accanto all’obiettivo di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società, le comunità e le persone, nonché in particolare sull’ambiente, che Plenitude riesce a distinguersi come società in grado di bilanciare sempre meglio gli interessi dei propri azionisti, del pubblico e di tutti gli stakeholder.

Sul fronte delle rinnovabili, Plenitude nel 2022 ha raggiunto 2,2 GW di capacità installata. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è aumentata del 166% rispetto al 2021. A questi risultati si affiancano quelli ottenuti sul fronte della mobilità elettrica. In un anno, nel 2022, il numero delle colonnine di ricarica installate sul territorio italiano ed europeo è raddoppiato rispetto all’anno precedente, portando il totale, nel 2022, a 13.093.

Sono invece 57mila le tCO2eq evitate grazie agli interventi di riqualificazione energetica. Solo grazie a CappottoMio, che unisce efficientamento energetico e consolidamento antisismico per il segmento residenziale, gli interventi effettuati hanno risparmiato 35mila tCO2eq.

La scelta di integrare la sostenibilità nel modello di business, per Plenitude, passa anche dalla scelta di diventare una Società Benefit, cioè una società che persegue dichiaratamente non solo il profitto ma anche delle finalità di beneficio comune. Creare valore condiviso, dunque, è un qualcosa di cui devono beneficiare oltre gli stakeholder, anche la collettività, il tessuto sociale e gli ecosistemi.

Link: https://www.rinnovabili.it/energia/sostenibilita-contributo-plenitude-transizione-energetica/

Risen Energy, quando fotovoltaico fa rima con innovazione

I moduli fotovoltaici più grandi garantiscono una riduzione dei costi per investitori e sviluppatori ma sono altrettanto sicuri e affidabili? Una nuova ricerca condotta da Risen Energy dimostra di sì
L’industria fotovoltaica ha imboccato una strada precisa. Una strada fatta di componenti ad alta potenza e grandi dimensioni (ma spessori ridotti) assieme ad architetture cellulari in grado di ottenere il massimo dai semiconduttori impiegati. La tecnologia predominante è quella dei moduli di grandi dimensioni realizzati con celle solari da 210 e 182 mm, che da soli hanno ormai conquistato oltre l’80 per cento del mercato fotovoltaico. Quota che dovrebbe raggiungere il 93,2 per cento entro la fine di quest’anno (dati della China Photovoltaic Industry Association).
I formati più grandi garantiscono una riduzione dei costi per investitori e sviluppatori ma sono altrettanto sicuri e affidabili? Una nuova ricerca condotta da Risen Energy ha dimostrato di sì. La società, che oggi si occupa di ricerca e sviluppo ed è tra le più grandi aziende manifatturiere del comparto fotovoltaico, ha messo alla prova la resistenza ai carichi termomeccanici dei suoi moduli Titan da 2384×1303 mm composti da mezze celle da 210 mm (modulo 210-66 celle).
Per l’industria si tratta di un aspetto fondamentale: i pannelli, a seconda dell’orientamento, subiscono naturalmente diverse sollecitazioni durante la vita operativa. Elementi, ad esempio, come neve e vento rappresentano fattori di stress non indifferenti, che a lungo andare rischiano di danneggiare il telaio o provocare microfessure nelle celle in prodotti non accuratamente progettati.
Per smentire i timori legati ad una maggiore deformazione meccanica in corrispondenza di una maggior superficie, la Risen Energy ha confrontato le prestazioni dei moduli più grandi, basati su mezze celle da 210 mm (2384×1303 mm), con quelle dei moduli più piccoli composti da mezze celle da 182 mm (2278×1134 mm).
I test, condotti presso un laboratorio certificato China National Accreditation Service for Conformity Assessment, hanno mostrato risultati ben più che soddisfacenti. Non solo, infatti, non si è registrata alcuna differenza in termini di deformazione – nelle stesse condizioni di carico – tra i due prodotti quando dotati di un telaio in alluminio, ma addirittura quelli più ampi hanno mostrato una deformazione significativamente inferiore sostituendo l’alluminio con l’acciaio.
Queste ultime strutture di sostegno vantano eccellenti prestazioni anche sotto stress dinamico. I moduli con telaio in acciaio legato ad alta resistenza di Risen Energy sono in grado di resistere a condizioni meteo estreme. Testati nella galleria del vento dal Centro di certificazione CGC di Pechino, hanno sopportato raffiche di livello 18, pari ad una velocità di 61,7 m/s, senza perdere di affidabilità ed efficienza. Il risultato rappresenta un vantaggio concreto per l’adattabilità del fotovoltaico solare ai mutevoli modelli meteorologici di oggi. Ed è grado di far avanzare l’orizzonte tecnologico del solare garantendogli uno spazio in siti fino a ieri preclusi per condizioni ambientali più estreme. Non solo. L’adozione di telai in acciaio legato ad alta resistenza aiuta anche il settore a ridurre ulteriormente la propria impronta, dal momento che questa lega, a differenza dell’alluminio, è una risorsa abbondante e la sua lavorazione è meno energivora.

