“Se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere”. E.H
Figurine che saremo di Solitudine cristallizzata, condivisa, (un po’) allegra, serenità. L’uomo nel suo intimo solo meno solo con la stessa solitudine.
Riflettendo ancora … la visione dell’uomo in canotta con il quadro della sua signora che guarda il mare può considerarsi certamente opera e lui un artista!
L’uomo di Gaeta è un artista e insieme un allestimento d’arte .
La sua performance di profonda e intima solitudine, in rapporto con la pittura contemporanea mi richiama l’arte di Edward Hopper e la domanda sollevata all’artista americano in un’ intervista La Solitudine di Hopper – l’uomo deve fuggire con terrore la solitudine o inseguirla con sollievo? O rimpiangerla (se perduta…)
La posa dell’uomo di Gaeta, concentrata con lo sguardo sul mare che assapora sole e solitudine in compagnia di una cornice è la doppia posa di un soggetto narrante, che osserva muto la vita, immerso nelle sue considerazioni, e si lascia osservare dallo spettatore che trae le sue riflessioni.
La visione più nota del vecchio seduto alla panchina che guarda il limitare della vita è un’analoga curiosità se ci è concessa formale estraneità all’uomo osservato. Come in Sea Watchers di Hopper L’uomo di Gaeta non è solo (con le sue interrogazioni solitarie), è Opera, anzi una performance in diretta e ci coinvolge oltre la misura dello scatto fotografico o del dipinto.
E’ opera per la presenza della cornice e il mistero che avvolge il soggetto del quadro. E’ allestimento col suo corpo e la cornice stessa.
Dovrebbe essere molto più comune ed accettato socialmente esprimere e trattenere il rapporto con le persone perdute; ci insegnano a moderare il dolore e a non manifestare il desiderio della presenza dei morti, ad accettare la perdita inevitabile della vita.
“Uno degli aspetti principali della solitudine nell’arte di Hopper è il senso di separazione – di essere murati dentro o fuori – e si combina con un senso di esposizione quasi intollerabile. I quadri di Hopper sono generalmente popolati da persone sole, raffigurate al massimo in gruppi di due o tre individui che emanano disagio e incomunicabilità, imbrigliati in pose sofferenti, spesso alla finestra, alla porta, o nei pressi, come chiave di lettura di più visione”. E cosa è la cornice dell’uomo di Gaeta se non la sua finestra?
L’Uomo di Gaeta è quasi intollerabile la sue esposizione, la sua separazione: si mostra di spalle, frapponendo allo sguardo il mare, come l’incertezza di essere visto– forse di richiamare lo sguardo, ma anche di allontanarlo, ovvero di essere ignorato, inosservato, trascurato, tralasciato, rifiutato. O di opporre al mondo la propria solitudine, ciò che riesce a vedere attraverso la sua cornice finestra e in questo esigere il rispetto del silenzio della solitudine. (Come Hopper). Di proteggere il soggetto del quadro, che a tratti abbraccia, come presenza fisica. La proprietà inalienabile del suo legame d’amore. Coppia come i Two Comedians by Edward Hopper, sul palco.
Quello che non capisco, e probabilmente non sappiamo se qualcuno, con tutto il rispetto per il signore in compagnia della sua signora, si sia avvicinato informandosi della sua salute e della signora, (oltre a rendere virale lo scatto) a chiedere con un semplice come va, se avesse bisogno di qualcosa – un bicchiere di acqua, due parole, che tempo che fa – rammentando che l’opera è pur vivente e sotto il sole si colora, s’abbrucia e s’asciuga, e forse soffre troppo.
Così ho pensato di rappresentare la sua solitudine come quella presumibile e possibile di tanti, con una estensione dell’opera de L’uomo di Gaeta. Fornendo all’uomo in canotta con il quadro della sua signora a guardare il mare compagnia.
Figurine che saremo di Solitudine cristallizzata, condivisa, (un po’) allegra, serenità. L’uomo nel suo intimo solo meno solo con la stessa solitudine.
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