Luglio 2017: The Waterboys – FISHERMAN’S BLUES (1988)

Fisherman's blues

 

Data di pubblicazione: 17 ottobre 1988
Registrato a: Windmill Lane Studio, Spiddal House (Dublino)
Produttore: Mike Scott & Bob Johnston
Formazione: Mike Scott (voce, chitarra, piano, organo Hammond, batteria, bouzouki), Anthony Thistlethwaite (sassofono, mandolino, armonica, organo Hammond), Steve Wickham (violino), Trevor Hutchinson (basso, doppio basso), Roddy Lorimer (tromba), Kevin Wikinson (batteria), Peter McKinney (batteria), Dave Ruffy (batteria), Colin Blakey (piano, flauto), Fran Breen (batteria), Vinnie Kilduff (chitarra), Noel Bridgeman (cembali, congas), Jay Dee Daugherty (batteria), Mairtin O’Connor (organo), Alec Finn (bouzouki), Tomas Mac Eoin (cori), Paraig Stevens (campane), Jenne Haan, Ruth Nolan, Rachel Nolan (cori), The Abergavanny Male Voice Choir (cori)

 

Lato A
                        Fisherman’s blues
                        We will not be lovers
                        Strange boat
                        World party
                        Sweet thing
                        Jimmy Hickey’s waltz
Lato B
                        And a bang on the ear
                        Has anybody here seen Hank?
                        When will we be married?
                        When ye go away
                        Dunford’s fancy
                        The stolen child
                        This land is your land

Una metafora per vedere la firma di Dio nel mondo
(Mike Scott)

È decisamente incredibile come un gruppo per avvicinarsi alla propria spiritualità, scelga di dirigersi verso un luogo non solo fisico, ma in un certo senso ideale: l’Irlanda. La “terra verde” come espressione della presenza di Dio nel mondo, con i suoi paesaggi, le sue tradizioni, la sua anima popolare, e soprattutto la sua musica…
È proprio lì che sentono di dover approdare gli scozzesi Waterboys verso la fine degli anni ’80, rivitalizzando la propria proposta folk-rock di inizio carriera. Il gruppo si forma ad inizio decennio, prendendo spunto da un verso di The kids di Lou Reed, ed inizia un percorso intenso di formazione fatto di viaggi, letture, ascolti. I primi due album, l’omonimo esordio e A pagan place, pubblicati rispettivamente nel 1983 e nel 1984, riflettono la scuola folk-rock scozzese, aggiornata alle istanze post punk che fremono in giro. Ma l’esperienza accumulata come spalla per alcuni concerti dei Pretenders e degli U2, e soprattutto l’incontro a Londra di Mike Scott col violinista Steve Wickham (che stava registrando un demo per Sinead O’Connor, e nel frattempo si era distinto per le sue parti di violino su Sunday bloody sunday degli U2), apriranno le porte ad un’ispirazione decisamente di più ampio respiro, che porterà i Waterboys a realizzare This is the sea, da molti considerato come il loro album migliore.
In questa sede comunque convince la maggiore varietà, e l’animo decisamente più irish del successore Fisherman’s blues. Per poterlo realizzare Mike Scott e la band si trasferiscono a Dublino, e si riuniscono nei mitici Windmill Lane Studios, chiamando alla bisogna il leggendario produttore Bob Johnston (quello che ha prodotto Highway 61 revisited di Bob Dylan, per intenderci). Qui si approfondisce la musica popolare irlandese, abbeverandosi alla fonte della musica folk e celtica, e della poesia di Yeats, senza disdegnare uno sguardo oltre oceano, verso l’America dei padri Woody Guthrie e Hank Williams.
Il disco si apre con la meravigliosa ballata folk della title-track, trascinata dal violino di Wickham e dal canto appassionato di Scott. Segue la lunga cavalcata folk di We will not be lovers, storia di un amore mai nato. Strange boat dal canto suo presenta dei ritmi decisamente più pacati, riflettendo un animo country, mentre la variopinta World party lega i Waterboys al loro primo periodo. La passione mai sopita di Mike Scott per Astral weeks lo porta a reinterpretare Sweet thing di Van Morrison in un arrangiamento decisamente traditional. Il primo lato si chiude con l’intermezzo strumentale, sospeso tra folk irlandese e country statunitense, di Jimmy Hickey’s waltz.
Il secondo lato si apre con il suggestivo folk popolare di And a bang on the ear, echeggiando i Chieftains, privilegiando una struttura decisamente acustica. Strutture country e suggestivi violini per Has anybody here seen Hawk? dove lo spettro di Hank Williams e del primo Bob Dylan aleggiano indisturbati. E si torna a brindare a suon di pinte col traditional irish di When will we be married, dolente e festaiola nello stesso tempo, col violino di Wickham ancora una volta a dominare la scena. When you go away invece si presenta come una ballata solare dal vago sapore californiano, echeggiando un tantino i Byrds psichedelici o i Grateful Dead di Workingman’s dead, al termine del quale segue un piccolo intermezzo di Wickham dedicato a Steven Dunford, intitolato appunto Dunford’s fancy. The stolen child è un adattamento sonoro della celebre poesia di William Butler Yeats, espressa nelle atmosfere sospese celtiche e con suggestivi ricami di flauto e violino. Si chiude con la scheggia del celebre brano di Woody Guthrie, This land is your land, quasi a voler sostenere che questa terra, l’Irlanda, e la sua musica, sono lo spazio sonoro e fisico di una salvezza dell’anima attesa da tanto tempo, e di cui chiunque può giovarne.
Il percorso dei Waterboys proseguirà esclusivamente sui guizzi o i capricci di Mike Scott, che confezionerà album via via sempre meno interessanti, sciogliendo il gruppo dopo il confuso (e comunque fortunato dal punto di vista commerciale) Dream harder, per poi riesumarlo nel 1998. Di recente hanno pubblicato un convincente Modern blues, anche se a prevalere sono sempre i ricordi…

 

Luglio 2017: The Waterboys – FISHERMAN’S BLUES (1988)ultima modifica: 2017-07-29T09:57:32+02:00da pierrovox

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