link:https://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/risen-energy-innovazione-tecnologica-energia-fotovoltaica/

Alla Design Week la piastrella fotovoltaica per terrazzi con 20 mq produce 3000 kwh per coprire il consumo medio annuo di una famiglia di 2 persone

Hyper Roomwww.hyper-room.com – in occasione del Fuorisalone 2023, unisce aziende                del settore Design che si distinguono per innovazione tecnologica e sostenibilità, per offrire soluzioni smart rivolte a privati e pubblica amministrazione, nella location in Corso Genova 20 angolo via Ariberto 1Da Lunedì 17 Aprile a Domenica 23 dalle ore 10.30 alle ore 19.30.

L’azienda che ha portato in Italia la mattonella fotovoltaica si chiama Ecoprohttps://www.eco-pro.it – azienda di progettazione orientata da 20 anni all’innovazione nell’ambito dell’energia e dell’ingegneria ambientale, per costruire un futuro sostenibile. Le piastrelle fotovoltaiche Platio, rappresentano un nuovo modo di creare energia pulita,       attraverso celle solari integrate in mattonelle.  La loro struttura, in materiale plastico riciclato e vetro temperato, resistente e antiscivolo,  consente di essere facilmente installata su strade, edifici e abitazioni. Nereto, in Abruzzo, è primo Comune con il marciapiede solare  calpestabile in Italia. Platio è quindi una scelta green, doppiamente sostenibile, grazie alla composizione di  materiali per il 90% riciclata.

Esclusiva grazie al brevetto DAPLICATOR® Lux Italia https://www.luxitalia.eu – il nuovo dispositivo per rendere semplice e veloce il relamping negli edifici senza l’intervento del sistemista. Brevettato da LuxItalia, DAPLICATOR® riduce i tempi e i costi per l’efficientamento energetico e sarà esposto e presentato per la prima volta in Hyper Room a Milano. Grazie alla sua tecnologia avanzata, la sostituzione dei corpi illuminanti compatibili con il protocollo DALI e DALI2 diventa semplice e veloce, senza la necessità dell’intervento del sistemista BMS per la configurazione del nuovo corpo illuminante.

Lux Italia presenterà anche pannelli di luce, impreziositi dall’artista Carla Daturi di Precious Walls -https:/www.preciouswalls.it – attraverso composizioni astratte, realizzate con minerali, pietre dure e cristalli; le dimensioni possono variare da pareti intere a punti luce, per creare un’atmosfera preziosa ed unica.

Bluehouse –  www.bluehouse.bio  –  presenta una nuova concezione di casa intelligente realizzata con il sistema costruttivo tecnologico X-LAM, pannelli di grandi dimensioni costituiti da 5 o più strati di tavole in legno massiccio incollate a strati incrociati. Le regole e le tecniche costruttive utilizzate rispettano l’ambiente: orientamento della casa in funzione dell’esposizione solare e dei venti dominanti per poter riscaldare e raffreddare passivamente l’edificio, uso di materiali lapidei e isolanti naturali per la regolazione naturale dell’umidità, tutti i materiali sono certificati provenienti da aziende leader del settore. Nasce così una nuova concezione di casa in cui la bellezza estetica, il vivere in armonia con l’ambiente migliorano l’esperienza dell’abitare.

In occasione di questo Fuorisalone 2023 Bluehouse, in collaborazione con la  maison di moda De Santis by Martin Alvarez https://www.desantisalvarez.compresenta il concept ” La casa che si indossa“, in cui , i materiali ecosostenibili utilizzati come isolanti naturali, teli traspiranti e carte da parati, si trasformano in esclusivi capi di alta moda, grazie alla creatività e all’attitudine alla sperimentazione materica, del designer Martin Alvarez.

Per la biancheria della casa, le preziose creazioni di Punti e Fantasia https://www.puntiefantasia.com – sono realizzate con tessuti ottenuti dalla fibra naturale del legno, biodegradabile, con un’eccezionale traspirabilità in grado di migliorare la circolazione e la salute del corpo. Tecnologia, sostenibilità e innovazione, sono le caratteristiche peculiari di questo tessuto in fibra di legno che assorbe l’umidità corporea fino al 30% risultando al tempo stesso morbido e setoso al tatto. La produzione del tessuto di fibra di legno consente un processo produttivo nel pieno rispetto dell‘ambiente.

La misurazione degli ambienti diventa Smart con The Meter di Officine IADR – https://www.oiadr.com – il primo dispositivo automatico per la misurazione degli ambienti interni ed esterni, che cancella l’errore umano esportando la planimetria digitale in soli 30 secondi. Officine IADR, la factory genovese di idee e progetti, focalizzata sull’innovazione tecnologica applicata al miglioramento dei servizi, è riuscita ad unire le tecnologie di un distanziometro laser, di uno scanner lidar e di un goniometro digitale in un unico prodotto, ottenendo un’importante riduzione di tempi e costi, con tecnologia IOT di ultima generazione, il tutto comandato semplicemente dall’App.

Miksy, atelier creativo che realizza esperienze originali di consumo, comunicazione e apprendimento attraverso la stimolazione olfattiva. https://www.miksy.itaccompagna piacevolmente il visitatore nell’esposizione attraverso un percorso personalizzato immersivo ed affascinante. A disposizione degli ospiti, che vorranno lasciarsi coinvolgere, elementi decorativi lavorati dall’artista Laura Pennesi ed essenze selezionate per comporre pezzi unici di arredamento olfattivo.

Laura Pennesi – https://www.laurapennesi.com artista contemporanea, presenta alcune delle sue più significanti opere scultoree realizzate con materiali di recupero, apparentemente improbabili ma che prendono forma per plasmare figure di donna che sembrano gridare sussurri, carichi di fantasia, forza e libertà.

Evento di inaugurazione: Lunedì 17 Aprile, alle ore 12 e alle 18, Showcooking con lo chef Luigi Cassago di Ecooking, in collaborazione con Jova Cocktail e degustazione di vini.

Scame Parre presenta BE-D, il wall box DC per la ricarica delle auto elettriche

Il wall box BE-D garantisce il recupero dell’autonomia del veicolo in un tempo di sosta relativamente breve ottimizzando la potenza disponibile

Compatto, pratico, intelligente e in grado di assicurare una veloce ricarica delle auto elettriche. È BE-D, il nuovo wall box con potenza nominale di 25kW in corrente continua DC, realizzato da Scame Parre. Perché in corrente continua e non alternata? Perché a parità di potenza erogabile una stazione di ricarica DC garantisce il recupero dell’autonomia del veicolo in un tempo di sosta relativamente breve (circa 120 -150 km in un’ora) ottimizzando la potenza disponibile. Non solo. Quasi tutte le auto elettriche attualmente in commercio hanno la possibilità di potersi caricare ad una potenza di 25kW in corrente continua, mentre solo il 6% di queste è in grado di caricarsi fino a 22 kW in corrente alternata.
Le stazioni BE-D sono realizzate in materiale termoplastico esente da alogeni e impreziosite da una cornice metallica in alluminio verniciato a polvere, si caratterizzano per le linee pulite ed essenziali firmate Trussardi+Belloni Design, vero e proprio elemento distintivo delle stazioni di ricarica Scame che oltre a consentirne un’immediata riconoscibilità le rende la scelta ideale in qualsiasi contesto installativo.
Design peraltro ripreso anche dallo specifico supporto scatolato in acciaio verniciato a polvere che ne permette l’installazione a terra qualora non fosse possibile quella a parete, nonché dai supporti a parete (holder) in dotazione alla stazione in base al numero e tipo di connettori in dotazione.
Inoltre, pur nel rispetto dell’estetica del prodotto, le stazioni di ricarica della Serie BE-D possono essere personalizzate graficamente tramite la stampa del proprio logo aziendale su una porzione del pannello frontale, aggiungendo così un tratto unico e identitario del cliente.
Dal punto di vista tecnico le stazioni Serie BE-D possono essere equipaggiate con un cavo munito di connettore CCS2 o CHAdeMO, oppure con due cavi muniti rispettivamente di connettore CCS2 e CHAdeMO, consentendo comunque la ricarica di una vettura alla volta sempre gestibile grazie all’interfaccia utente tramite display touch screen.
Come il resto dell’offerta e-mobility Scame, anche i wall box BE-D prevedono diverse modalità di accesso alla ricarica.
In modalità libera, senza alcuna necessità di identificazione dell’utente per avviare o interrompere le sessioni di ricarica, sono la scelta ideale per l’installazione in ambienti che non richiedono un accesso controllato in quanto l’utilizzo è normalmente limitato a poche persone, solitamente i proprietari del veicolo, o dove l’accesso è già regolato da altri sistemi.
All’opposto i wall box BE-D in modalità di accesso previa autenticazione sono la scelta definitiva in tutti quei casi in cui l’impianto debba essere monitorato e gestito da remoto. L’autenticazione può essere gestite con due modalità alternative: in locale tramite user card RFID o remota attraverso una stazione centrale con protocollo OCPP 1.6, situazione quest’ultima in cui sono supportati tutti i casi d’uso tipici delle piattaforme di ricarica, come la fatturazione, le prenotazioni dei caricatori e l’identificazione remota tramite un’app mobile.
Le stazioni di ricarica BE-D, dotate di connettività Ethernet-WiFi-2/3/4G, possono essere gestite tramite il Management System di Scame, un software proprietario integrato che fornisce il pieno controllo e consente una serie completa di azioni e informazioni sul sistema come lo stato dei punti di ricarica, i dati della sessione di ricarica in tempo reale, la gestione dell’elenco degli utenti autorizzati, il monitoraggio del consumo dei dati, l’aggiornamento firmware e molto altro. Inoltre possono essere anche collegate ad un E-Mobility Service Provider (EMSP) esterno tramite il protocollo di comunicazione standard OCPP 1.6 JSON. In questo caso le stazioni saranno gestite dall’EMSP esterno e potranno consentire ulteriori servizi come le operazioni di fatturazione e prenotazione delle stazioni. Scame garantisce la compatibilità tra le sue stazioni di ricarica e gli E-Mobility Service Provider esterni che sono stati sottoposti ad un test di compatibilità OCPP 1.6 JSON.
Già punto di riferimento per i sistemi di ricarica in corrente alternata AC, dove vanta una lunghissima e consolidata esperienza alla base di una nutrita gamma di wall box e colonnine, con la nuova Serie BE-D Scame Parre fa il suo ingresso nel mondo della ricarica in corrente continua DC e lo fa come sempre con un prodotto dal carattere deciso e destinato a lasciare il segno.

Link: https://www.rinnovabili.it/mobilita/veicoli-ecologici/be-d-wall-box-ricarica-in-corrente-continua/

SACE e UniCredit per l’idroponica indoor: 17,5 mln euro a Planet Farms

Grazie alla Garanzia SACE Green, Planet Farms ha ottenuto un finanziamento da 17,5 mln di euro da UniCredit per sviluppare il suo business nell’idroponica indoor

Agricoltura urbana ad alta tecnologia, e con un impatto ecologico molto ridotto. È il mix di innovazione e rispetto per l’ambiente e le sue risorse che ha permesso a Planet Farms di aggiudicarsi un finanziamento da 17,5 milioni di euro di UniCredit coperto dalla Garanzia Green di SACE, un supporto concreto per allargare il business dell’idroponica indoor con un nuovo stabilimento a Cirimido (CO).
L’azienda lombarda fondata nel 2018 da un’idea di Luca Travaglini e Daniele Benatoff offre ai consumatori prodotti a chilometro zero e a inquinamento zero puntando sulla verticalità: è la mission con cui è nata la prima fattoria verticale di Planet Farms a Cavenago, e con essa lo slogan ‘Go Vertical’. Un edificio appositamente progettato che si estende per 9mila metri quadrati disposti su sei piani: l’equivalente di 45 campi da tennis messi uno sull’altro. La fattoria verticale più grande d’Europa.
Il nuovo impianto consentirà una riduzione del consumo idrico del 95% e l’azzeramento di pesticidi e altri fitofarmaci. La fattoria verticale permette anche di portare l’orto in città, riducendo la lunghezza della filiera, e contiene il consumo di suolo. In più, Planet Farms utilizza edifici energeticamente autosufficienti ideati per ospitare la coltivazione di specie vegetali a scopo alimentare.
Requisiti che hanno permesso all’azienda di accedere alla Garanzia SACE Green, pensata per agevolare progetti domestici in grado di accelerare la transizione verso un’economia a minor impatto ambientale, integrare i cicli produttivi con tecnologie a basse emissioni e promuovere iniziative volte a sviluppare una nuova mobilità a minori emissioni inquinanti.
La garanzia favorisce gli obiettivi del Green New Deal italiano e viene emessa per un massimo dell’80% dell’importo finanziato. A condizione che il progetto apporti benefici significativi ad almeno uno di questi sei obiettivi fissati dall’UE, senza danneggiarne altri: mitigazione dei cambiamenti climatici, adattamento ai cambiamenti climatici, uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine, transizione verso una economia circolare, prevenzione e riduzione dell’inquinamento, protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Obiettivi che coincidono con gli aspetti qualificanti dell’idea di fattoria verticale di Planet Farms. “Questa operazione – ha sottolineato Enrica Delgrosso Responsabile Mid Corporate Nord-Ovest di SACE – rafforza il nostro sostegno ai piani di crescita di Planet Farms, una realtà in cui tecnologia, innovazione, sostenibilità e visione si combinano al saper fare italiano. Questo intervento conferma l’impegno di SACE a supporto del settore agroalimentare e della propria filiera promuovendo tecnologie rivolte alla transizione ecologica, in linea con gli obiettivi del nostro nuovo piano industriale Insieme2025”.
“UniCredit ha assunto un concreto impegno nella transizione verso un’economia green e sostenibile. – afferma Marco Bortoletti, Regional Manager Lombardia di UniCredit. Con questa nuova operazione, siamo lieti di continuare a supportare l’ambizioso piano di sviluppo aziendale e la relativa espansione della capacità produttiva di Planet Farms”.

LINK: https://www.rinnovabili.it/green-economy/green-market/fattoria-verticale-unicredit-sace-idroponica-indoor/